Dragon Quest I & II HD-2D Remake Recensione, un ritorno che onora la storia dei JRPG

Square Enix chiude la trilogia di Loto con due remake che preservano la storia con amore, restituendo ai giocatori la nascita del genere JRPG. Ecco la recensione di Dragon Quest I & II HD-2D Remake.

Simone Lelli
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Simone Lelli
Editor in Chief
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri...
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8.5 Ottimo
Dragon Quest I & II HD-2D Remake

In un periodo in cui remake e remastered arrivano a ondate, è diventato fondamentale imparare a distinguere tra chi tenta di reinventare il passato e chi, invece, vuole semplicemente mantenerlo vivo. Dragon Quest I & II HD-2D Remake appartiene a quest’ultima categoria: non è un tentativo di modernizzare a tutti i costi, ma un atto di preservazione videoludica. Dopo Dragon Quest III HD-2D, che aveva inaugurato il progetto con successo, questo nuovo capitolo chiude la trilogia iniziale della saga di Loto, riportando in vita i primi due titoli che, nel lontano 1986 e 1987, definirono le regole del gioco di ruolo giapponese.

Il valore storico è innegabile. È grazie a questi capitoli se oggi parliamo di party, magie, turni, livelli ed equipaggiamenti con la naturalezza di un linguaggio universale. Dragon Quest ha insegnato a milioni di giocatori cosa significava “partire per un’avventura”, e questo remake ne conserva lo spirito, arricchendolo con la potenza espressiva dell’HD-2D, la direzione artistica più iconica degli ultimi anni.

Il primo Dragon Quest: la semplicità che ha fatto scuola

Giocare oggi al primo Dragon Quest significa tornare alle fondamenta di un genere: all’epoca fu un titolo rivoluzionario ma anche divisivo. Molti lo criticarono per la sua lentezza, per la mancanza di indicazioni e per il dover “capire da soli” cosa fare; altri, invece, ne riconobbero subito il genio. Nel 1986, mentre il mercato guardava a esperienze più dirette come Zelda o Metroid, Dragon Quest scelse la via dell’esplorazione mentale. Gli NPC non fornivano soluzioni pronte, ma indizi, spingendo il giocatore a prestare attenzione ai dialoghi, a fare domande e a costruire da sé la rotta. Una scelta che, oggi come allora, regala un senso di scoperta raro, quasi dimenticato.

Il remake conserva perfettamente questa struttura. La narrazione rimane essenziale, un eroe, un re, un drago, una missione, ma il fascino nasce dal ritmo, dalla progressione e dal combattimento a turni, che ancora oggi risulta soddisfacente per equilibrio e leggibilità. Graficamente, il nuovo stile HD-2D amplifica tutto ciò che di iconico c’era nell’originale: le città, i castelli e le praterie tornano a vivere con una luce calda e colori sgargianti, mentre le colonne sonore orchestrate aggiungono un pathos che rende l’avventura, pur breve, più intensa che mai.

Dragon Quest II: la vera gemma del pacchetto

Se il primo Dragon Quest è l’antipasto, il secondo capitolo è la portata principale, e anche il dolce: Dragon Quest II è sempre stato il titolo più amato della trilogia di Loto, quello che trasformò un esperimento di design in una formula compiuta. In questa nuova versione, il lavoro di restauro è ancora più evidente: non solo i miglioramenti visivi e tecnici, ma anche l’aggiunta di nuove scene, un personaggio inedito e un’area extra che si integra perfettamente nel mondo di gioco, ampliandone la narrativa e dando più respiro alla trama.

La differenza principale con il predecessore è immediata: qui non si controlla più un singolo eroe, ma un vero party. Ogni personaggio ha il proprio ruolo e la propria crescita, con un bilanciamento pensato per far sentire il peso di ogni scelta in battaglia. Il sistema di combattimento è ancora a turni, ma introduce un livello di strategia più profondo, che obbliga a pianificare e non solo a reagire.

