NBA 2K20 – Recensione del nuovo titolo sportivo di Visual Concepts

NBA 2K20 si migliora rispetto all'edizione passata e si conferma il punto di riferimento per gli appassionati del basket virtuale! Ecco la nostra recensione.

Emiliano Costantini
Di Emiliano Costantini Recensioni Lettura da 13 minuti
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NBA 2K20

Dove eravamo rimasti? Al trionfo nelle Finals di Kawhi Leonard e i suoi Toronto Raptors. Agli addii di due leggende che hanno segnato la storia recente di questo sport, Nowitzki e D-Wade. Ad un mercato estivo tra i più movimentati, che ha scombinato gli equilibri futuri della NBA. Ma soprattutto, siamo rimasti ad un mondiale FIBA che, nonostante una buona figura degli Azzurri, ha lasciato l’amaro in bocca a molti di noi. Insomma, i presupposti per una grande stagione di basket ci sono tutti e questo è il motivo per cui non vedevamo l’ora di mettere le mani su NBA 2K20 e cibarci di pallacanestro durante le poche settimane rimanenti prima della vera palla a due. Siete pronti per scoprire se questo nuovo capitolo di Visual Concepts riuscirà a migliorare quelle poche incertezze che aveva la già straordinaria edizione 2K19? Bene, fischio di inizio!

Gameplay

La fame di basket è tanta e per questo partiamo subito dall’impatto che abbiamo avuto con il gameplay sul parquet. Inizialmente l’impressione è stata che la velocità di gioco fosse stata molto rallentata, ma sono bastate poche penetrazioni all’interno dell’area per renderci conto dello straordinario lavoro che è stato compiuto sui movimenti dei giocatori e sulla loro presenza fisica in difesa. Questi due aspetti infatti, erano stati oggetti di critiche nel precedente capitolo dove giocatori che abbinavano grande velocità e fisico risultavano quasi immarcabili. Adesso, invece, siamo di fronte ad una simulazione che risulta molto più reale e credibile, dove andare dritti verso il canestro dopo un crossover con il Donovan Mitchell di turno, non ci garantisce più la quasi totale sicurezza dei 2 punti o del fallo subito.

Questo anche grazie ad un evidente miglioramento della I.A nella fase difensiva, che risulta molto più efficace nello scalare le marcature e coprire eventuali “buchi” lasciati da altri compagni. Per intenderci, quelle fastidiosissime scene in cui il giocatore alla Isiah Thomas se ne andava in contropiede a campo aperto e la tua difesa lo inseguiva, per così dire, con il giocatore più alto e lento in squadra, non ci sono più (esultate pure insieme a me! ndr.).

L’esperienza in partita prosegue, e alzando il livello di difficoltà appare sempre più evidente come in questa edizione di 2k Sports si è voluto dare più peso all’abilità con il pad del giocatore. Quest’anno infatti le nostre skills diventano ancora più importanti grazie al nuovo sistema di dribbling, per dirla un po’ in gergo calcistico. Ci troveremo a dover pensare e realizzare ogni movimento in palleggio del cestista, dato che non potremo quasi più fare affidamento su combinazioni predefinite di movimenti. Effettivamente, per chi si approccia per le prime volte al mondo del basket virtuale, padroneggiare sin da subito il movimento del giocatore può essere una vera sfida. Consiglio quindi di investire del tempo su 2KU per imparare al meglio il funzionamento di questo nuovo meccanismo. Vi assicuro che la soddisfazione che poi avrete nel battere l’avversario dal palleggio sarà tanta.

NBA 2K20

Dal punto di vista della giocabilità, NBA 2K20 ha quindi compiuto dei passi in avanti importanti rispetto al suo predecessore, conditi da una serie di migliorie grafiche che avvicinano ancora di più l’esperienza in-game a quella reale-televisiva della lega americana. Volti e aspetti dei giocatori che sfiorano la perfezione, intermezzi televisivi sempre più veritieri, infografiche accurate, sottopancia informativi e un commento tecnico della partita davvero invidiabile, seppur in inglese. Sono tutti elementi che possono passare in secondo piano perché ormai 2K ci ha abituati a standard davvero alti, ma va sottolineato come ogni anno riescano ancora ad alzare l’asticella da questo punto di vista. Infine, la ciliegina sulla torta arriva con l’aggiunta della WNBA, composta da 12 squadre e 140 giocatrici, alcune delle quali molto impegnate nello sviluppo delle animazioni del gioco. NBA 2K20 finalmente raggiunge gli altri titoli sportivi che possiedono un “comparto femminile”, ma rimane indietro sulle possibilità di utilizzo dello stesso, in quanto limitato solo ai match di esibizione o alla stagione. Probabilmente in futuro avremo anche la possibilità di giocare la carriera con una protagonista femminile – come in FIFA ad esempio – ma per ora però storciamo un pochino il naso.

My Career

Arriva il momento di cimentarsi con le modalità di gioco offerte da NBA 2K20. Tra tutte la mia preferita è senza ombra di dubbio My Career, da affrontare con il proprio giocatore creato a nostra immagine e somiglianza (capelli afro inclusi ovviamente). Partiamo con l’affermare immediatamente che siamo di fronte alla miglior storia/carriera mai vista su un videogioco sportivo, nonché al fiore all’occhiello dell’edizione 2020. Le novità iniziano fin da subito con un nuovo editor di creazione del proprio giocatore che potrebbe tranquillamente farvi spendere 2 orette buone nel design della vostra futura Star NBA.

