Oggi 2 ottobre arriva al cinema Joker: Folie à Deux, il sequel tanto atteso del Joker di Todd Philips che vinse il Leone d’oro a Venezia nel 2019. Il protagonista rimane l’immancabile Joaquin Phoenix a cui si affianca il personaggio di Harley Quinn interpretato da Lady Gaga. La storia però non soddisfa l’aspettativa, e il film, con un budget di 200 milioni di dollari, delude in confronto al primo realizzato con un costo di produzione di 60 milioni.
Il plot narrativo
Una trama poco coinvolgente, ripetitiva, lenta e che, tralasciando la storia d’amore tra i due protagonisti, poco aggiunge al personaggio di Joker. Ci troviamo nel manicomio dei criminali Arkham State Hospital, dove Arthur Fleck, l’uomo che si nasconde dietro Joker, sta cercando di ritrovare il suo equilibrio per poter tornare alla vita normale. Con l’aiuto dell’avvocatessa Maryanne Stewart (Catherine Keener), Arthur riesce ad ottenere la possibilità di andare a processo per essere scagionato dagli omicidi compiuti in passato, dimostrando di essere affetto da una malattia mentale.
nonMa proprio in procinto di iniziare le pratiche in tribunale il nostro protagonista si avvicina ad una nuova internata, conosciuta durante il corso di musicoterapia all’interno della prigione: Harleen “Lee” Quinzel. La donna si presenta come una sua fan accanita e per tutto il corso del processo istigherà Arthur affinché torni a dar voce a Joker, per cui la folla in città è diventata matta. L’uomo, innamorato di Harley, finirà per essere ingannato e rovinare sé stesso.
Un musical mal riuscito
Questa trama, nonostante la sua semplicità, si sviluppa per una durata di 2 ore e 20, e il processo non è altro che una ripetizione di eventi che già sappiamo dal primo Joker. Si arriva perciò un po’ sfiniti alla fine, anche perché la maggior parte del tempo ci sono… canzoni. Si presenta quindi come un semi-musical, anche se non fino in fondo.
Mancano le parti coreografate, manca l’energia di un genere come questo, e non è altro che un ripetersi di canzoni strappalacrime tra i due innamorati, pure in momenti dove saremmo ben felici di farci catturare solo dalla bravura emotiva degli attori. Si perde perciò l’empatia con gran parte della vicenda, soprattutto quando si tratta della relazione d’amore tra i due personaggi.
Per fortuna Joaquin non delude
Ovviamente nulla da dire a Joaquin Phoenix, l’unico motivo per cui forse vale la pena vedere questo film. Impeccabile, totalizzante e intenso. Una performance bellissima e sicuramente non da trascurare il suo talento canoro, ma avremmo voluto che la trama si concentrasse più intensamente su di lui, che ci mostrasse qualcosa di Joker che ancora non avevamo scoperto. Invece il meccanismo si ripete. Qualcuno si prende gioco di Arthur Fleck e lui ne esce nuovamente tradito.
Il fatto che il personaggio inizi a godere della sua fama e del sostegno che la gente gli offre rendendolo popolare, è forse l’unico aspetto diverso che può essere spunto di riflessione e interesse. Arthur si sente finalmente amato e, non avendo mai provato questo genere di emozione, non riesce a gestirla, finendo per comportarsi in maniera estrema. Un meccanismo che ritroviamo assai nella società di oggi, il più delle volte nei giovani trascurati e dipendenti dai social: è un bene che il film ne parli.
La denuncia del film
La violenza all’interno del manicomio è un altro aspetto che rimane ben impresso alla fine del film. Quanta realtà c’è in questo mondo di finzione? Molta. Poliziotti che abusano del loro potere, poca professionalità in molti luoghi carcerari, zero attenzione per persone mentalmente instabili che avrebbero bisogno di una cura invece di una punizione. Un sistema corrotto che al mondo d’oggi ancora esiste, soprattutto in America, e che il film vuole denunciare in maniera velata.
Il potere del popolo ha poi un posto importante nella pellicola e fa paura. Fa paura come tutti abbiano reso un assassino la loro figura di riferimento: la mente delle persone è facilmente condizionabile specialmente sotto l’influenza dei media e il livello di pericolo è sempre più alto.
La pellicola non manca quindi di riferimenti psicologici reali e importanti, ed è uno degli elementi che si possono e si devono apprezzare del film.
Qualità stilistica
Nulla da dire sulla fotografia, i costumi e la scenografia: soldi ben spesi quindi per il sottofondo del film. Un’atmosfera cupa dove i colori sgargianti del Joker emergono vittoriosi. Particolare il siparietto iniziale con cui si apre il film, ispirato ai cartoni dei Looney Tunes; ci propone uno stile animato che si protrae durante tutta la storia, grazie alle continue evasioni mentali di Joker. Egli fugge dai momenti critici nel suo universo creativo immaginandosi di cantare e ballare per dar sfogo alla sua sofferenza, al suo amore o alla sua rabbia. Si viene quindi catapultati ogni volta nel mondo fantastico di Joker, dove, come in un circo, avvengono le cose più proibite, tra vestiti appariscenti e trucchi caricati.
Joker: Folie à Deux non merita quanto il primo film, ma sicuramente bisogna premiare la qualità del prodotto e degli interpreti. La fine ci lascia tremendamente sconsolati e ci si chiede se questa sensazione derivi da un coinvolgimento emotivo o dalla scelta di come porre fine alla storia di Joker. Un prodotto perciò in ogni modo curioso.