In questo 2021 in cui la nona generazione videoludica deve ancora realmente prendere il via, li ragazzi di Aquire hanno deciso di fare qualche passo indietro portando ai giorni nostri un prodotto praticamente inedito per il mercato occidentale. Akiba’s Trip: Hellbound & Debriefed è un classico per PSP che, come vedremo in questa recensione, è stato rimasterizzato per PlayStation 4, Nintendo Switch e PC per festeggiare il decimo anniversario del franchise. Sin da qui si dimostra che l’obbiettivo del prodotto è duplice: far conoscere a un nuovo pubblico un’opera relegata a un passato quasi dimenticato, e offrire un omaggio a quel capostipite che ha iniziato un vero e proprio franchise multimediale. Compiere queste operazioni non è per niente semplice, ma oggi siamo qui a parlarne per osservare se il duro lavoro degli sviluppatori ha offerto al meglio una nuova vita a questo beat’em up dall’appeal leggermente erotico.
Lettera d’amore ad Akihabara
Come abbiamo constato nell’anteprima di qualche settimana fa, la narrativa dell’opera non si vuole prendere assolutamente sul serio. Ambienta intorno agli inizi degli anni 10 del 2000, il protagonista è un giovane ragazzo che suo malgrado si ritrova all’interno di una segreta battaglia tra umani e dei particolari esseri che si fanno chiamare Shadow Souls. Questi ultimi sono una specie molto particolari di vampiri, che possono proteggersi dai raggi del sole attraverso i comuni vestiti che indossano. L’obbiettivo del nostro eroe è quindi quello di fermare questa misteriosa minaccia, anche se lungo la sua strada il tutto pare prendere una piega differente quando incontra un particolare gruppo e una ragazza.
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In generale la sceneggiatura si lascia seguire senza problemi, presentando personaggi stereotipati ma che possono riuscire a entrare nella simpatia del videogiocatore. Ovviamente non aspettatevi alcuna complessità narrativa, con il corretto approccio che risulta essere quello del divertimento attraverso le assurde situazioni e battute, che a volte rompono anche la quarta parete. Non ci troviamo di certo di fronte a un capolavoro della comicità, ma riesce nel suo compito lasciando ogni tanto qualche sorriso.
I filmati sono principalmente mostrati attraverso lo stile delle visual novel, ma alcune sequenze che sono state interamente animate. In queste parti si dimostra buono lo studio del character design di ogni singolo personaggio principale, riconoscibile sempre sia nell’aspetto sia nel carattere. I doppiaggi in inglese e giapponese si dimostrano di discreta fattura, sicuramente non eccezionali, ma funzionali.
Inoltre, con questa recensione confermiamo uno dei nostri pensieri preliminari su Akiba’s Trip: Hellbound & Debriefed, ovvero che sa a quale tipo di pubblico si riferisce. Al suo interno è evidente un un forte studio della cultura POP giapponese attraverso i termini utilizzati, lo stile in cui si presenta il mondo di gioco, certi modi di fare sia degli alleati che degli avversarsi e altre caratteristiche. Questa è una parte molto affascinante, perché riesce a creare una parodia della vera Akihabara offrendo comunque un omaggio per quello che rappresenta.
Una battaglia a corpo nudo
Fino ad ora abbiamo osservato alcune parti fondamentali che danno vita all’intera esperienza, ma non bisogna assolutamente sottovalutare il gameplay. Una volta che il giocatore prende il controllo del proprio eroe, si trova di fronte a un bet’em up ambientato nel già citato quartiere di Tokyo. La struttura ludica tenta così di offrire un buon equilibrio tra i dialoghi, combattimenti, minigiochi e la semplice esplorazione delle strade cittadine. Per poter sconfiggere i diversi avversari lungo il cammino bisogna svestirli, umani o vampiri che siano. Per raggiungere questo obbiettivo bisogna colpire i tre punti principali del corpo, ovvero la testa, il busto e le gambe. Il combat system riesce così a funzionare nella sua semplicità strutturale, ma risulta mal pensato nel suo insieme. Uno dei problemi presenti è la poca fluidità della meccanica, a causa di uno spostamento della telecamera e dell’agganciamento automatico che rischiano di mettere in difficoltà la visibilità delle situazioni. Quest’ultima si amplifica quando ci si trova in scontri con nemici multipli, in cui non si riesce ben a evidenziare l’obbiettivo che si ha intenzione di colpire. Certamente non aiuta l’inesistente sistema di combo, visto che ci si ritrova praticamente sempre a premere i soliti tre tasti in continuazione prima di poter spogliare l’avversario di turno. Insomma, le idee del combat system ci sono, ma i diversi problemi che lo compongono lo rendono divertente solo se giocato a sprazzi e tedioso in battaglie che durano più di due minuti. Gli sviluppatori hanno principalmente nell’appeal della loro idea, ma dalla sorpresa iniziale si passa a una routine, perdendo ogni sua efficacia. Per fortuna, la longevità è inferiore alle quindici ore, concludendo il tutto prima che la ripetitività generale surclassi il divertimento.
