Dopo essere stata annunciata e poi mostrata ufficialmente durante l’estate di quest’anno, la serie Netflix The Witcher è finalmente approdata sulla grande piattaforma di distribuzione digitale. Con ben 8 episodi dalla durata di un’ora l’uno circa, il titolo sta venendo piuttosto apprezzato da chi si accinge alla visione di quest’ultimo, che risulta essere ovviamente gratuita per gli abbonati al servizio. La società ha investito molto nella realizzazione del live-action, riuscendo a fare indiscutibilmente un lavoro egregio, almeno a livello tecnico. Nel caso in cui siate interessati a saperne di più, vi rimandiamo alla nostra recensione di The Witcher.
Abbiamo tra le mani un riadattamento, che ha come obiettivo principale il riportare in auge, sotto però un’ottica completamente diversa, l’universo narrativo che vede l’iconico strigo Geralt come protagonista. Avendo creato originariamente attraverso diversi libri pubblicati negli anni 90 l’universo di The Witcher, lo scrittore Andrzej Sapkowski è riuscito a narrare egregiamente una storia sopravvissuta fino ad oggi, grazie anche all’aiuto del medium videoludico. Nel 2007 l’ormai famosissima software house CD Projekt Red portò infatti sugli scaffali il primo episodio dei videogiochi di The Witcher, ottenendo un discreto successo. La vera impennata di questo franchise è però riscontrabile puntando l’occhio sul terzo episodio della serie: The Witcher 3: Wild Hunt. Questo ha infatti sconvolto interamente il mercato per le qualità intrinseche presentate e per dei DLC a dir poco fuori dal comune – nonostante presentasse alcune incertezze legate all’input lag e ad un combat system non pienamente all’altezza delle aspettative.
Dopo aver analizzato l’intera serie Netflix abbiamo raggruppato le maggiori differenze e curiosità che la distinguono dalla sua controparte ludica, e siamo qui per parlarvene. Suggeriamo inoltre a chi ha potuto fruire ed apprezzare solamente uno dei due prodotti, di guardare con un certo interesse anche la versione “opposta”. Prima di proseguire con la lettura ci teniamo a ricordarvi che il seguente testo contiene spoiler, divisi in maggiori e minori, sui riadattamenti di The Witcher targati Netflix e CD Projekt Red.
Stesso The Witcher, ma più vario
Il nuovo arrivato nel catalogo di Netflix si configura sin da subito come un riadattamento a serie, che è ben diverso dalla definizione di porting. Che si sia d’accordo con quest’idea o meno, bisogna considerare che molte scelte legate alla trama e ai personaggi sono state prese appositamente andando “controcorrente” rispetto ai particolari più strettamente canonici. Ciononostante è sicuramente degno di nota il fatto che l’autore originale Andrzej Sapkowski sia stato a stretto contatto con la showrunner Lauren Schmidt Hissrich durante le riprese di The Witcher, proprio per assicurarsi una rivisitazione quantomeno rispettosa dei momenti più cruciali della trama e delle varie scelte prese nel corso della produzione.
Senza scavare troppo a fondo, il primo dettaglio che salta all’occhio è la presenza di diversi attori di colore nel cast di The Witcher. Generalmente potrebbe sembrare una caratteristica alquanto comune, che ormai quasi tutte le produzioni danno per scontata, ma molti utenti hanno storto il naso a riguardo – specialmente quando gli autori valutarono un’attrice nera per il ruolo della principessa Cirille. Bisogna considerare che le origini di questo franchise sono al 100% polacche, e che in Polonia circa il 97% degli individui ha la pelle bianca. Proprio per questo sia nei videogiochi che nei libri, la presenza di persone nere non viene presa neanche in considerazione.
Essendo la serie Netflix una rivisitazione, questo standard può essere ampiamente bypassato, considerando anche che il mondo di The Witcher è ben diverso dal nostro già a partire dalla sua conformazione. Anche se il design generale di diversi personaggi è quindi stato alterato, nella produzione un particolare occhio è stato prestato alla caratterizzazione, che vuol’essere invece il più fedele possibile ai libri di Sapkowski. Nelle varie scene trovarsi davanti ad individui di varie etnie è in realtà piacevole, e questa scelta per il cast si mostra quindi come ben ponderata ed implementata… quasi sempre. Nonostante infatti alcuni design iconici come quello di Geralt, Cirille e Yennefer (anche se i suoi portali sono molto meno vistosi) siano stati rispettati con estrema fedeltà… non si può dire lo stesso per la maga Triss Merigold.
