Aer: Memories of Old – Recensione dell’indie di Daedalic Entertainment per Nintendo Switch

AER: Memories of Old è da poco debuttato su Nintendo Switch, offrendo ai giocatori un porting che, tuttavia, lascia un pochino a desiderare. Quale pensate che sia il nostro verdetto finale?

Valeria Girardi
Di Valeria Girardi Recensioni Lettura da 11 minuti
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Aer: Memories of Old

Sicuramente l’avrete già sentito nominare, se non addirittura già giocato, il titolo indie sviluppato dal team tedesco di Forgotten Key e pubblicato da Daedalic Entertainment nell’ottobre 2017: si tratta di
AER: Memories of Old, costato ben quattro anni di lavorazione e debuttato originariamente su PC. Da poco è però arrivato anche nel catalogo online di Nintendo Switch, tramite un porting pubblicato il 28 agosto appena passato e con un prezzo di 19,99 euro.

Un gioco, questo, che ai tempi del suo originario rilascio ha fatto parlare abbastanza positivamente di sé, pur ovviamente dando luce a qualche eccezione meno positiva nei suoi confronti – e  proprio in merito a ciò, vi segnaliamo la prima recensione dedicatagli pubblicata sul nostro sito. E a conti fatti, in effetti, la sufficienza la meriterebbe appieno, ma per quanto riguarda l’esperienza proposta nel 2019 su console firmata Nintendo, l’esperienza di gioco risulta essere, purtroppo, abbastanza avvilente. Ma, come sempre, procediamo con ordine.

Aer: Memories of Old

Un estetismo minimal, una gioia per gli occhi

Dopo il primissimo incontro con la schermata di caricamento iniziale e il menù, AER: Memories of Old ci si presenta puntando su di un’estetica che, senza farsi troppi problemi, ci rapisce al primo sguardo. Interessante la scelta stilistica che è stata regala alla grafica del gioco, così come è molto interessante, fruttuoso e ben riuscito – a mio avviso – l’escamotage di usare i modelli low poly per dare forma e vita ai personaggi, l’ambiente naturale e ogni qualsivoglia costruzione. Dalle nuvole ai funghetti, dai resti di antiche costruzioni agli animali, dai personaggi agli effetti speciali, tutto si basa su questa piacevole esasperazione di poligoni.

Anche il character design della giovane Auk, la protagonista che accompagniamo in giro (e in volo) per le terre sospese, risulta sicuramente ben riuscito, con quel mix di elementi fantasy e tribali che caratterizza la sua origine olistica, così a contatto con la natura e così dipendente dalle creature spirituali e divine che popolano, invisibili, il mondo che la circonda. Il fatto stesso che l’eroina possa trasformarsi in un’aquila, suo animale guida, diventa l’emblema per eccellenza di questo forte radicamento alle forze naturali, e il fatto che non le sia stato donato un volto vero e proprio, la rende forse molto più vicina a noi di quanto non crediamo, in un mondo (il suo, così come il nostro) in cui non si è più in grado di sognare.

Aer: Memories of Old Auk

Ad impreziosire un’estetica così minimal è indubbiamente quel sapiente uso di palette cromatiche incredibilmente piacevoli e sempre ben accostate, che caratterizzano ognuno dei luoghi nei quali planeremo dopo il volo o per i quali ci addentreremo in cerca di indizi. Le atmosfere e alcuni scorci paesaggistici che è possibile ammirare durante l’esperienza di gioco, infatti, diventano spesso una piccola gioia per gli occhi, e l’inserimento di graziosi animaletti di vario tipo, in ambienti più o meno desolati, risulta un’aggiunta più che apprezzata.

Le musiche, alla stregua dei colori, tendono a rendere il tutto molto rilassante, proponendoci composizioni strumentali che ricalcano una sorta di genere zen o meditativo, come se anch’esse volessero riprendere le frequenze della natura. Anche le (lunghe) sessioni di volo tendono a rendere il tutto abbastanza rilassante (dopo averci preso seriamente la mano, si intende), offrendoci sotto le nostre ali un mondo che possiamo solo contemplare, non dominare.

Aer: Memories of Old - volo

La fiaccola, il volo e l’esplorazione

Primo piccolo punto dolente del titolo, a mio avviso, è l’impianto narrativo. La storia, in effetti, non ricalca niente di particolarmente originale che non si sia già visto, letto o sentito: rimane senz’altro interessante, a modo suo, ma anche poco motivante al completamento di un gioco che, in pratica, offre poche esperienze realmente movimentate al giocatore. L’unico pizzico di “difficoltà” in più è in effetti regalato dai (pochi) livelli platform nei quali ci si imbatte di tanto in tanto, ma al di fuori di essi, l’unico “scopo” vero e proprio rimane quello di portare a compimento il pellegrinaggio della giovane protagonista. Ed è su questo, in effetti, che punta maggiormente il titolo a livello di gameplay: su di un viaggio volto alla mera esplorazione.

