Nel corso degli ultimi anni siamo sempre stati più abituati a produzioni cinematografiche uscite sul piccolo e sul grande schermo prodotte e dirette da persone di colore, alcune delle quali hanno pensato a come utilizzare il genere horror per trasmettere agli spettatori il proprio messaggio personale. Basti pensare a quello che Jordan Peele, regista di Scappa – Get Out (2017) e Us – Noi (2017) è riuscito a fare, raccontando storie terrificanti e suggestive che gettano le basi sull’odio, sulla frustrazione e sulla discriminazione razziale. Con Them, il regista e produttore esecutivo Little Marvin cavalca il successo degli “horror sociali”, trasportandoci nella tesa atmosfera del North Carolina degli anni ’50, e del modo in cui una famiglia afroamericana avrà davvero molte difficoltà nel riuscire ad ambientarsi in uno dei classici quartieri residenziali che rappresentano il Paradiso Americano. Ecco la nostra recensione di Them, la serie composta da 10 episodi, dalla durata di circa 50 minuti circa, disponibile sulla piattaforma streaming Amazon Prime Video dal 9 aprile 2021
Them: Benvenuti a Compton, California
Them si apre offrendoci un interessante sguardo al contesto storico del periodo in cui è ambientata. Tra il 1916 e il 1970, circa sei milioni di afroamericani si sono spostati dal sud rurale degli Stati Uniti nel Nord-Est, nel Midwest e a Ovest, in un processo noto come Grande Migrazione, che ha consentito a tantissime famiglie di colore di andare a vivere in California per trovare lavoro e per cercare di lasciarsi alle spalle il Sud delle leggi di Jim Crow, emanate tra il 1877 e il 1964 per creare e per mantenere la segregazione razziale per i neri americani e per i membri di altre minoranze diverse dai bianchi.
Tra le numerose famiglie arrivate in California alla ricerca di una vita migliore possiamo trovare anche Henry (Ashley Thomas) e Livia “Lucky” Emory (Deborah Ayorinde), che, insieme alle loro figlie Ruby (Shahadi Wright Joseph) e Gracie (Melody Hurd), sono pronti a lasciarsi alle spalle il loro passato difficile. La famiglia ha sete di tutto ciò che questa nuova vita potrebbe offrirgli, ma il loro ottimismo e la loro speranza verranno scossi molto presto dalla riluttanza dei vicini di casa che, capitanati da Betty Wendell (Alison Pill), daranno immediatamente il via ad una violenta campagna d’odio contro gli Emory nel tentativo di allontanarli.
Mentre Rubie e Gracie avranno difficoltà ad integrarsi a scuola e con i rispettivi compagni di classe a causa dell’incessante razzismo di cui sono vittime, Henry si troverà costretto a convivere con la discriminazione sul posto di lavoro, che ancora non riesce ad accettare il fatto che una persona nera possa essere un brillante ingegnere. Rinchiusa nelle mura della sua casa a causa del timore di ciò che la aspetta fuori, Livia sarà costretta a subire in silenzio i soprusi e le continue violenze dei suoi vicini di casa, che metteranno a dura prova la sua sanità mentale a causa di un tragico evento che qualche anno prima ha sconvolto la vita dei componenti della famiglia.
Senza scendere troppo nei dettagli della trama all’interno di questa recensione, Them è composta da dieci episodi (che corrispondono ai primi dieci giorni nella loro nuova casa) che ci mostrano un climax costante di ansia, pressione e disagio. Il tutto è possibile grazie al bilanciamento quasi perfetto delle vicende della famiglia, tra il pubblico e il privato, le tensioni interne e il mondo esterno, il mito della sicurezza in America e gli strani avvenimenti che andranno ulteriormente a scuotere l’equilibrio già molto precario degli Emory. Infatti, oltre alla costante discriminazione razziale, quest’ultimi saranno vittima di numerosi eventi inspiegabili, che renderanno il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è sempre meno evidente.
Una critica sociale tra sangue, blackface e torte di mele
Them si presenta quindi come un prodotto estremamente interessante e ben riuscito, capace di cogliere il peggio della società americana e di mostrarci l’incubo dell’odio e della discriminazione razziale, usando sapientemente tutte le componenti tipiche degli horror per trasmettere in maniera più forte e d’impatto l’importante messaggio che l’autore vuole trasmettere. Gli elementi sono veramente tanti, e oscillano costantemente tra l’incubo di quello che un essere umano può arrivare a compiere per difendere i propri ideali e proteggere la propria famiglia al misterioso terrore che può nascondersi negli angoli più bui del proprio seminterrato.
Nonostante alcuni momenti più lenti e decisamente pesanti da digerire, che per non rovinarvi la visione eviteremo di analizzare nel dettaglio in recensione, Them riesce a raggiungere in maniera precisa e tempestiva il suo obiettivo principale, accompagnandoci in un’atmosfera estremamente tesa, dove tutto può sfociare nel terrore e nella violenza fisica e psicologica da un momento all’altro. Ad arricchire ulteriormente la suggestiva atmosfera di Compton ci sono una regia frenetica e sperimentale, in grado di catturare in tutto il suo splendore la magia artificiale che caratterizza i quartieri residenziali degli anni ‘50. Anche la musica funziona perfettamente, e riesce ad accompagnare perfettamente la narrativa densa di temi e di vicende. (La versione strumentale e in linea con i tempi di The Next Episode di Dr. Dre e Snoop Dogg, ad esempio, è la ciliegina sulla torta.)
Them segue la scia degli “horror sociali” che, nel corso degli ultimi anni, sono stati utilizzati da sempre più registi per trasmettere al proprio pubblico un messaggio attraverso le dinamiche e gli elementi tipici dei film dell’orrore. Anche se è ambientata negli anni ‘50, il messaggio è ancora estremamente attuale, e richiama gli eventi che hanno scosso l’America nel corso di questi anni, soprattutto nel corso del 2020. A tal proposito il richiamo a Jordan Peele è evidente in alcune sequenze narrative, ma Little Marvin riesce a mantenere sempre un proprio stile narrativo chiaro e personale.
Come vi abbiamo già anticipato all’interno di questa recensione, Them si rivela quindi un prodotto estremamente convincente che, nonostante alcuni piccoli difetti narrativi e stilistici, riesce ad offrirci un’esperienza estremamente immersiva e accattivante, in cui i personaggi principali riescono a convivere e a raccontare efficacemente le loro storie. In un mondo che ancora oggi viene scosso dall’odio e dalle discriminazioni razziali, la serie cerca di trasmettere un messaggio chiaro e trasparente, utilizzando gli espedienti tipici degli horror contemporanei per enfatizzare il messaggio, sorprendendo lo spettatore in più di un’occasione. La paura, l’ansia e il disagio non si nascondono solo negli angoli più bui della propria casa, ma anche e soprattutto nella mente e negli ideali delle altre persone, dei generici “loro” che si prestano come titolo della serie.