Resident Evil: Infinite Darkness – Recensione, tra paura e terrore

Tornano le produzioni in CGI di Resident Evil e lo fanno con Infinite Darkness, miniserie in arrivo su Netflix l'8 luglio, ecco la recensione.

Simone Lelli
Di Simone Lelli - Editor in Chief Recensioni Lettura da 7 minuti
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Resident Evil: Infinite Darkness

A pochi mesi di distanza dall’uscita di Resident Evil Village, la saga non accenna a smettere di macinare produzioni e, mentre attendiamo l’arrivo del reboot cinematografico, Netflix tra qualche giorno rilascerà la miniserie – composta da 4 puntate – Resident Evil: Infinite Darkness, che vedrà il ritorno di due personaggi amati dai fan della serie, Leon S. Kennedy e Claire Redfield. La coppia, che già abbiamo conosciuto durante le vicende di Resident Evil 2 (e che abbiamo visto comparire in altri capitoli), questa volta affronterà degli avvenimenti collocati temporalmente a cavallo tra Resident Evil 4 e il 5.

L’abito non fa il monaco

Resident Evil: Infinite Darkness, come dicevamo all’inizio della nostra recensione, si colloca dopo gli avvenimenti di Resident Evil 4: Leon ha salvato la figlia del Presidente degli Stati Uniti d’America conquistando la sua fiducia, e si trova a dover correre di nuovo in suo aiuto per quella che sembra una crisi internazionale condita in salsa zombie. La serie inoltre sfrutta la tecnica del flashback per raccontare, parallelamente, della Guerra Civile nel Penamstan, una nazione confinante con la Cina che avrà il suo ruolo all’interno della trama.

Proprio questi flashback accompagneranno gli spettatori, nel corso degli episodi, verso la scoperta della verità affianco anche a Claire, che in questa miniserie avrà più un ruolo investigativo (che ovviamente nel videogioco avrebbe reso meno, mentre in una produzione seriale riesce a dare il massimo). Come tutti i Resident Evil, non mancheranno infine vari personaggi ben caratterizzati, utili ai fini della trama e facenti parte dell’intreccio narrativo.

Parlando proprio dell’intreccio, esso racchiude in se gran parte dei pro e dei contro della produzione: se da un lato è facile ritrovare tutte quelle dinamiche che rendono tale un Resident Evil, è pur vero che alcune fanno parte della solita e identica risma di fogli. Insomma, non aspettatevi qualche colpo di scena brillante, ma anzi una serie di dinamiche con poco senso che nel 2021 non dovrebbero esistere. Eppure, anche se qualche scelta fatta dai vari personaggi potrebbe risultarvi davvero fuori contesto, si vede come ormai la serie riesca a destreggiarsi molto bene nei suoi spazi, addirittura mostrando fin da subito come gli argomenti che tratta – non solo i semplici zombie – siano ormai il suo pane quotidiano.

resident evil infinite darkness

Questo è troppo action?

Quando parliamo di Resident Evil: Infinite Darkness stiamo ovviamente parlando di circa 100 minuti di serie, il che significa avere un linguaggio totalmente diverso dal videogioco: per questo l’azione stavolta non è preponderante (con tale parola intendiamo il semplice interagire con il gioco, cosa che nella serie tv è ovviamente non fattibile). Tutto questo permette, come abbiamo già detto, di rendere i vari personaggi reali, più coerenti, e meno macchiette utili solo per sparare in testa ai nemici. A prescindere da tutto, non mancheranno le scene d’azione (sia con Leon che con Claire): soprattutto il primo, avrà il suo modo di brillare e mettere in mostra la sua esperienza maturata dapprima a Raccoon City e poi El Pueblo.

Lo spazio dato allo scorrere della trama, libero da ogni obbligo legato al gameplay, ha permesso alla serie anche di sfruttare meglio la parte thriller della serie, nascondendo misteri non troppo originali, ma comunque intriganti. Allo stesso modo, Resident Evil: Infinite Darkness riesce anche a sfruttare delle ambientazioni che di solito non si prestano bene per un videogioco, dimostrando come la serie che in Giappone chiamano Biohazard abbia ancora molto da raccontare, soprattutto per quanto riguarda il proprio vecchio stile.

resident evil infinite darkness

Squadra che vince…

L’idea alla base della serie è quella di proseguire lo stile già visto con Degeneration, Damnation e Vendetta, un trittico di film in CGI davvero ben realizzati (e che potete trovare in Blu-Ray), anche se stavolta la scelta ha puntato su quattro episodi (sebbene non servisse). Se da un lato quindi sicuramente si poteva osare di più, essendo la prima produzione seriale, il prodotto funziona molto bene. Anche i due personaggi, Leon e Claire, sono due dei più importanti della serie (e se contiamo che Chris è comparso in Resident Evil Village, allora ha senso mostrare qualcosa degli altri due).

Ciò che mostra quindi Resident Evil: Infinite Darkness, e che vogliamo sottolineare in questa recensione, è che ci sono molte storie ancora da raccontare nel periodo antecedente gli ultimi avvenimenti (giocati in Village e in Resident Evil 7), e ci sono molte cose che i personaggi più noti della serie possono ancora fare, siano essi avvenimenti ambientati nel passato, presente o futuro). Forse proprio l’eventuale successo di questa serie potrebbe spostare l’ago della bilancia verso gli iconici Chris, Leon, Claire e Jill, magari senza cadere nel mero action di Resident Evil 6 ma allo stesso tempo portando qualcosa di interessante.

A prescindere, l’idea di popolare l’immaginario collettivo di Resident Evil (dopo i film usciti al cinema, il reboot cinematografico in arrivo che dovrebbe riportare la rotta sul classico e la serie live-action in produzione che sembra optare per una strada più teen-horror) con delle produzioni in CGI funziona egregiamente, potrebbe addirittura aprire le porte a storie che in un videogame non funzionerebbero, e allo stesso tempo permetterebbero di procedere in parallelo con capitoli diversi, così da dare un po’ di Resident Evil a tutti i fan della serie.

Resident Evil: Infinite Darkness
8
Voto 8
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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.