L’epica supereroistica, che sia su carta stampata, su film animati, serie tv o film live-action, tende sempre a rispettare dei principi. Vent’anni fa era facile incappare in produzioni dove il buono era buono, il cattivo era cattivo e i personaggi in mezzo erano cliché; di sicuro era più facile rispettare questi principi. Ora invece è tutto diverso: l’antieroe non è più così raro, la strada alternativa diventa così trafficata da avere più auto di un’arteria metropolitana all’ora di punto ed è molto più facile fare qualcosa che possa definirsi “diverso”. Però, se si chiamano principi, un motivo ci sarà. Ovviamente non stiamo facendo un discorso miope, magari concluso con un “è meglio il fumetto”, ma semplicemente qualche volta, per cercare di dar forma a un’esperienza diversa, ci si ritrova a uscirne con le ossa rotte. Wonder Woman 1984 purtroppo fa proprio questo errore. Nonostante i tanti pregi che possiede la pellicola, diretta da Patty Jenkins e con Gal Gadot nei panni di Wonder Woman, ci sono un paio di cose che purtroppo non funzionano, forse perché pensate male in principio, o magari poiché pensate per offrire la giusta spettacolarità sul grande schermo di un cinema.
Il lazo della pretestuosità
Nell’interezza delle circa 2 ore e mezza richiesta per visionare Wonder Woman 1984 è possibile vedere un enorme problema di fondo: il suo essere pretestuoso. La trama gira attorno a Diana, come sempre, raccontando stavolta una sua avventura legata agli anni ’80. L’intreccio infatti, senza troppi fronzoli, prosegue dritto come un treno passando vicino a due personaggi poco memorabili (salvati fortunatamente dalle abilità attoriali dei due), ovvero Barbara Ann Minerva (Kristen Wiig) e Maxwell Lord (Pedro Pascal), ad un ritorno di Steve Trevor (Chris Pine) e ad una serie di avvenimenti abbastanza scontati, seppur divertenti. Ciò che più di ogni altra cosa va infastidendo nella pellicola si riassume proprio nel rapporto causa-conseguenza, un fattore che nei cinecomics non assume troppa importanza ma che in questo film raggiunge vette negative più uniche che rare, presentando molte situazioni che magari avrebbe necessitato di una spiegazione quantomeno coerente, piuttosto che limitarsi a una lunga e facile sequela di “perché sì”. Senza rovinarvi la trama, in pratica gran parte degli eventi che andranno susseguendosi nel corso della produzione sono fini a se stessi, non alterano di tanto lo status quo (tranne che per qualche dinamica Diana-Wonder Woman) e in svariate occasione lasciano un retrogusto amaro in bocca.
Salvatori della pellicola sono Gal Gadot, Kristen Wiig e Pedro Pascal, tre vere colonne portanti di Wonder Woman 1984 che con le loro interpretazioni riescono quantomeno a rendere i personaggi interessanti da scoprire, a prescindere dalle loro scelte. Se infatti l’intreccio narrativo li porterà spesso a compiere azioni davvero poco sensate, il lavoro attoriale messo in mostra porta alla luce personaggi che, a prescindere da tutto, risultano realistici, ben strutturati e coerenti. Quello che insomma traspare in Wonder Woman 1984 è il suo essere un filler, una piccola storia intrigante che punta a raccontare un lato poco interessante del personaggio: purtroppo questi riempitivi tendono ad essere scialbi, a patto che la trama sia sostenuta da concetti validi, e WW84 non riesce proprio nel suo obiettivo di alleggerire il racconto. Se infatti potremmo anche parlare di qualche tematica particolarmente profonda che nel film viene trattata con parole fantastiche (ovviamente anche grazie alla recitazione dei personaggi principali), tutto il castello crolla nel momento in cui viene presentandosi una rottura della sospensione dell’incredulità, dovuta a qualche avvenimento, qualche scarna spiegazione senza coerenza o, peggio ancora, qualche momento tecnicamente non brillante.
Wonder Woman 1984, in tutti i non cinema
Se infatti sicuramente il non essere arrivato al cinema abbia un po’ intaccato la qualità del film (in proiezione tutto sembra migliore), Wonder Woman 1984 è l’antitesi di sé stesso: alcune fasi concitate del film mostrano una Diana capace di fare qualcosa di unico, destreggiarsi in modo dinamico e riuscire a dare un impatto visivo senza eguali, qualitativamente superiore ad ogni altro film uscito della DC. Se questo potrebbe darvi la giusta scarica d’adrenalina, ci penseranno scene raffazzonate a farvi calare l’interesse; alcune parti del film mostrano infatti una qualità decisamente antitetica rispetto ad altre, meno curate e in alcuni casi mostranti dettagli fuori posto, situazioni al limite del normale e, peggio ancora, affiancate da materiali di scena così mal gestiti da essere pateticamente evidenti agli occhi dello spettatore (come un manichino al posto di un attore).