Nei videogiochi di oggi, dove l’open world tende sempre più verso la spettacolarità cinematografica e il realismo esasperato, ogni tanto arriva un titolo che prova a invertire la rotta, puntando su un’idea chiara, stilizzata e profondamente evocativa. The Precinct, nuovo lavoro di Fallen Tree Games, fa esattamente questo: propone un’esperienza sandbox in terza persona, fortemente ispirata al cinema poliziesco degli anni ’80, con uno stile che richiama i film di Walter Hill e John Carpenter, ma filtrato attraverso l’estetica dei videogiochi top-down più moderni.
Dopo il buon riscontro di American Fugitive, gli sviluppatori tornano a immergerci in un mondo urbano fatto di corruzione, criminalità e neon piovosi. Ma stavolta non siamo il fuggitivo: siamo la legge. Vestiamo la divisa di Nick Cordell Jr., agente determinato e con un conto in sospeso con il passato, immerso nel caos quotidiano di una città sull’orlo del collasso. E questa volta la sirena è dalla nostra parte.
Tra pistola e distintivo
La struttura di gioco di The Precinct si basa su un loop dinamico che miscela missioni procedurali, attività casuali e incarichi della storia principale. Ogni giornata lavorativa comincia nella centrale di polizia, dove riceviamo brevi briefing e possiamo equipaggiarci prima di uscire in pattuglia. Una volta fuori, il mondo si apre davanti a noi: Averno City è viva, imprevedibile, e costantemente in fermento.
Il gameplay è costruito su una formula sandbox semi-arcade: puoi scegliere di rispondere alle chiamate della centrale, pattugliare liberamente le strade, intervenire in situazioni sospette o dedicarti agli obiettivi principali della storia. L’alternanza tra momenti liberi e missioni scriptate funziona, anche se con qualche ripetizione che può emergere dopo alcune ore.
Gli eventi casuali vanno dalle classiche rapine in banca a inseguimenti in auto, risse da bar, fughe di sospetti o segnalazioni di veicoli rubati. Ogni evento offre più modi per essere risolto: puoi usare il dialogo, sparare, inseguire o anche… ignorare. La libertà d’approccio è reale, ma con un sistema morale leggero e poco invasivo. Ad esempio, sparare a un civile potrebbe causare un’indagine interna, ma raramente porta a conseguenze serie, e questo può ridurre un po’ il peso delle scelte.
La componente di guida è uno dei punti più riusciti: ogni auto ha un comportamento differente e gli inseguimenti sono veloci, spettacolari e ben bilanciati. Le sirene accese, le scorciatoie nei vicoli, i posti di blocco improvvisati… c’è tutto quello che ci si aspetta da un’esperienza poliziesca arcade. Meno convincenti le sparatorie, gestite con un sistema di copertura automatico e una mira un po’ rigida, che possono risultare legnose nei momenti più concitati.
A sorprendere positivamente sono invece le piccole meccaniche investigative: raccogliere indizi su un furto, interrogare sospetti, pedinare obiettivi, analizzare filmati delle videocamere. Nulla di troppo profondo, ma funziona per variare il ritmo tra un’azione e l’altra.
Una città tra pioggia e neon
A livello estetico, The Precinct colpisce per coerenza stilistica. La visuale isometrica top-down (che può essere leggermente inclinata) trasforma Averno City in un set cinematografico in miniatura, dove ogni strada, ogni vicolo e ogni lampione sembrano usciti da un VHS dimenticato. Le luci soffuse, la pioggia costante e le insegne al neon creano un’ambientazione noir suggestiva, capace di evocare atmosfere alla Blade Runner, pur mantenendo i piedi ben saldi nell’estetica degli anni ’80.
La città non è gigantesca, ma è densa e ben costruita. Ogni distretto ha una propria identità: dal centro città pieno di grattacieli e traffico, ai sobborghi deserti e pericolosi, passando per le aree industriali e le zone portuali. Averno non è solo un fondale: è viva, piena di NPC con routine dinamiche, criminali che interagiscono tra loro e una centrale operativa che reagisce a ogni nostro intervento.
A livello tecnico, il gioco si comporta egregiamente. Su PC con configurazioni medio-alte gira fluido, anche con molti elementi a schermo. La pulizia visiva e la scelta stilistica aiutano a nascondere eventuali limitazioni grafiche. Purtroppo, l’IA dei personaggi è ancora un po’ sottotono: i sospetti tendono a comportarsi in modo irrealistico, gli alleati restano talvolta impassibili durante le sparatorie, e i civili sembrano poco reattivi al caos attorno.
Ottimo invece il comparto sonoro: la colonna sonora synthwave accompagna perfettamente le fasi di pattugliamento, mentre l’audio ambientale rende ogni quartiere riconoscibile. Le comunicazioni radio con la centrale, le sirene in lontananza e le urla dei civili creano un sottofondo sonoro coinvolgente e realistico.
Un tributo che sa cosa vuole essere
The Precinct è un gioco di nicchia che non cerca di competere con i colossi del genere, ma punta dritto al cuore di chi ama i sandbox d’impostazione retrò, i polizieschi urbani e il fascino di un’epoca in cui la legge si faceva inseguendo sospetti sotto la pioggia con una Mustang e un manganello.
Ha dei limiti: una certa ripetitività nella formula, una narrazione appena abbozzata e un’intelligenza artificiale che fatica a dare credibilità a certe situazioni. Ma riesce a compensare con un’anima precisa, un gameplay dinamico e un’estetica curata. Non è un capolavoro, ma è un’esperienza coerente, sincera e sorprendentemente appagante, che può intrattenere per molte ore, soprattutto se amate l’idea di giocare “al poliziotto” senza troppe complicazioni.