Chi vi scrive avrà passato più di un centinaio di ore su The Legend of Zelda: Breath of the Wild e sul diretto successore, Tears of the Kingdom. Due titoli spolpati dal primo all’ultimo minuto, che non solo hanno contraddistinto un rinforzo importante alla ludoteca di Nintendo Switch 1 (chiamiamola così, ora che Switch 2 è uscita allo scoperto), ma sono stati esempi di opere che hanno spostato in alto l’asticella qualitativa sul fronte degli action-adventure di stampo open world.
Immortals Fenyx Rising, Oceanhorn 2, Genshin Impact, a tratti anche Eternal Strands, sono solo alcuni esempi di giochi che hanno “acchiappato” alcuni elementi ludici da Breath of the Wild (a proposito, ecco qui la recensione dell’opera di Nintendo). Ora anche l’Italia vuole proporre il suo “Zelda” open world, grazie ai romani di Caracal Games e al loro fantascientifico Star Overdrive.
Questo gioco aveva messo una certa curiosità dal suo primo annuncio nel Nintendo Partner Showcase dell’estate 2024, per via di una semplice quanto concisa dichiarazione degli sviluppatori in merito alla sua ispirazione verso l’opera zeldiana. Una mossa estremamente audace per uno studio piccolo come Caracal Games, ma che da buon fan del titolo di Nintendo ha genuinamente voluto proporre il suo Breath of the Wild. Come sarà andata? Scopriamolo nella nostra recensione di Star Overdrive.
Pionieri di un’epopea spaziale
Star Overdrive ci parla delle vicende di Bios, un ragazzo alla ricerca della sua amata Nous, che si è avventurata da sola in un pianeta alieno senza dire nulla al suo consorte. Il tutto per una questione importante, che però appare inizialmente misteriosa. Bios dovrà infatti scoprirlo visitando questo pianeta sconfinato, in gran parte desertico (ma non privo di creature senzienti), con strutture artificiali colossali e fuori di testa.
Narrativamente parlando, il gioco presenta una struttura che per lunghi tratti ricorda quella dei due Zelda, votata più sullo storytelling. Per comprendere meglio cosa sta succedendo troveremo, infatti, numerosi nastri audio sparsi in lungo e largo nel mondo di gioco. Questi ci offrono alcuni dettagli circa le attività svolte da Nous, un po’ nella maniera simile ai ricordi di Breath of the Wild e alle Lacrime del Drago di Tears of the Kingdom legati alla principessa Zelda.
Tali nastri ci aiutano poi a incastrare tutte le tessere del puzzle, apprendendo di più sulle intenzioni della ragazza e sul perché ha voluto fare tutto all’oscuro di Bios, legittimamente preoccupato dell’incolumità della sua amata. In diversi momenti della storia principale vediamo anche un’interazione diretta fra i due protagonisti, seppur Nous si mostrerà dinanzi a Bios sotto forma di ologramma (il finale, senza andare di spoiler, sarà di stucco).
Nel complesso, Star Overdrive non ha una longevità estrema nonostante sia un open world, a patto che non vogliate setacciare ogni luogo per prendere i collezionabili o completare le sfide. La trama, invece, non lascia grandi momenti di memorabilità, vuoi soprattutto per gli ampi respiri posti sul fronte del gameplay (che vediamo tra poco). Se non altro il legame che intercorre tra Nous e Bios, approfondito ancor meglio da alcuni collezionabili, non è neanche raccontato male, nonostante i personaggi non siano così carismatici da ricordarseli per sempre.
Alla velocità della luce
La prima ora di Star Overdrive, equivalente alla prima area del mondo, funge essenzialmente da tutorial per iniziare a prendere dimestichezza con le meccaniche di gioco. Abbiamo una torre attivabile dalla sua sommità, la quale scansionerà tutta la zona sbloccando poi l’accesso ai siti d’estrazione. Quest’ultimi sono praticamente i sacrari visti in Breath of the Wild e Tears of the Kingdom, con un dungeon all’interno da cui ottenere il nodo di potere, importante per la crescita del personaggio tramite gli skilltree (anche qui il parallelismo con gli emblemi del trionfo/sfere della benedizione nei due Zelda è molto evidente). Completata la prima area si apre poi un intero mondo da esplorare, con altre torri, siti d’estrazione e trivelle da completare, oltre che i nastri audio (anche musicali), le foto e tanti altri collezionabili da raccogliere.