Al suo interno sono comunque inseriti degli elementi RPG rappresentati, in questo caso. Dagli oggetti, i vestiti e i livelli. Come facilmente comprensibile per gli esperti del genere, i primi servono per guadagnare qualche vantaggio, i secondi ci possono rendere più potenti, e gli ultimi aumentano automaticamente la potenza d’attacco. La loro inclusione non è assolutamente invasiva, anzi, aumentano la voglia di esplorare il mondo aumentando l’appagamento dell’utente. In particolar modo i vestiti risultano una delle parti più riuscite dell’intera esperienza: il loro funzionare come veri e propri indicatori di vita e la voglia di collezionarli creano un insieme che cerca di incuriosire il più possibile. Allo stesso modo anche le armi non sono assolutamente convenzionali.
Un giro turistico
In questa recensione abbiamo testato anche le missioni secondarie di Akiba’s Trip: Hellbound & Debriefed. Queste vogliono essere un modo simpatico sia per espandere ulteriormente il mondo di gioco e i personaggi che lo abitano, sia per guadagnare Yen più velocemente. Purtroppo queste missioni non funzionano completamente, diventando semplici attività. Un vero peccato, perché l’assurdità delle situazioni presentate potrebbe offrire compiti ben diversi da quelli della storia principale. Allo tempo stesso i minigiochi non sono così interessanti, dando quella curiosità iniziale per poi rischiare di essere completamente dimenticati dal giocatore. In generale si nota fortemente l’ispirazione alla famosa saga del drago di Dojima, purtroppo senza che Aquire sia riuscita a offrire quell’equilibrio e quel genere di cura. L’impegno comunque si vede, soprattutto considerando che questo è un prodotto originalmente pubblicato su PSP, eppure la sola presenza di idee e passione non possono garantire un prodotto solido.
Confermiamo comunque che l’impatto stilistico è un fattore estremamente riuscito dell’intera opera. Oltre al semplice e diretto character design dei personaggi, quello che sorprende è la ricreazione di Akihabara nei suoi vari dettagli. Il gioco originale ha spinto la portatile Sony del periodo per poter ricostruire accuratamente quelle vie, quelle città e l’enorme presenza della cultura POP giapponese presente. Una delle aggiunte di questa remastered sono proprio le descrizioni inserite nei vari caricamenti, che spiegano velocemente le varie ambientazioni presenti. Ci troviamo di fronte un vero e proprio tour digitale, che purtroppo è già stato superato dagli altri episodi del franchise come Akiba’s Trip Undead & Undressed o Akiba’s Beat. Essendo prodotti rilasciati originalmente su pittaforme più complesse, il livello di dettaglio presentato supera quello presente in questo primo episodio. In generale non è colpa del gioco, quanto del fatto che è un prodotto del suo tempo con tutti i limiti del caso. Simpatica comunque la funzione delle fotografie, qui implementata anche per poter distinguere gli esseri simili ai vampiri che si aggirano per le varie vie della città.
Dieci anni dopo
In questa recensione di Akiba’s Trip: Hellbound & Debriefed abbiamo constato come il gioco contenga passione e una certa ideologia, ma presenta purtroppo diversi problemi nella struttura. Qui in teoria la nostra analisi si potrebbe definire conclusa, se non fosse che bisogna parlare del lavoro di rimasterizzazione operato nel prodotto. Ci dispiace dirlo, ma stavolta è assolutamente insufficiente. A partire dai gravi cali di FPS nella versione per Switch da noi testata, texture delle ambientazioni e personaggi prese pari dall’originale, muri invisibili, modelli che si ripetono in continuazione e che compaiono dal nulla davanti al giocatore, possibilità di rimanere incastrati negli assalti tra i nemici, ambienti di gioco spogli o anche il fatto che i personaggi parlano senza muovere alcun muscolo della bocca. Certo, l’impegno per la localizzazione completa in inglese è sicuramente lodevole, ma a parte questo la nuova versione del prodotto non presenta lo stesso impegno di dieci anni fa.