Peter Rabbit 2: un birbante in fuga – Recensione del secondo capitolo

Ecco la nostra recensione di Peter Rabbit 2 - Un birbante in fuga, sequel del film di successo del 2017, partorito dalla mente di Beatrix Potter.

Gabriele Barducci
Di Gabriele Barducci Recensioni Lettura da 6 minuti
6.5
Peter Rabbit 2

A distanza di più di due anni, si ricorda ancora con gioia il primo Peter Rabbit, operazione cinematografica che cercava – lontanamente, da scoprirsi solo in seguito – di seguire le orme del successo dei due Paddington. A differenza dell’orsetto londinese creato da Michael Bond, le avventure di Peter Rabbit, che hanno visto luce verso nel lontano 1902 dalla penna e colori di Beatrix Potter, al cinema hanno assunto una forma narrativa più leggera, meno impegnata, attingendo a piene mani dall’autoironia sia del popolo inglese, che dalle dinamiche sociali in cui gli stessi abitanti si lasciano schiacciare dal loro quotidiano. L’arrivo del piccolo birbante dunque serviva da terapia d’urto per portare i protagonisti umani ad analizzarsi. Abbiamo avuto la possibilità di guardare Peter Rabbit 2, e andremo a parlarvene con questa recensione.

Squadra che vince, non si cambia

Il primo film è stato un successo (tanto economico, quanto di critica) impressionante. Se il coniglietto Peter fa dell’autoironia il suo cavallo di battaglia, la perplessità e lo stupore – ma anche gioia – di essere arrivati ad un secondo capitolo, parte dalla mente del regista Will Gluck, che lascia l’esternazione delle sue emozioni al suo piccolo protagonista che riassume il tutto in: nessuno se lo sarebbe aspettato. Inizia e finisce quasi così il film, una sorta di dichiarazione di intenti e ringraziamento verso il pubblico. Segue dunque l’ardua missione di rendere questo sequel piacevole quanto vincente, esattamente come il precedente film. Operazione non da poco e lo stesso svolgimento del compito mostra le varie difficoltà.

peter rabbit 2 recensione

Mentre la squadra tecnico-artistica ritorna senza alcuna defezione – e con contratti gonfiati visto il successo – il vero problema sta proprio nello svolgimento: come poter replicare un piccolo successo inaspettato, cercando di non rendere il film una fotocopia del precedente? Ve ne parliamo in questa recensione, ma vi anticipiamo che in parte non si può, o almeno questo Peter Rabbit 2 – Un birbante in fuga getta una base appena sufficiente per sorreggere tutto l’impianto narrativo. Se alla fine del primo capitolo Peter è riuscito ad avere un buon rapporto con Thomas – adesso a tutti gli effetti sposato con la sua padrona Bea – ora serve un nuovo umano antipatico a cui dispensare dispetti, o qualcuno che possa mettere in ombra le buoni azioni del gruppo di conigli. Dunque quale miglior antagonista se non Peter stesso?

Proprio quando Bea pubblica il libro illustrato di Peter Rabbit, un audace editore le offre un contratto milionario per proseguire nella pubblicazione, tra sequel e merchandising adeguato, a patto che Peter da leader del gruppo, diventi una sorta di pecora nera, un birbante che davanti i suoi occhioni dolci, nasconde uno spirito ribelle, anarchico, insomma un vero combina guai. Questa proposta, che destabilizza dapprima Bea, porta confusione anche nel cuore del piccolo Peter che vede la convivenza con Thomas sempre più difficile a causa dei classicissimi fraintendimenti. Lui è davvero una pecora nera? Cosa direbbe suo padre? Deve tornare a rubare come faceva un tempo, abbandonando la lucidità e l’equilibrio raggiunto fino a quel momento?

Un percorso di crescita

Risulta dunque intrigante il percorso metanarrativo che si sovrappone in più parti durante la pellicola. Se alla fine del primo film la realizzazione del libro di Peter Rabbit da parte di Bea era un semplicistico omaggio alla sua creatrice, qui invece allo strato narrativo prettamente filmico se ne sovrappone un altro, più intenzionato ad approfondire la natura del personaggio come delle sue delusioni o obiettivi raggiunti. Proprio con la sagacia di portare avanti il tutto con una divertentissima autoironia e una sceneggiatura delle più semplici e lineari, la doppia lettura che ne esce è assai intrigante, mai banale, che mostra una natura non dissimile da quella del primo film.

peter rabbit 2 recensione

Il neo maggiore dell’intera produzione è che questo sequel non fa assolutamente nulla per diventare memorabile, nella misura in cui il primo risultò un grosso successo proprio per la sua formula narrativa, la freschezza e la briosità di inquadrare Peter come un personaggio tanto saggio quanto autoironico. In questo sequel la formula si ripete senza sbavature, motivo per cui il film si porta dietro sia il divertimento, sia tutte le sue grosse limitazioni, che si evincono proprio quando cerca di fare il salto più lungo della gamba. Stiamo parlando dell’incontro con l’anziano coniglio Barnabas e il diretto discorso sull’identità: se essere conigli di strada, randagi e liberi, oppure di campagna, con un padrone a cui far riferimento. Questo poteva essere un buonissimo terreno per un dialogo anche più interessante, di pieno ascolto, ma evidentemente la produzione era consapevole di non averne avuto i mezzi – o forse non era il terreno che si voleva battere – dunque è stato meglio riproporre il virtuosismo narrativo e registico in un pirotecnico finale, mentre noi lasciamo le speranze per il sicuro terzo capitolo. Sperando che questa recensione vi abbia incuriositi, vi ricordiamo che trovate Peter Rabbit 2 – Un Birbante in fuga in tutte le sale cinematografiche!

Peter Rabbit 2
6.5
Voto 6.5
Condividi l'articolo