Proiettando la protagonista e il giocatore in un mondo che è (o dovrebbe essere) liberamente percorribile, sorvolabile ed esplorabile, il sistema open world di AER: Memories of Old prende in questo senso il sopravvento su molti aspetti, forse volutamente trascurati, del titolo. Il pellegrinaggio va compiuto librandosi per le isole sollevate nel cielo, scandagliato dall’uso di una misteriosa fiaccola magica, e va portato a termine ripercorrendo per filo e per segno la storia degli avi e degli eventi che hanno condotto il popolo al presente nel quale sono immersi. Con un impianto favolistico che vuole raccontare, oltre che mostrare – e non vivere, però – le storie e le ultime vicissitudini di un popolo dalle tradizioni antichissime spazzato via da una forza catastrofica.

In buona sostanza, al di là degli indizi da scoprire qua e là, da testi frammentati da riunire e da leggere, da sprazzi di platform da risolvere, e oltre a qualche piccolo incidente di percorso dato magari da manovre sbagliate durante i voli, nulla di realmente accattivante e stimolante spinge il giocatore a portare a termine l’avventura con reale passione. E io, in effetti, mi sono dovuta sforzare.

Aer: Memories of Old - fiaccola e spiriti

I difetti tecnici del gioco

Arriva dunque il vero punto dolente del titolo; anzi, per la precisione, sono tre i punti dolenti del titolo. Anzitutto, i tediosissimi e frequentissimi bug. Non è per niente insolito, infatti, imbattersi in difettucci del genere mentre si esplora per il mondo – basti pensare che il primo bug sono riuscita ad incontrarlo dopo appena due minuti di avviamento del titolo, facendomi così incastrare il personaggio di Auk tra una lastra da leggere e un macigno situato nelle sue vicinanze, e quasi a volermi dare un caloroso benvenuto.

Frequenti, dicevo, sono quindi i bug che rovinano l’esperienza di gioco, andando ad evidenziare trascuratezze che potevano essere quanto meno ridotte, se non del tutto evitate.  Durante la scarna manciata di ore di gioco, capita spesso di notare evidenti errori di compenetrazione con oggetti e animali, parti di mondo non perfettamente “incollate” tra loro – ergo, è possibile vedere attraverso alcune pareti o rocce, o addirittura attraverso il volto appena accennato dell’eroina – e l’incepparsi di Auk in posti quantomeno impensabili.

Secondo, i caricamenti incomprensibilmente lunghi, che tendono di fatto a rendere l’open world molto meno open e a regalare un’esperienza di gioco che, più che rilassante, diventa a dir la verità abbastanza noiosa. Ogni volta che si “muore” – perché caduti durante una sessione di volo piuttosto maldestra, o per essersi avvicinati troppo ai “confini” del mondo – o tutte le volte che ci si addentra in zone della mappa particolari, come ad esempio grotte o templi, si assiste a una schermata nera di diversi interminabili secondi che ci avvisa del loading in corso. Un pochino seccante, alla lunga, soprattutto per un gioco in cui l’esplorazione è sostanzialmente il focus centrale dell’esperienza di gioco.

Come si comporta su Nintendo Switch

Il terzo grave punto, infine, è costituito da tutta una serie di cali di frame molto evidenti, e affatto saltuari, riscontrabili fin dal primissimo avvio del titolo. In modalità docked il problema sembra essere meno invalidante, ma in portatile i cali risultano più persistenti, e avvengono anche in momenti in cui, di fatto, nulla sta accadendo sulla scena. Tali cali di frame diventano però seccanti quando sussistono durante le già poche occasioni di reale vivacità dell’esperienza di gioco, ovvero in concomitanza delle sessioni puzzle nei livelli platform. AER: Memories of Old riesce stranamente ad offrire diversi inceppamenti quindi, visibili anche nei momenti di caricamento delle mappe, e ascoltabili anche a causa di qualche piccola, brevissima interruzione della musica di accompagnamento del nostro pellegrinaggio di luce.

La batteria, inoltre, sembra non durare tantissimo quando si affronta AER in modalità portatile. Una volta avviato il gioco a carica completa, infatti, bastano poco più di due ore per dover ricorrere alla presa elettrica per l’ennesima volta – il che lascia abbastanza riflettere, data la relativa poca pressione che un titolo del genere dovrebbe fare sulla console di Nintendo. Inoltre, né il giroscopio, né i sensori di movimento, né l’HD di Rumble sono stati implementati per tale versione. Il che, in realtà, si aggiunge purtroppo ai punti a sfavore del titolo, dato che nelle sessioni di volo sarebbe stato interessante poter correggere il tiro delle proprie rotte aeree in maniera molto meno “meccanica” e sicuramente più efficace.

Aer: Memories of Old
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Voto 5
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Amante della musica, della scrittura e della lettura, ha una gatta nera che le fa compagnia. Tra i suoi hobby, videogames e fumetti, con i quali evade dal mondo sintetico e monotono della quotidianità.