Dal punto di vista narrativo, Dragon Quest II è più articolato e più “umano”: il viaggio non è più solitario, ma condiviso, e la relazione tra i protagonisti, pur raccontata con semplicità, aggiunge calore e identità all’avventura. È qui che nasce il tono epico della saga, quella sensazione di affrontare un destino più grande di sé.

La magia dell’HD-2D

L’HD-2D di Square Enix è ormai un linguaggio a sé, un ponte visivo tra il passato e il presente: in Dragon Quest I & II raggiunge un equilibrio quasi perfetto tra nostalgia e modernità. Gli sprite bidimensionali dei personaggi si muovono su sfondi tridimensionali ricchi di profondità, con un’illuminazione che esalta ogni scena e colori che catturano lo sguardo. È uno stile che non cerca il realismo, ma la suggestione: ogni città sembra un diorama, ogni foresta un quadro dipinto a mano.

L’effetto è quello di vedere i ricordi d’infanzia prendere vita con una qualità cinematografica. Ma non è solo estetica: l’HD-2D restituisce chiarezza visiva nelle battaglie, leggibilità nelle mappe e fluidità nei movimenti, senza snaturare nulla dell’originale. Il doppiaggio in inglese e giapponese, assente in passato, aggiunge un tocco di calore, mentre la colonna sonora orchestrata, diretta da Sugiyama prima della sua scomparsa, dona una solennità che accompagna il giocatore con rispetto e malinconia.

Miglioramenti e aggiunte

Oltre all’aspetto visivo, i due remake introducono miglioramenti mirati che alleggeriscono l’esperienza senza tradirne l’identità. I tempi di caricamento sono rapidissimi, i menu più intuitivi e la gestione dell’inventario semplificata. Le battaglie, pur restando a turni classici, scorrono più fluide e con una migliore percezione dei danni e delle animazioni. Il lavoro più importante, però, è stato fatto su Dragon Quest II, dove le nuove sequenze e l’area extra ampliano davvero l’esperienza. Le nuove cutscene sono perfettamente integrate, e l’introduzione di un personaggio inedito, senza entrare nello spoiler, offre un punto di vista aggiuntivo sulla storia che arricchisce l’universo di Loto. Sono ritocchi che dimostrano come il remake non sia un semplice aggiornamento tecnico, ma una reinterpretazione rispettosa, capace di avvicinare nuovi giocatori senza perdere l’anima del passato.

Un’operazione di equilibrio

Va detto chiaramente, Dragon Quest I & II HD-2D Remake non è un titolo per tutti: chi cerca un JRPG moderno, complesso e cinematografico, potrebbe trovarlo troppo semplice, troppo “lento” o ancorato a schemi d’altri tempi. Ma sarebbe un errore giudicarlo con quel metro di misura. Questa raccolta non vuole sorprendere con effetti speciali o reinventare il genere: vuole preservarne le radici, e lo fa con una coerenza rara. È un viaggio che si assapora con calma, dove la soddisfazione arriva dal progredire, dall’ascoltare, dall’esplorare. E proprio in questo equilibrio tra passato e presente risiede la forza dell’opera. L’onestà di Square Enix nel proporre entrambi i titoli insieme, senza dividerli o spezzettarli, chiude la trilogia di Loto in modo completo e rispettoso, regalando ai fan una piccola capsula del tempo perfettamente funzionante.

Giocare oggi a Dragon Quest I & II significa guardare la storia del JRPG con occhi nuovi. Ci si accorge di quanto la struttura del genere,  il senso di progressione, la gestione del party, la narrazione per tappe, sia nata qui, tra questi sprite e questi dialoghi semplici ma iconici. Ogni combattimento, ogni città, ogni caverna racconta una lezione di design che ancora oggi influenza il modo di concepire il videogioco d’avventura. E in questo senso, più che un remake, Dragon Quest I & II HD-2D è un manuale di storia interattiva, un esempio di come il passato possa ancora insegnare qualcosa senza bisogno di essere riscritto.

Dragon Quest I & II HD-2D Remake
Ottimo 8.5
Voto 8.5
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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.
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