La vastità di opzioni e combinazioni a disposizione è davvero immensa: possiamo gestire il potenziale massimo e la scelta di quali aspetti del nostro gioco privilegiare, avendo così il controllo assoluto sull’evoluzione della propria creatura. Io, come ogni anno, mi ispiro alle gesta di Steve Nash e inizio con un Playmaker che crea gioco per i compagni, ma vi assicuro che avrete voglia di sperimentare qualsiasi tipo di giocatore! Il sistema di progressione è sembrato rispondere in maniera positiva rispetto agli anni precedenti dove My Career è stata oggetto di innumerevoli critiche sulla questione delle microtransazioni e del pay to win. Problema che sembra in parte essere stato corretto a livello di single player, ma sicuramente non eliminato e ancora molto presente nelle modalità online.

Entrando nel vivo, ci si accorge subito come la carta vincente di quest’anno sia la partnership con Springhill Entertainment, casa produttrice cinematografica fondata da King James, impegnata tra le altre cose su Space Jam 2. Si fa fatica a spiegare il salto di qualità che ha compiuto la storia grazie a questo cambiamento, sembra davvero di giocare all’interno di un film. Il nostro protagonista si chiama Che e la scalata al successo inizia da capitano della squadra della piccola Bay City. Sin da subito, oltre ad un cast stellare che vanta nomi del calibro di Idris Elba e Rosario Dawson, emerge in maniera chiara la mano di Lebron e Maverick Carter, suo socio e amico del liceo. Le tematiche sono quelle odierne del non essere solo un atleta di talento, ma una figura di riferimento che incarna i valori dello sport e può fare la differenza sia a livello sportivo sia politico con la sua voce. In questo, NBA 2K20 rispecchia e riproduce fedelmente quello che rappresenta la lega americana al giorno d’oggi e quello che vuole essere in futuro, aprendo a riflessioni importanti attraverso una storia emozionante e credibile.

Spostandoci in strada ritroviamo il “Quartiere”, che ritorna in versione del tutto ridimensionata come hub della parte online della modalità. Ad essere sinceri, non ho mai sentito la vera necessità di fare un giro nel Quartiere, essendo poco propenso alla personalizzazione di vestiario e quant’altro, ma per quello che ho potuto vedere il rapporto tra single player ed online con questo cambiamento è stato bilanciato alla grande. Per fortuna, non sarà più necessario investire del tempo in allenamenti o in palestra per sopperire ad una crescita del rating troppo lenta, dato che potremo ottenere solo dei bonus temporanei. Inoltre, le partite nei playground sono risultate più accessibili con le modifiche effettuate alla fisicità nel gameplay e soprattutto perché grazie alla nuova build del giocatore, sarà più raro incontrare avversari con superpoteri creati in laboratorio (era ora! ndr.).

My Team e My League/My Gm

L’esplorazione del mondo 2K continua con le altre modalità: My Team e l’accoppiata My League/My GM. La versione 2020 dell’emulazione cestistica dell’Ultimate Team non porta con sé grandi cambiamenti, e resta ancora un po’ la modalità che più stenta a “catturare” i giocatori. La sensazione infatti, è quella che ci sia il potenziale per fare molto meglio, non limitandoci solo alla piacevole aggiunta di un Daily Prize che premia chi gioca e colma leggermente il gap con chi invece compra. Dopo aver registrato qualche altra piccola novità a livello di composizione squadre nel 3vs3, mi sposto sulle altre due modalità: My League e My GM. Ora, ragazzi, mi verrebbe da dire “Attenzione, se siete fan accaniti de My Gm, proseguite a vostro rischio e pericolo”, perchè nulla è più come la ricordavate. Di fatti l’avventura da general manager ha subito dei drastici cambiamenti e ora si basa sulla meccanica dei Punti Azione necessari per compiere le nostre mosse in società. Succede così che si parli con il presidente o l’allenatore della squadra e si ricevano degli incarichi, come ad esempio svecchiare il roster liberandosi di veterani in fase calante con un contratto pesante, o riaccendere l’entusiasmo del pubblico attraverso promozioni speciali e vittorie. Per arrivare all’obiettivo sfrutteremo i Punti Azione settimanali di cui disponiamo e il successo o il fallimento delle nostre manovre sarà riportato in una classifica generale dei GM. Ho trovato interessante il sistema di progressione e guadagnando esperienza in livelli che permette di sbloccare abilità uniche per la nostra carriera, ma va segnalato che le novità introdotte al momento impediscono qualsiasi tipo di personalizzazione della modalità, motivo fondamentale che ha spinto molti videogiocatori a passare ore su My Gm in passato. L’unica scelta discutibile rimane quindi quella di rivoluzionare la modalità My GM, che sta già facendo infuriare parte della community. Alcune cose andranno sicuramente riviste, ma a me non è dispiaciuta questa mini rivoluzione. Sottolineo il concetto di unica scelta sbagliata perché, nonostante il titolo soffra ancora del “problema” delle microtransazioni e probabilmente la serie stessa ne soffrirà sempre, quest’anno il passo indietro compiuto da 2K è importante e ci permette di giocare senza avere la costante sensazione di non essere a livello se non si vuole aprire il portafoglio. Per fortuna, la sorella My League, rimane priva di aggiornamenti drastici e sostanzialmente invariata rispetto a 2K19, confermandosi ancora una volta la migliore esperienza possibile di un campionato NBA su console.

NBA 2K20
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Voto 9
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