Variazioni per i personaggi di The Witcher
La maga particolarmente pallida, con i capelli color scarlatto che l’avevano sempre contraddistinta nelle vicende dei videogiochi, ha lasciato il posto ad un’attrice ben diversa da quest’immagine, che non è stata fortemente apprezzata da chi ha amato la Triss targata CD Projekt Red, e da chi l’ha inoltre scelta come partner mettendo da parte Yennefer. Rifacendosi proprio a questo è infatti facile far caso al fatto che nella serie – almeno per quel che concerne la prima stagione mostrata – Geralt non considera neanche Triss Merigold come propria compagna, in quanto viene subito stregato da Yennefer.
Tra i personaggi strettamente collegati alla trama troviamo anche Dandelion, che ha ricevuto anch’esso moltissime rivisitazioni. Già partendo dal nome si scopre subito che il tipico menestrello ha il nome di Jaskier, traduzione polacca di Dandelion. Per il resto troviamo il classico ragazzo sempre incline ad infilarsi in mezzo ai guai, mentre è intento a comporre qualche melodia per tirare su un gruzzoletto. Ciononostante il suo aspetto è meno stravagante e colorato, e Jaskier è molto più attaccato a Geralt (contro la sua volontà) mentre lo strigo svolge il suo lavoro.
Parlando di quest’ultimo invece si nota come alcuni lati del suo carattere siano stati cambiati e forse addolciti. Il design impersonato da Henry Cavill è senza dubbio ben rispecchiato e realizzato, e l’attore riesce ad interpretare al meglio il difficilissimo Geralt di Rivia. Ciononostante il personaggio risulta essere un po’ diverso dai classici canoni, per vari motivi. È apprezzabile come la produzione Netflix abbia deciso di evidenziare la sua estrema neutralità, onnipresente quando si tratta di schierarsi da una qualunque parte, ma anche il suo evitare di uccidere i mostri finché non è strettamente necessario è stato tra le altre cose ben approfondito. In linea di massima però, come personaggio che non dovrebbe essere in grado di provare sentimenti Geralt è stato particolarmente addolcito, come si può notare in alcune occasioni non troppo sporadiche.
Transizione tra medium
La vere differenze di base – che riescono a distinguere fortemente la riproposizione dell’universo di The Witcher di Netflix da quella targata CD Projekt Red – risiedono principalmente nella differenza di medium. Il passaggio che avviene tra quando si gioca con una periferica tra le mani e quando si è nel proprio salottino a guardare le immagini che scorrono in autonomia è sicuramente ovvia, ma questa non si delimita tanto al modo in cui l’opera viene fruita, quanto ai contenuti presenti all’interno di quest’ultima. Uno dei principali difetti che chi ha giocato The Witcher 3: Wild Hunt ed i capitoli precedenti ha riscontrato, risiede proprio nel combat system. Questo era infatti piuttosto semplificato, con hitbox e finestre temporali piuttosto permissive e le possibilità spesso troppo marcate di cavarsela in uno scontro. I game over ridotti sempre all’osso risiedevano però anche nella possibilità d’ingaggiare e condurre gli scontri a proprio piacimento, con l’essenza di GDR del gioco che veniva consacrata da quest’ultimi. Un’infinità di pozioni, oggetti e reagenti, non c’era certamente poca scelta d’azione ed anche i segni che hanno caratterizzato tutte le opere dello strigo non erano sicuramente da meno.
