L’opera dei ragazzi di Paintbucket Games è alquanto originale e coraggiosa, per il modo in cui viene affrontato di petto il tema dell’ascesa di Hitler. Il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler diviene cancelliere. Per molti è una grande vittoria per la Germania che ancora accusa l’esito nefasto post Prima Guerra Mondiale, mentre per altri, un piccolo manipolo di persone, è l’inizio di un periodo oscuro.
Alla guida di un gruppo di ribelli, Thtough the Darkest of Times ci farà vivere l’ascesa e la caduta del Terzo Reich, con il semplicistico scopo di creare una fitta e pericolosa rete di ribellione all’interno della Germania nazista e al tempo stesso, concetto semplice ma assai difficile in quei tempi, resistere e rimanere in vita.
Tramite il nostro alter ego modellabile da un editor con limitate scelte estetiche – futili al fine del gameplay dato che si tratta di uno strategico, ma apprezzabile lo sforzo di creare un feeling di immedesimazione – dovremo operare in incognito, reclutare nuovo personale, aiutare i primi perseguitati ebrei e fortificare la resistenza.
La Speranza
C’è un aspetto particolare di Through the Darkest of Times che si palesa sin dalle primissime battute e che abbiamo trovato assai affascinante: l’ambientazione. Per quanto tutto lo stile grafico si limiti a diverse schermate disegnate e colorate con un tratto ben distinto (il nero e il rosso saranno opprimenti), nel momento di “pausa” saremo all’interno del nostro piccolo Quartier Generale, cartina di Berlino sul tavolo, radio accesa sugli ultimi notiziari e una sequela di quotidiani che scandiranno gli eventi dei giorni dell’ascesa del Nazismo. I rumori che si sentono sono soffocati, distorti, registrati in un studio con grande cura, cosa che farà felice i feticisti dell’audio e di qualsiasi effetto sonoro. La radio che cambia frequenza e le interferenze sorde restituiscono una forte sensazione di oppressione che si attacca sulla pelle sin dalle primissime battute. Quando poi alla fine di ogni turno di gioco si tornerà nel QG, saremo sempre assaliti dalla paura dell’arrivo di nuove e temibili informazioni dal mondo, come la cattura o l’uccisione di uno dei nostri membri o, perché no, gli stessi che scappano via per un crollo di nervi o motivazioni personali.
Ma passiamo al titolo vero e proprio: Through the Darkest of Times si presenta come uno strategico essenziale nella formula proposta: arruolati i pochi membri a disposizione, ognuno con relative caratteristiche e punti abilità (intelligenza, forza, abilità oratoria e via di questo genere), nella grande mappa di Berlino e non, avremo dei punti strategici su cui operare e investire risorse umane. Ognuno di questi punti avrà un grado di difficoltà, che al massimo dell’esposizione vuol dire aumentare la possibilità che la missione fallisca e venire catturati/uccisi dalla milizia nazista.
Motivo per cui ogni turno deve essere ben pensato e ragionato: siamo la resistenza, il denaro è poco, i consensi altrettanti e nessuno vuole sacrificare la propria vita per mettersi contro una forza politica e militare che nel mondo sta ottenendo vittorie su vittorie.
Per creare dunque questa fitta e invisibile rete di resistenza dovremo affrontare diverse quest, tra cui parlare in pubblico, fare volantinaggio anti regime abusivo, reclutare nuove leve, ottenere medicinali, armi e cibo, insomma niente di diverso da quello che abbiamo sempre letto o saputo delle forti operazioni ribelli nella storia, come nelle storie di fantasia.
Alla fine di ogni turno capiterà di assistere ad eventi particolari, dove girando per la città incroceremo la milizia picchiare i primi ebrei indifesi, appiccare roghi di libri, fomentare odio e creare barricate nella città.
Davanti queste situazione, saremo chiamati in causa per agire direttamente o non, tramite risposte a scelta multipla dove potremo essenzialmente o affrontare di petto le forze del Terzo Reich, rischiando la reclusione e la perdita di punti stima importantissimi per il morale della resistenza, o passare inosservati da lontano con basso profilo, e continuare la nostra missione. Tutto questo, come sopraccitato, avviene tramite delle scelte dirette che anche nel caso di affronto diretto, con buona astuzia, potremmo facilmente raggirare con la giusta risposta. Un esempio può essere un evento dove la milizia, nel pieno di un pestaggio di un anziano ebreo, può essere interrotta da un nostro intervento e con la giusta arte oratoria, distrarre i soldati lasciando il tempo al povero malcapitato di scappare dalla scena.
Questo stesso senso di oppressione quotidiana è data proprio da questi piccoli intermezzi, dove le schermate disegnano e raccontano l’espandersi a macchia d’olio di una violenza, un’oscurità inimmaginabile, talvolta senza l’aiuto del testo e accompagnando un particolare momento solo con la musica giusta.
Ma è nei momenti dove bisogna attivamente mentire che Through the Darkest of Times vince a mani basse la scommessa: davanti alcuni roghi siamo costretti a gettare libri. Altra scelta non c’è, bisogna mentire e mostrarsi fedeli al regime pur di mantenere viva la speranza, mentre in altre occasioni siamo costretti a premere la scelta del saluto nazista al posto di blocco per evitare problemi. Nel momento in cui premiamo quella scelta, siamo estremamente consapevoli quanto disgustati nel farlo, la sopravvivenza che si mescola alla necessità di continuare con la propria silenziosa battaglia. In questi piccoli e particolari momenti, nel pieno delle limitazioni tecniche e di contenuti – che dopo una manciata di ore cominceranno ad essere ripetitivi – il titolo restituisce una forte componente morale e didattica.