Il mercato dei videogiochi è un settore dell’intrattenimento estremamente variegato, vista la quantità di sviluppatori che col tempo ci si sono dedicati e l’innovazione che hanno portato. Ogni tanto, però, sia i giocatori che gli autori vogliano fare dei passi indietro, tornare ad offrire produzioni meno complesse e più dirette, sia nelle meccaniche che nei contenuti. Una volontà che Soleil e 110 Industries hanno tradotto in Wanted: Dead, il titolo che analizziamo proprio in questa recensione.
Un presente alternativo
Il gioco diretto da Hiraoki Matsui (Ninja Gaiden II, Samurai Jack: Battle Through Time) è un titolo dove la narrativa è uno dei motori principali dell’esperienza, per quanto non perfetta e con diversi problemi. La storia racconta di un distopico presente alternativo dove Hannah Stone, una tenente della polizia di Hong Kong e membro principale dell’unità Zombie, è incaricata a scoprire le vicende dietro al misterioso assalto a una delle maggiori aziende del paese. Tutto cambia quando, nel corso delle sue indagini, capisce che qualcosa non torna, tanto da far arrabbiare persone estremamente pericolose.
La sceneggiatura riesce così a creare un’ambientazione non propriamente originale, ma che si lascia seguire con una certa curiosità. I personaggi principali che compaiono sono molto stereotipati e poco approfonditi, se non un minimo la tormentata antieroina della vicenda, ma con il tutto trova un proprio equilibrio nella messa in scena e nella scrittura. A un certo punto sembra però che qualcosa sia successo nel corso dello sviluppo, tanto che ogni genere di approfondimento e ambizioni precedentemente presenti vengono praticamente messe da parte.
La sensazione è che Wanted: Dead abbia subito dei tagli durante la produzione del gioco. A un certo punto, infatti, la storia passa misteriosamente in secondo piano, con pezzi mancanti e una confusione evidente all’interno della sua semplicità e linearità. Ci sono, inoltre, dei personaggi che esprimono a stento qualche parola, i compagni della protagonista che perdono quel minimo della loro caratterizzazione così come i cattivi che non sono in alcun modo approfonditi. Un vero peccato, anche perché nelle prime ore l’opera di Soleil sembra prendersi i giusti tempi per creare il proprio universo narrativo.
Al tempo stesso però è evidente l’ambizione degli sviluppatori, viste le cutscene in tre stili differenti: Unreal Engine, animazione 2D e perfino in live-action. Una variazione che crea una certa curiosità, oltre ad aumentare ulteriormente l’assurdità del contesto. Un peccato che proprio il primo stile citato sia quello realizzato peggio, con animazioni macchinose e in genere poco curate.
La stessa regia non è esattamente eccezionale, ma fa comunque il suo lavoro senza infamia e senza lode. In tutto questo, però, è un vero piacere avere la possibilità di osservare tutti i filmati sbloccati all’interno del menù principale.
Il terzo diavolo
Il gameplay dell’opera di Soleil si divide principalmente in tre sezioni principali: quello da hack’n slash misto a sparatutto in terza persona, l’hub world centrale e i minigiochi. Tutte e tre vengono alternate donando una buona varietà all’esperienza, in un mix che tenta di non far mai sentire il peso della ripetitività. Il cuore pulsante dell’intera esperienza è comunque l’azione vera e propria che, in qualche modo, cerca di migliorare l’idea di quel Devil’s Third per Wii U.
I livelli, infatti, sono realizzati come una serie di percorsi estremamente lineari riempiti di nemici e qualche collezionabile. In questo senso il titolo non rivoluziona mai il suo gameplay, se non introducendo di volta in volta avversari sempre più potenti o qualche nuova arma. La sfida si lega così alle capacità del giocatore di comprendere il moveset avversario e utilizzare intelligentemente le tecniche di attacco, schivata, parata e le armi da fuoco nel modo corretto. Il tutto crea un combat system che magari non è complesso come quello di un Bayonetta o un Devil May Cry, ma che diverte e intrattiene l’utente. L’opera riesce a mischiare ottimamente l’impostazione da combattimento a spada libera e quello da sparatutto in terza persona, sia nei controlli che nella telecamera, per quanto meno precisi o curati di altri videogiochi. Ovviamente bisogna essere propensi a un gameplay in stile action, altrimenti l’opera sarà abbastanza lontana dai vostri gusti. Segnaliamo, inoltre, la presenza di molta violenza e linguaggio volgare, quindi il titolo non è adatto a un pubblico di tutte le età.
