The Precinct Recensione: giustizia sotto le luci al neon

Ecco la nostra recensione di The Precint, un’esperienza sandbox in terza persona fortemente ispirata al cinema poliziesco degli anni ’80. Un outsider con molto potenziale!

Alessandro Ferri
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Alessandro Ferri
Senior Editor
Trentenne, vero appassionato di videogiochi, adora scrivere di videogiochi come se ne stesse parlando con gli amici al bar. Nostalgico dei classici anni '90 come Super...
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Recensioni
Lettura da 6 minuti
7.8
The Precint

Nei videogiochi di oggi, dove l’open world tende sempre più verso la spettacolarità cinematografica e il realismo esasperato, ogni tanto arriva un titolo che prova a invertire la rotta, puntando su un’idea chiara, stilizzata e profondamente evocativa. The Precinct, nuovo lavoro di Fallen Tree Games, fa esattamente questo: propone un’esperienza sandbox in terza persona, fortemente ispirata al cinema poliziesco degli anni ’80, con uno stile che richiama i film di Walter Hill e John Carpenter, ma filtrato attraverso l’estetica dei videogiochi top-down più moderni.

Dopo il buon riscontro di American Fugitive, gli sviluppatori tornano a immergerci in un mondo urbano fatto di corruzione, criminalità e neon piovosi. Ma stavolta non siamo il fuggitivo: siamo la legge. Vestiamo la divisa di Nick Cordell Jr., agente determinato e con un conto in sospeso con il passato, immerso nel caos quotidiano di una città sull’orlo del collasso. E questa volta la sirena è dalla nostra parte.

Tra pistola e distintivo

La struttura di gioco di The Precinct si basa su un loop dinamico che miscela missioni procedurali, attività casuali e incarichi della storia principale. Ogni giornata lavorativa comincia nella centrale di polizia, dove riceviamo brevi briefing e possiamo equipaggiarci prima di uscire in pattuglia. Una volta fuori, il mondo si apre davanti a noi: Averno City è viva, imprevedibile, e costantemente in fermento.

Il gameplay è costruito su una formula sandbox semi-arcade: puoi scegliere di rispondere alle chiamate della centrale, pattugliare liberamente le strade, intervenire in situazioni sospette o dedicarti agli obiettivi principali della storia. L’alternanza tra momenti liberi e missioni scriptate funziona, anche se con qualche ripetizione che può emergere dopo alcune ore.

Gli eventi casuali vanno dalle classiche rapine in banca a inseguimenti in auto, risse da bar, fughe di sospetti o segnalazioni di veicoli rubati. Ogni evento offre più modi per essere risolto: puoi usare il dialogo, sparare, inseguire o anche… ignorare. La libertà d’approccio è reale, ma con un sistema morale leggero e poco invasivo. Ad esempio, sparare a un civile potrebbe causare un’indagine interna, ma raramente porta a conseguenze serie, e questo può ridurre un po’ il peso delle scelte.

La componente di guida è uno dei punti più riusciti: ogni auto ha un comportamento differente e gli inseguimenti sono veloci, spettacolari e ben bilanciati. Le sirene accese, le scorciatoie nei vicoli, i posti di blocco improvvisati… c’è tutto quello che ci si aspetta da un’esperienza poliziesca arcade. Meno convincenti le sparatorie, gestite con un sistema di copertura automatico e una mira un po’ rigida, che possono risultare legnose nei momenti più concitati.

A sorprendere positivamente sono invece le piccole meccaniche investigative: raccogliere indizi su un furto, interrogare sospetti, pedinare obiettivi, analizzare filmati delle videocamere. Nulla di troppo profondo, ma funziona per variare il ritmo tra un’azione e l’altra.

Una città tra pioggia e neon

A livello estetico, The Precinct colpisce per coerenza stilistica. La visuale isometrica top-down (che può essere leggermente inclinata) trasforma Averno City in un set cinematografico in miniatura, dove ogni strada, ogni vicolo e ogni lampione sembrano usciti da un VHS dimenticato. Le luci soffuse, la pioggia costante e le insegne al neon creano un’ambientazione noir suggestiva, capace di evocare atmosfere alla Blade Runner, pur mantenendo i piedi ben saldi nell’estetica degli anni ’80.

La città non è gigantesca, ma è densa e ben costruita. Ogni distretto ha una propria identità: dal centro città pieno di grattacieli e traffico, ai sobborghi deserti e pericolosi, passando per le aree industriali e le zone portuali. Averno non è solo un fondale: è viva, piena di NPC con routine dinamiche, criminali che interagiscono tra loro e una centrale operativa che reagisce a ogni nostro intervento.

A livello tecnico, il gioco si comporta egregiamente. Su PC con configurazioni medio-alte gira fluido, anche con molti elementi a schermo. La pulizia visiva e la scelta stilistica aiutano a nascondere eventuali limitazioni grafiche. Purtroppo, l’IA dei personaggi è ancora un po’ sottotono: i sospetti tendono a comportarsi in modo irrealistico, gli alleati restano talvolta impassibili durante le sparatorie, e i civili sembrano poco reattivi al caos attorno.

Ottimo invece il comparto sonoro: la colonna sonora synthwave accompagna perfettamente le fasi di pattugliamento, mentre l’audio ambientale rende ogni quartiere riconoscibile. Le comunicazioni radio con la centrale, le sirene in lontananza e le urla dei civili creano un sottofondo sonoro coinvolgente e realistico.

Un tributo che sa cosa vuole essere

The Precinct è un gioco di nicchia che non cerca di competere con i colossi del genere, ma punta dritto al cuore di chi ama i sandbox d’impostazione retrò, i polizieschi urbani e il fascino di un’epoca in cui la legge si faceva inseguendo sospetti sotto la pioggia con una Mustang e un manganello.

Ha dei limiti: una certa ripetitività nella formula, una narrazione appena abbozzata e un’intelligenza artificiale che fatica a dare credibilità a certe situazioni. Ma riesce a compensare con un’anima precisa, un gameplay dinamico e un’estetica curata. Non è un capolavoro, ma è un’esperienza coerente, sincera e sorprendentemente appagante, che può intrattenere per molte ore, soprattutto se amate l’idea di giocare “al poliziotto” senza troppe complicazioni.

The Precint
7.8
Voto 7.8
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Senior Editor
Trentenne, vero appassionato di videogiochi, adora scrivere di videogiochi come se ne stesse parlando con gli amici al bar. Nostalgico dei classici anni '90 come Super Mario 64, non disprezza al brivido dei titoli moderni.