King Arthur – Il Potere della Spada Recensione

Tiziano Sbrozzi
Di Tiziano Sbrozzi - Senior Editor Recensioni Lettura da 9 minuti

Prendere in considerazione di fare un film con il nome di King Arthur è stata certamente una scelta molto coraggiosa da parte di Warner Bros., e sicuramente una grande sfida per il regista Guy Ritchie. Davanti alla telecamera, sfilano alcuni dei più promettenti attori della scena americana che, guarda caso, provengono per lo più dalla “strada”, ovvero dalle Serie TV, storicamente considerate meno importanti del grande schermo ma che stanno tuttavia dando spazio a grandi talenti e performance di alto livello. Con queste premesse si aprono le porte di Camelot!

Una storia diversa da raccontare

Re Uther di Camelot difende il suo regno contro l’attacco di Mordred, il primo mago ad essersi rivolto contro il dominio degli uomini. Quest’ultimo controlla con il suo potere un esercito composto da uomini e bestie: immensi elefanti alti più di trenta metri stanno assediando Camelot, quando il Re decide di affrontare faccia a faccia questo nemico e, grazie al potere della spada Excalibur, lo sconfigge. Geloso della forza e del rispetto che Re Uther emana, suo fratello Vortigern lo tradisce e mediante un patto di sangue ottiene un potere oscuro, forte a sufficienza per sconfiggere il potere del Re. Grazie alla provvidenza, il piccolo Artù viene messo in salvo su una barca che raggiunge le rive di Londinium, dove viene cresciuto in un bordello; non proprio il luogo adatto ad un principe. La storia cavalleresca del mondo di Camelot è stata scritta e riscritta moltissime volte: la scelta della produzione è stata quella di non avvicinarsi ad alcun contesto storico, eccezion fatta per la città di Londinium, nome storico della città che oggi conosciamo come Londra. La scelta di carattere temporale è azzeccatissima in quanto permette alla regia ed agli sceneggiatori di dipingere un mondo nuovo, fresco e ben strutturato, con un commercio tutto suo e mostri, miti e leggende peculiari. La storia che ruota attorno ai protagonisti, è una storia di crescita, di redenzione e di affermazione personale.

Crescere e maturare

La vita di Artù è molto diversa da quella che ci si aspetta o che si conosce nei romanzi cavallereschi. In questo mondo il nostro futuro Re è un poco di buono: ruba, chiede il pizzo, gestisce un bordello e paga il silenzio delle guardie. Per contro, anche il grande antagonista Vortigern non è certo convenzionale: arrogante, desideroso di sembrare trionfante e dominato da una sete di potere incolmabile, potrei dire che è schiavo di sé stesso e preda della paura. Vortigern vive temendo la profezia che recita “il legittimo Re tornerà ed estrarrà la spada dalla roccia”; ed egli teme quelle parole al punto che, di sua spontanea iniziativa, costringe uomini adulti alla prova di estrazione di Excalibur, addirittura pagando il disturbo a questi uomini una volta dimostrato di non essere il prescelto. Ovviamente per una serie di eventi, Artù estrae la spada, ma nonostante il potere che il ragazzo si trova a gestire, fino alla fine lui non vuole saperne di queste responsabilità: il futuro Re quasi maledice il suo fato e pare voler fuggire ad ogni occasione da questa storia fatta di maghi, creature mistiche e atti di eroismo.

Un grande assente nella storia è Merlino, citato molto spesso dai personaggi della trama, il grande mago ha mandato in soccorso del futuro Re di Camelot una ragazza che risponde al nome di Maga: non è chiaro il perché non sia presente fisicamente, ma l’assenza di una figura così dominante nell’universo di Artù l’ho trovata davvero azzeccata. In un certo senso, l’assenza di Merlino parla con voce ancora più forte allo spettatore, mettendolo di forte ad una crescita morale e fisica di Artù che deve cavarsela quasi esclusivamente con le proprie forze, senza una vera guida. Non avere al proprio fianco Merlino, non conoscerlo nemmeno, costringerà Artù a trovare la forza dentro se stesso, consapevole però che la spada Excalibur fu donata dal sapiente mago al mondo degli uomini e per tanto il giovane Re non può ignorare tale atto, quasi a tacito monito, per ricordare a se stesso che il potere gli è stato donato da qualcuno di più alte vedute. Nella pellicola compaiono altri personaggi che ben conosciamo: il prode Tristano e il fedele Parsifal fanno parte della cerchia di amici che Artù porta con sé da anni ad esempio, gli altri ve li lascio scoprire con la visione del film.

Il progetto e l’ambizione di un regista

L’idea dietro King Arthur – il Potere della Spada, non è quella di un semplice film stand alone ma anzi è ben più ambiziosa: basandosi sulla raccolta dei romanzi cavallereschi del 1485 di Thomas Malory, intitolata “La Morte di Artù”, il regista Guy Ritchie e gli sceneggiatori puntano a realizzare una serie di ben sei film, dato che l’opera originale comprende otto libri. Non a caso compaiono nel film personaggi come Tristano o Parsifal e sono assenti sia Merlino che Lancillotto, personaggi che sicuramente incontreremo in futuro. La scelta di creare un mondo in cui esistesse Camelot, animali enormi e strane creature del classico bestiario fantasy come Driadi e Sirene, ha permesso alla troupe di esplorare un nuovo modo di raccontare una storia, che si conosce ma che viene dipinta in modo così diverso. Un mondo forte e coerente, tanto da sembrare un prodotto del tutto nuovo, vivo e pronto a soddisfare la sete di conoscenza dello spettatore. Le scene d’azione, sapientemente girate, non sono un semplice modo di accontentare lo spettatore medio ma anzi, sono un motivo di crescita, di speranza e di redenzione di tutti i componenti dello scontro. Il film è racchiuso in una fotografia ed in una scelta di sequenze davvero uniche: impossibile non cogliere l’occhio di Guy Ritchie che anche questa volta, ci sorprende con scene velocizzate ma ben delineate, dialoghi ben scritti e una colonna sonora che rende il tutto un prodotto giovane, vibrante ma al contempo rispettoso del suo illustre passato. L’ambizione di Warner non è quella di confezionare un prodotto medio per vendere i biglietti, quanto piuttosto emozionarci, farci vivere una storia conosciuta con altri occhi, rispettando le tradizioni ma andando a costruire una sua strada per quelli che diventano i suoi personaggi.

Commento finale

King Arthur – il potere della spada non è un film da prendere alla leggera: la storia si insinuerà in voi piano piano, andando a germogliare dapprima come una piantina per rivelarsi poi come una solida base per la quercia che in realtà è. Il film non sarà un esperienza fine a se stessa, così come non lo è stato per Artù. Le persone non cambiano, si rivelano ed è per questo che, anche se hai perso amici, soldi, amori e passioni, anche se vieni dal niente, se sei destinato a grandi cose, non puoi sottrarti ad esse ma solo rivelarti per ciò che sei. Artù e Vortigern sono i due lati della stessa medaglia, sono l’est e l’ovest, anche se sta volta è stato il male a generare il bene che lo ha sconfitto.

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Senior Editor
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.