Nella serie Netflix ovviamente tutto questo viene a mancare, in quanto le scelte sono state già prese per noi. Ciononostante i creatori di The Witcher hanno cercato di assottigliare questo distacco nel miglior modo possibile, attraverso una qualità realizzativa fuori dal comune. Gli scontri, anche se abbastanza risicati, sono particolarmente memorabili e vanno quasi a far dimenticare quelli che abbiamo vissuto nei videogiochi. Con movimenti di regia sensazionali ed effetti speciali sicuramente molto curati, quello che era possibile fare per rispettare il personaggio di Geralt è stato fatto. Purtroppo i segni sono stati anch’essi poco presenti e salvo qualche Aard ed un tentato Axii nient’altro è stato mostrato, almeno nella prima serie di episodi. La distillazione di pozioni non è stata anch’essa particolarmente menzionata tra le competenze di Geralt, anche se lo strigo si troverà in delle occasioni ad avere a che fare con queste. È possibile inoltre notare, lasciando stare i momenti di combattimento adrenalinici già citati, come alcune abitudini del WItcher risultino essere leggermente diverse. Geralt non viene mai infatti avvistato con due spade com’è suo solito nel gioco, proprio perché salvo occasioni speciali porta con sé sempre quella di metallo lasciando al suo fidato cavallo Rutillia l’arma di argento. Questa scelta viene giustificata dal fatto che l’argento è un minerale prezioso ed i problemi del Witcher sono già molti… figuriamoci se qualche bandito decidesse di attaccare briga tentando di rubarla! Ciononostante le spade di argento sono efficaci esclusivamente contro i mostri anche nella serie, ed il dilemma su quale scegliere non è quindi sparito, semplicemente è stato sapientemente nascosto.
Quello che poi ci si chiede spesso avendo a che fare con i vari episodi è se il criterio con il quale tutte le scelte sono state ponderate sia stato valido. Se ci pensiamo, una delle caratteristiche che ha reso popolari le avventure dello strigo era proprio la libertà di azione e di comportamento, con decisioni in grado di distruggere o salvare intere popolazioni. Queste poi risultavano spesso necessarie anche per delineare il carattere del protagonista, che da completamente apatico risultava alla fine delle vicende molto simile a come noi avremmo voluto che fosse, specialmente con il finale che riusciva a rispecchiare tutto ciò.
L’ultima grande differenza che teniamo a sottolineare risiede infine nella mappa del continente: questa non è stata mai realmente disegnata dallo scritto Andrzej Sapkowski, al contrario ad esempio dall’autore di Tolkien che partì proprio dalla creazione di una cartina. I continenti visti nel gioco non sono inoltre fedelmente rappresentati, dato anche che questi sono adattati per esigenze ludiche, e la serie ha deciso in un certo senso di fare lo stesso. Nella realizzazione infatti gli autori di Netflix hanno preso spunto in parte da quella di Cd Projekt Red ed in parte da quella narrata nei libri. Così facendo un connubio che possa sembrare accettabile ed ottimale per le registrazioni è stato creato, ed il lavoro svolto risulta essere anch’esso ben realizzato.
The Witcher: lo guardo o non lo guardo?
Come anche detto nella nostra recensione, nonostante questa serie risulti essere per certi versi mediocre, è sicuramente un prodotto più che buono. La qualità realizzativa e le scelte prese in ambiente di sviluppo hanno permesso di far arrivare sul catalogo di Netflix un prodotto ben confezionato ed indubbiamente apprezzabile. Ciononostante vi consigliamo di non soffermarvi troppo su quanto di diverso avrete potuto amare nei videogiochi e nei libri, e di rassegnarvi al fatto che non avete a che fare con un medium dove delle scelte di qualunque tipo possono essere prese. Se avete amato le avventure di Geralt sotto un’altra forma però, rimarrete quantomeno soddisfatti anche se forse non pienamente appagati.
Per chi invece ha visto la serie e non ha mai toccato con mano uno dei tre titoli principali di CD Projekt Red… beh che state aspettando? Se quest’avventura vi è piaciuta anche solamente un poco non potete far altro che buttarvi nuovamente in quest’universo narrativo con le vostre console ed i vostri PC. Così facendo vivrete moltissime nuove avventure con Geralt – che sarete voi stessi a comandare – e vi renderete conto che i videogiochi riescono più facilmente a dar valore a quest’ultime. Ci teniamo inoltre a ricordarvi che The Witcher 3 sarà presto disponibile su Xbox Game Pass, che potrebbe essere il modo migliore per mettere le mani sull’opera.