Uno dei punti di forza del marketing di Wanted: Dead è il suo livello di sfida. Già alla difficoltà normale il gioco riesce a spremere per bene l’utente senza farlo realmente arrabbiare. La sensazione è quasi sempre quella di un errore umano, visto che con una leggera distrazione è possibile rimetterci le penne. Non è certamente ai livelli di un Ninja Gaiden, ma questa dinamica crea un ulteriore incentivo per il giocatore nel superare i propri limiti. In questo senso è apprezzabile la presenza del new game plus e diversi livelli di difficoltà.
Il grosso difetto generale, purtroppo, deriva dal level design estremamente piatto e poco incisivo. Le ambientazioni proposte non sono realmente sfruttate, senza alcun genere d’interazione o dinamicità nel gameplay. L’unica cosa che va ad aggiungersi in tal senso è la presenza di collezionabili, documenti legati alla lore di personaggi e alle ambientazioni, che sono interessanti ma niente di tanto eclatante da invogliare a rigiocare intere sezioni.
Un altro problema deriva, al tempo stesso, dalla quantità di abilità sbloccabili nell’albero delle abilità. All’interno del gioco è possibile ottenere dei punti in base alle proprie azioni, che è possibile spendere all’interno di un menù apposito per ottenere potenziamenti alle proprie caratteristiche o nuove mosse. Una buona idea che al tempo stesso cade su sé stessa, perché è possibile ottenere tutto ben prima di raggiungere il livello finale.
Infine, l’enorme ripetitività dell’esperienza è in grado di far desistere molti dal continuare l’opera. Una volta che l’utente ha imparato come combattere e a rispondere agli avversari, Wanted: Dead non riesce a rinnovarsi realmente di livello in livello. In questo senso provano a venire in aiuto le sezioni secondarie.
Una gara al karaoke
Come accennato precedentemente, oltre al gameplay action l’opera di Soleil presenta un hub world e dei minigiochi. Il primo è rappresentato dalla stazione di polizia. un luogo dove è possibile parlare con i propri colleghi, scovare altri collezionabili, vedere filmati oppure accedere ai molteplici minigiochi. In generale quest’area è ben caratterizzata, tanto da offrire ulteriore caratterizzazione all’universo narrativo. Purtroppo al suo interno non è possibile fare molto, con diverse aree che sono praticamente vuote e inutilizzate. Simpatica la possibilità di sbloccare dei video secondari attraverso due appositi claw crane, così come delle statuine per decorare il proprio ufficio. Inoltre, all’interno del Jukebox sono presenti cover di musiche pop iconiche come She Works Hard for the Money, I Touch Myself e Maniac. Non intendiamo anticipare tutte quelle presenti, ma vi confermiamo che sono ben realizzate e molto simpatiche.
I minigiochi sono però il vero punto forte. All’interno della stazione è possibile accedere a sfide di addestramento così come di tiro di precisione, mangiare del ramen con il giusto ritmo, partecipare a sfide di karaoke o perfino a uno shoot’em up originale in pixel art. Una caratteristica che aumenta ulteriormente la varietà e la longevità dell’opera, senza però essere obbligatorio per gli utenti non interessati a questo genere di contenuti. In un certo senso questa va in contrasto con il tono esageratamente serio del gioco, ispirandosi così a quell’assurda atmosfera presente nella serie di Yakuza (stessa cosa che possiamo dire anche della schermata di caricamento, che reinterpreta un famoso meme).
Un vero peccato che il karaoke presenti una sola canzone, anche perché a livello di meccaniche e di realizzazione la troviamo probabilmente la trovata più divertente del gruppo. In ogni caso, una volta sbloccati, è possibile accedere a ogni minigioco attraverso il menù principale, senza dover per forza caricare un salvataggio dell’avventura principale.
Un mondo distopico
A livello tecnico Wanted Dead è carino da vedere ma non impressionante, attraverso alcune texture poco rifinite e perfino animazioni che sembrano meccaniche. Nella versione PlayStation 4 da noi testata sono capitati dei momenti con elementi comparsi dal nulla, la musica che non caricava immediatamente o qualche piccolo bug. Nessuna cosa grave che rovina l’intera esperienza ludica e, probabilmente, è già in arrivo di un aggiornamento day one in grado di risolvere il tutto.
L’art design è inoltre di discreta fattura. Niente di originale che sconvolga la vista, ma i personaggi e le ambientazioni funzionano all’interno del contesto. Il doppiato in lingua inglese è riuscito ma con alcune riserve, con una buona performance della talentuosa Stefanie Joosten. Purtroppo il missaggio audio va rivisto, dato che spesso risulta difficile ascoltare i dialoghi per una musica troppo forte o per problemi di labiale. Infine la colonna sonora non riesce realmente a colpire l’utente, tranne proprio le cover e la musica originale cantata proprio da Joosten.