I momenti e i posti sbagliati sono gli elementi che riescono a creare le storie migliori. Se questi “momenti” sbagliati sono anche delle linee temporali diverse che non fanno altro che sballottarvi tra istanti passati e futuri (alternativi?), allora ci sono le basi per creare o un confuso polpettone di eventi, o un perfetto intreccio narrativo. Oxenfree II: Lost Signals, che analizziamo in recensione, è molto vicino alla seconda alternativa.
I ragazzi di Night School Studio anche stavolta hanno deciso di tormentarci con salti temporali e inquietanti visioni, con il seguito diretto del gioco del 2016 che all’epoca riscosse un certo successo fra gli amanti delle avventure grafiche indie e non. Oxenfree era una nuova proposta che strizzava l’occhio ai teen horror anni ’80 (anche per cavalcare innocentemente l’onda di Stranger Things) e che aveva i dialoghi e le scelte annesse come fulcro centrale del gioco. Questo secondo capitolo non impallidisce accanto al suo predecessore, anzi riesce a distinguersi anche grazie a una serie di piccole nuove meccaniche che non snaturano in nessun modo l’essenza del gioco. Ma direi di procedere con ordine.
Segnali dal futuro (o dal passato?)
Forse siete fra quelli che sono riusciti a far guadagnare, nel capitolo precedente, un po’ di serenità ad Alex e ai suoi amici, o magari le vostre scelte vi hanno portato a un finale più nefasto e dalle sfumature decisamente inquietanti. In ogni caso, stavolta dovrete mettere da parte il vostro affetto per i vecchi protagonisti e cercare di fare amicizia con la ricercatrice naturalista Riley Poverly e il suo collega Jacob Summers.
Siamo a Camena, luogo che potrebbe già suonarvi familiare in quanto paese natale della protagonista del primo capitolo, Alex. Dopo un’inquietante sequenza iniziale, che sembra voler confermare i toni ancor più cupi di questa nuova avventura, incontriamo Riley. Lei è a Camena per indagare su una serie di segnali radio sospetti che stanno creando dei disturbi ad alcune apparecchiature. Guidata dalla voce di Evelyn (che fungerà anche da tutorial), troverà Jacob, suo aiutante ed ex compagno di scuola, e si recherà sul luogo dove è avvenuto il piccolo inconveniente. Scoprirà presto che queste strane frequenze sono collegate a Edwards Island, un’isola poco lontana da Camena in cui cinque anni prima sono avvenuti degli eventi definiti da alcuni come paranormali.
Riley verrà subito sballottata in varie linee temporali che la metteranno in contatto con alcuni dolorosi eventi del suo passato, gente apparentemente sconosciuta, e un culto misterioso chiamato Ascendenza. Riley sembra aver rotto le uova nel paniere di qualcuno e molto probabilmente dovrà pagarne le conseguenze, o cercare di uscirne tutta intera insieme a Jacob, cercando di preservare anche la sua sanità mentale.
Piccole ma significative aggiunte
Sappiamo che si tratta di un titolo molto story-driven, dove l’azione vera e propria è quasi un elemento marginale e le scelte di dialogo sono la colonna portante del gioco. Anche in questo caso, la storia si plasmerà sulle vostre scelte e i vostri “errori”, che potrebbero costarvi molto caro. Come nel primo capitolo, anche il silenzio può essere un’opzione valida, anche perché contribuisce ad appesantire ulteriormente l’aria e a mettere in difficoltà chi vi sta intorno.
Ricordiamoci che non siamo alle prese con un gruppo di adolescenti intenti a campeggiare, ma con due personaggi esperti e molto meno goffi nelle fasi di esplorazione e arrampicata. Quando vi arrampicherete con Riley sentirete una leggera differenza, perché la ragazza trova tutti gli appigli e viene su come un camoscio (chi becca la citazione avrà un sushi offerto ndr). Un piccolo ma significativo particolare che vi lascio qui.
Avremo con noi la nostra fidata radio, elemento fondamentale che ci aiuterà a svolgere le nostre indagini e a stabilire un vero e proprio contatto con le entità che incontreremo durante il nostro cammino. Potrete esplorare le frequenze in qualsiasi momento, così da poter scoprire anche solo dei piccoli indizi che potrebbero essere molto importanti per comprendere la situazione. Sarà ovviamente utile per sbloccare alcuni enigmi insieme a una serie di calcolatori che potremmo trovare, letteralmente, in mezzo a i vari percorsi. In questo caso gli enigmi sono molto semplici e di base consistono nel far combaciare dei prismi colorati, niente di troppo cervellotico, ma aiuta a spezzare le varie fasi di dialogo e camminata.
Una piccola novità riguarda il walkie-talkie, tramite il quale riceverete un breve tutorial dalla vostra guida Evelyn che suo malgrado si troverà coinvolta in questa bizzarra storia. Potrete scegliere le varie frequenze e mettervi in contatto con i vari personaggi, svelare misteri o scegliere di ignorare le chiamate, con tutte le conseguenze del caso. Questo nuovo elemento è un’ottima aggiunta che vi permetterà di esplorare la mitologia di Oxenfree, di approfondire informazioni e scoprire anche dei dettagli in più su eventi già affrontati durante il primo capitolo.
Giocare con l’uncanny valley
Oxenfree II: Lost Signals non è semplicemente una storia dalle tinte horror e mystery, ma qualcosa che si muove nella sfera del perturbante, quello che viene definito uncanny valley. Le ambientazioni sembrano normali e familiari, ma c’è quella vena sinistra che le rende inquietanti, tanto da risultare quasi disturbanti.
Una frequenza un po’ distorta, una voce un po’ troppo bassa o un’ambientazione un po’ troppo colorata e serena possono suscitare alcuni brividi in chi gioca. Rispetto al capitolo precedente, l’impronta da teen drama è leggermente meno evidente, lasciando così spazio a personaggi più “adulti” senza nulla togliere ad Alex e compagnia. Gli omaggi a Twin Peaks e Stranger Things sono evidenti, ma Oxenfree II: Lost Signals ha personalità da vendere. Vi catturerà sin dai primi minuti di gameplay e se amate i colpi di scena sicuramente non rimarrete a bocca asciutta.