Ecco che arriva la prima vera distinzione con gli Zelda open world: le dinamiche d’esplorazione. Se in Breath of the Wild e Tears of the Kingdom il senso di scoperta induce a un approccio più meticoloso e di ampio respiro sensoriale, in Star Overdrive ha tutto un altro sapore.
L’Hoverboard sarà infatti il nostro strumento essenziale per visitare ogni singolo posto del pianeta. Le immense dune di sabbia e le colossali rampe che caratterizzano gli ambienti del gioco ci aiutano a percorrere lunghi tratti in velocità, sfruttando le acrobazie aeree per guadagnare ulteriore spinta all’atterraggio. Queste ci aiutano anche a raggiungere, con una buona dose di tecnica, alcune zone sopraelevate, specie se in quei punti ci sono siti d’estrazione o altre cose di buon interesse.
Il risultato è un’esplorazione più asciutta, circoscritta solo in precisi punti del mondo senza particolari zone nascoste. Ad ogni modo, il divertimento non manca. Quando ci troviamo a volare in aria saltando dalle grandi rampe, o quando incaselliamo una serie consecutiva di acrobazie, la sensazione di piacevolezza è massima. Come anche la soddisfazione di arrivare in determinati punti alti raggiungibili solo tramite autentiche magie aeree con l’Hoverboard.
Star Overdrive propone davvero un bel concept, che però mostra il fianco ad alcuni problemi. Non c’è un vero e proprio viaggio rapido, a meno che non si sblocchi l’abilità di teletrasportarsi nelle torri attivate. Capiamo questa scelta degli sviluppatori: in un certo senso avrebbe quasi tolto il potenziale delle meccaniche esplorative legate all’Hoverboard, che grazie alla sua velocità permette di coprire lunghe distanze con poco. Tuttavia, ridurre tale funzione a un elemento di sblocco non la troviamo comunque una scelta migliore, soprattutto in un open world. Inoltre alla lunga si avverte una certa ridondanza degli ambienti e delle attività da fare, alcune non particolarmente brillanti come le prove a tempo (attivabili tramite la raccolta di globi azzurri). C’è da dire però che il level design dei siti d’estrazione è curato alla perfezione, con una buona varietà e un piacevole grado di sfida che non lascia affatto delusi.
La Keytar come compagna da battaglia
Sul combattimento ci sono da dire diverse cose. Star Overdrive potrebbe non incontrare il favore degli appassionati dei giochi puramente action per via di un sistema che, ai loro occhi, potrebbe apparire acerbo e poco raffinato nei movimenti. In realtà, il gioco dà la sua priorità a una libertà d’azione importante, esattamente alla strenua di Breath of the Wild e Tears of the Kingdom.
Bios utilizza la sua Keytar per sferrare attacchi leggeri e attacchi caricati, facendo affidamento sulla schivata per difendersi. Tuttavia può anche utilizzare l’Hoverboard per gli spostamenti tattici e tutti i poteri sbloccati nei siti d’estrazione, selezionabili da un menù radiale. Ad esempio, possiamo afferrare i nemici per poi scaraventarli dove ci pare, oppure prendere il loro controllo e impartirgli i comandi, o altro ancora incollarli in un punto rendendoli incapaci di agire.
Il mix che si crea dalla sinergia fra i poteri, l’Hoverboard e le tradizionali meccaniche d’azione, condite il tutto da una buona fisica del gioco, conferisce un approccio creativo molto simpatico e alternativo al solito scontro all’arma bianca. E possono esserci delle situazioni impreviste, come il fuoco amico, dove un nemico può accidentalmente danneggiare un altro nemico con uno dei suoi attacchi.
