Nel corso di questi anni una serie in particolare ha conquistato l’attenzione dei fruitori di Netflix, riuscendo a scavarsi silenziosamente un piccolo spazio all’interno di una nicchia che ancora oggi è alla ricerca di maggiori dettagli in merito. Adesso che arriva con una terza stagione, The Umbrella Academy 3, serie di cui oggi andremo a parlare nella nostra recensione, l’attenzione generale risulta ancora più concentrata rispetto al passato.
La trama di quest’opera da sempre ha dato da riflettere per via del suo essere complicatamente ingarbugliata infatti, ispirando perplessità verso il suo futuro. Saranno riusciti gli sceneggiatori a portare avanti tutti i discorsi precedentemente affrontati, o saranno inciampati nei più grossolani errori del caso? Non ci resta che parlare.
Dove eravamo rimasti?
Nel finale della precedente stagione abbiamo visto i nostri beniamini salvare il mondo dall’apocalisse per la seconda volta, per poi tornare nel nostro presente, avanzando nel tempo. Il salto dagli anni ’60 ad oggi ha ovviamente ispirato alcune forti conseguenze, figlie degli incontri/scontri che tutti loro hanno avuto precedentemente. Ritrovandosi in casa loro, i ragazzi si sono immediatamente scontrati con una scomoda realtà: l’Umbrella Academy non esiste più, sostituita dagli Sparrow. Questi sembrano in tutto e per tutto una copia migliore, più prestante e vincente di quanto loro non siano mai stati. Lo scontro è inevitabile su tutti i livelli. Le conseguenze, come dicevamo anche prima, sono comunque una derivazione di alcune scelte attuate dai protagonisti stessi in momenti differenti del tempo. Starà a loro comprendere quanto accaduto, quello che il loro precedente intervento ha causato e se l’attuale presente potrebbe essere ideale o meno.
The Umbrella Academy 3, quindi, mette in gioco due elementi fondamentali nella sua trama, da una parte abbiamo una contorta coerenza con tutto quello che conosciamo sulla storia e sui personaggi, dall’altra, come vedremo più avanti nella recensione, una rielaborazione continua e folle dei protagonisti stessi. Ritrovandosi in un presente del tutto differente dal loro, i protagonisti dovranno fare i conti con alcune importanti mancanze personali, non riconoscendo più quanto avevano creato fino a quel momento. La scelta di saltellare un giro per il tempo continuamente risulta affascinante, specialmente quando impatta sulla singola scrittura di ogni personaggio, anche se andrebbe tenuta attentamente d’occhio anche nel più minuscolo dettaglio.
Con questa terza stagione la situazione si complica ulteriormente, restituendo una scrittura che osa sì come in passato, senza però risultare troppo incisiva nel suo insieme. La sensazione di già visto e di una contorta “immobilità” si diffonde di fotogramma in fotogramma, anche quando le cose sembra prendano una strada in cui avanzano. Riconosciamo tutti i volti dei singoli protagonisti che un minimo sono anche cresciuti, è bene sottolinearlo in una recensione di The Umbrella Academy 3, senza però esserlo del tutto. Le cose cambiano senza cambiare, complice, ovviamente, una struttura narrativa che tende maggiormente a rielaborare quanto già si conosce senza troppo avanzare. Pur con qualche difficoltà di fondo la trama fila comunque liscia con leggerezza però, complici le interpretazioni dei protagonisti e un’introspezione generale anche interessante.
Avanti e indietro
Uno dei tratti più interessanti che andremo ad analizzare in questa recensione di The Umbrella Academy, risiede nella resa formale. Mettendo un secondo da parte la CGI non troppo brillante in alcuni frangenti, l’attenzione estetica di fotografia e scenografie resta uno dei tratti più incisivi della serie, ricollegandosi molto spesso alle sue origini sulla carta stampata, firmata Gerard Way. Come sempre ogni singolo sviluppo è coreografato attraverso scelte musicali fatte ad oc in cui i tratti anche più insulsi diventano ben presto elementi di spicco ed epici agli occhi dello spettatore. Un problema di fondo risiede nel modo in cui alcuni personaggi vengono in parte abbandonati a se stessi, rimanendo ancorati a un immaginario che dovrebbe progredire, in qualche modo, sembrando invece fermo agli stilemi che tutti conosciamo. Questo ispira sì una familiarità piacevole che però vorrebbe forse sbocciare in altro, trasformandosi finalmente.