Game Therapy: il “Matrix” italiano tra videogioco e realtà

Damiano "Xenom" Pauciullo
Di Damiano "Xenom" Pauciullo Analisi Lettura da 7 minuti

Ci domandiamo spesso come certi personaggi dello spettacolo, del cinema o della tv in generale possano essere arrivati al successo e, nonostante tutto, non riusciamo a trovare delle risposte. E’ questo che molti si chiedono di numerosi Youtuber, a volte anche per invidia, bisogna dirlo: d’altronde è risaputo che monetizzare con Youtube è tanto difficile quanto redditizio.

In questi anni abbiamo assistito alla nascita di vere web star e cosa succede quando quattro tra i più amati (e criticati) di essi si “uniscono” per recitare in un film, peraltro incentrato sui videogiochi? Probabilmente hai la strada spianata per il successo: è sicuramente quello che hanno pensato i produttori di Game Therapy, film tutto italiano in cui i protagonisti sono FaviJ, Clapis, Decarli e Zoda.

game therapy

Il film è uscito ieri nelle sale italiane e sul web le varie critiche hanno bocciato come non mai questa pellicola: tra voti più che insufficienti e addirittura dei “senza voto”, il fallimento di Game Therapy (almeno sul piano qualitativo) è ormai assodato. Ma perché tutto questo? Possibile che non si salvi proprio nulla di questo film? Ebbene, no.

Nel titolo mi sono permesso di citare Matrix, ma è davvero la prima cosa che viene in mente una volta terminata la visione del film. Abbiamo questi due ragazzi, Francesco e Giovanni, appassionati così tanto dai videogiochi da annullare la propria vita sociale, hanno una svolta nella loro vita con la scoperta della Game Life (più volte citata come GL, ringraziamo i produttori per questa pubblicità gratuita al nostro sito Game Legends) in cui trovano sicurezze e abilità che è impossibile avere nella Real Life; insomma, bisogna scegliere tra pillola rossa e pillola blu.

E le pillole, per quanto possano essere state una mia citazione alla trilogia dei fratelli Wachowski, in realtà vengono spesso mostrate nel film: entrambi i protagonisti, FaviJ e Clapis, soffrono di disturbi portati proprio dal loro isolarsi dal mondo esterno, un blando tentativo di portare all’estremizzazione uno stereotipo di videogiocatore, mostrando una faccia del mondo videoludico sicuramente triste ed esistente ma che sicuramente non è la normalità vissuta da tutti noi.

game-therapy-06Ma parliamo degli attori, se così vogliamo definirli: li abbiamo conosciuti per delle simpatiche gag sul web, per dei video gameplay commentati in modo particolarmente fuori dalla norma, Youtuber che probabilmente hanno meritato il successo, ma che sarebbe stato meglio si fossero fermati a quei video da godersi tra una pausa da un impegno e una scrollata della home di Facebook: un intero film, recitato in quel modo, non può reggersi in piedi per 97 minuti. Volti inespressivi, cadenza dialettale, linguaggio al limite del trash (sentirete più parolacce qui che durante una partita di calcetto con i vostri amici) che raggiunge l’apice con la frase finale del cattivone di turno, una specie di agente Smith che si intrufola nella Game Life per conquistare i vari multiversi; la trama, da quanto avete potuto capire, è praticamente inesistente.

E veniamo proprio a questi multiversi, d’altronde siamo un sito di informazione videoludica e quello di cui voglio parlare è anche e soprattutto l’attenzione dedicata ai vari mondi di gioco, un’attenzione che, vi anticipo, non c’è stata.

Abbiamo le solite quattro locations che si alternano, ispirate a Assassin’s Creed, Uncharted, Sniper Elite (o CoD, in ogni caso un ambiente di guerra) e GTA, tutte molto approssimate e facilmente dimenticabili, ma il peggio viene con i costumi: quello che dovrebbe essere un abito da assassino si trasforma in una maglietta di qualche taglia più grande provvista di cappuccio, ovviamente con un bel paio di pantaloni da tuta (nel caso di Clapis) o jeans (per FaviJ). Probabilmente il costume migliore è quello di Nathan Drake, per la sua semplicità di realizzazione, ma anche in questo caso l’assenza di dettagli è da manuale del cosplay, al contrario.

game-therapy-12Il sonoro, anch’esso non particolarmente ricercato, alterna qualche esplosione a qualche abbozzo di soundtrack che accompagna le varie scene; unica nota leggermente positiva possiamo trovarla negli effetti speciali: il modo in cui i nemici virtuali scompaiono una volta morti è abbastanza d’effetto e ben realizzata, così come “l’entrata” nel mondo virtuale una volta connessi alla Game Life; niente di particolarmente avanzato, sia chiaro, ma almeno degno di nota.

Un film basato sui videogiochi ma che mostra davvero poco amore verso di essi, un film che i veri appassionati di videogiochi non possono amare, visto come il nostro mezzo d’intrattenimento preferito viene messo quasi in ridicolo. Una storia d’amore che segue i più grandi cliché mai visti (la belloccia della classe che si innamora dello sfigato di turno), una trama abbozzata, una recitazione approssimativa e una cura ai dettagli inesistente: Game Therapy dimostra come il successo porti ad altro successo, ma non alla qualità: in un mondo in cui il cinema italiano viene sempre più bistrattato a favore delle pellicole hollywoodiane, ecco un altro esempio di come ognuno dovrebbe dedicarsi a ciò che è più portato, senza inserirsi forzatamente in mondi che non gli appartengono.

Senza nessuno spoiler, posso anticipare che il finale lascia ben intendere che ci sarà un sequel del film: anche in questo caso vincerà la voglia di monetizzare al massimo sfruttando il successo di questi ragazzi o le numerose e negative critiche che ha ricevuto Game Therapy porteranno alla rinuncia di questo progetto? D’altronde, come diceva un famoso Oracolo in un film a caso, “al mondo tutto quello che ha un inizio ha anche una fine“.

Condividi l'articolo
Videogiocatore da quando aveva 3 anni grazie ad un bel GameBoy rosso fiammante, si chiede ancora come facesse a quell'età a completare i giochi. Predilige i platform (soprattutto se come protagonista hanno un idraulico baffuto) e i giochi d'avventura (ma solo se il personaggio ha una tunica verde); diciamo che quel 23 settembre del 1889 avevano previsto la sua nascita, fondando quindi la Nintendo.