Quanto alle battaglie con i boss (in totale quattro) sono strane e particolarissime. Diciamo che non c’è un vero e proprio combattimento, si riduce il tutto a un inseguimento del nemico, avvicinandosi ad esso per poi svuotargli una barra premendo ripetutamente il tasto Y, in modo tale da danneggiarlo. La vera difficoltà risiede più nell’inseguire quel bersaglio con l’Hoverboard, evitando gli ostacoli sulla strada. Se si finisce fuori binario, bisogna riprendere il controllo mantenendosi sulla scia, diventando a volte anche complicato.
Dove si potrebbe smuovere una critica sul sistema di combattimento di Star Overdrive è l’assenza di un agganciamento al bersaglio (il cosiddetto lock on). Per quanto tale sistema garantisca massima libertà d’approccio alle persone, avremmo comunque gradito avere un lock on a corredo, in modo da tenere sotto controllo con la visuale un bersaglio. D’altronde – se volessimo continuare il nostro parallelismo – sia Breath of the Wild che Tears of the Kingdom ne dispongono, pur offrendo totale discrezionalità ai giocatori e giocatrici negli scontri con i nemici.
Una crescita a tutto gas
C’è un albero delle abilità per migliorare le potenzialità di Bios in battaglia, divisa su tre rami che vanno poi a congiungersi con gli altri man mano che si sale. Consumando un nodo del potere possiamo perfezionare l’energia, l’efficienza dello scudo e i danni inflitti dalla Keytar, oltre che acquisire nuove mosse e il viaggio rapido. Anche l’Hoverboard può essere migliorato usufruendo dei banchi da lavoro, da cui possiamo produrre le varie componenti utili a favorire la velocità dello strumento e il suo controllo alla guida (questa è una delle meccaniche base e fondamentali del gioco).
La creazione dei pezzi per l’Hoverboard si effettua utilizzando un quantitativo di materiali tra quelli raccolti lungo il nostro girovagare. Più ne inseriamo nel processo, maggiori saranno la qualità e i valori parametrici offerti dal componente, che però saranno influiti anche dalla massa dei materiali messi nel calderone (cioè, una massa morbida vale più di un singolo pezzetto morbido). C’è anche la possibilità di creare dei componenti che abbiano un effetto speciale, utilizzando il Gravitanium: questo materiale raro è ottenibile in genere nelle zone di caccia dei “vermoni” o nei siti d’estrazione, e utilizzarlo nella creazione creerà effetti come poter superare senza difficoltà l’acqua (non può nuotare, già!), il metallo e i terreni contaminati.
Ci sono anche le Mod, trovabili in giro per il mondo di gioco, che hanno effetti tutti diversi, e anche queste inseribili nei banchi da lavoro. Infine, ma non per importanza, è possibile personalizzare liberamente l’estetica dell’Hoverboard, scegliendo uno dei tanti Stili trovabili nel mondo di gioco e la combinazione di colori preferita.
Una bellezza aliena
Al di là della ridondanza degli ambienti menzionata prima, lo stile semi low poly di Star Overdrive è ben curato, riuscendo a proporre degli scorci molto belli da vedere sia in modalità dock che in portabilità su Nintendo Switch 1. Grazie alla sua nitidezza, il colpo d’occhio panoramico fa la sua parte quando ci troviamo sulla sommità di una torre, di una qualsiasi rampa da lancio o di un alto sperone roccioso.
La colonna sonora, interamente autoprodotta dallo studio e incentrata principalmente sul genere rock, non è affatto male, anche contestuale se si considera il background di Nous e Bios. Per dire, non siamo al pari dei migliori sulla piazza (tra i miei migliori ci sono NieR: Automata e gli Xenoblade Chronicles 3 e X). Tuttavia, il risultato ottenuto è indubbiamente di buon livello. Tra l’altro, i brani di Star Overdrive sono anche propedeutici al combattimento, soprattutto con i boss e le sfide in corsa dove infondono la giusta carica adrenalinica.
Nulla da dire per quanto riguarda il fronte più tecnico dell’opera di Caracal Games, con il frame rate ancorato a 30 fps generalmente stabili, una buona responsività dei comandi e nessun bug o glitch riscontrato durante la sessione di gioco.