Il dolore di vedere un genitore che poco a poco perde sempre più coscienza di se stesso e diventa quasi un estraneo può essere uno dei dolori più forti e destabilizzanti che un essere umano possa provare. Ed è proprio da questo sentimento che nasce “The Father“, il primo lungometraggio diretto da Florian Zeller basato sulla sua omonima pièce teatrale, di cui parleremo approfonditamente in questa nostra recensione.
Nei cento minuti di durata di questo dramma, il regista francese ci mostra il dolore di una figlia che vede sparire il proprio padre sempre di più col passare dei giorni, catapultandoci nella mente di questo anziano signore che ormai non riesce più a comprendere a pieno ciò che gli accade intorno, e portando lo spettatore a sentire le medesime emozioni. Degno di nota è soprattutto il grandioso Anthony Hopkins, che dall’alto dei suoi 83 anni ci regala una delle sue migliori interpretazioni, tanto da essergli valuta numerosi riconoscimenti tra cui il BAFTA e il Premio Oscar.
Perenne confusione
Il vecchio Anthony vive nel suo appartamento di Londra, dove ha da poco litigato con la sua badante in quanto – a detta sua – non pensa di averne bisogno. Per risolvere la questione, la figlia Anne (interpretata da Olivia Colman) si precipita a casa del padre per calmare la situazione. Sembra una normale storia fino a questo punto, se non che quando il giorno dopo il nostro protagonista si risveglia, inizia a notare dei piccoli cambiamenti intorno a sé, come la posizione di alcuni mobili in casa sua o addirittura il volto di sua figlia o del suo genero.
Da questo momento in poi, la mente di Anthony comincerà sempre di più a giocargli molti scherzi, come se ogni giorno fosse sempre lo stesso ma saltando alcune parti, per poi rivederle il giorno successivo… o addirittura saltando intere settimane tra una presa di coscienza e l’altra. In questo continuo valzer di confusione, anche lo spettatore si trova spaesato da ciò che sta vedendo su schermo, vivendo in prima persona ciò che una persona affetta da demenza vivrebbe. Da questo punto di vista Zeller è riuscito in pieno nel suo compito, raccontando una storia che sfonda in un certo senso la quarta parete, arrivando a far vivere a chi la sta guardando le stesse emozioni del protagonista.
La flebile mente di Anthony può essere raffigurata come una scacchiera, dove ogni pezzo su di essa rappresenta un suo ricordo. Con il passare dei giorni viene man mano rimossa una pedina e consegnata allo spettatore, che con l’incedere dei minuti riesce ad unire tutti i pezzi del puzzle della meravigliosa sceneggiatura scritta dallo stesso Zeller. In questo modo, però, la mente del povero protagonista non farà altro che indebolirsi, lasciandolo sempre di più in balia della sua malattia… e arrivando inevitabilmente a svuotarsi del tutto.
L’importanza scenica in The Father
Come ogni pièce teatrale che si rispetti, anche in The Father le doti attoriali degli interpreti devono avere un ruolo chiave nell’economia dell’opera, e in sede di recensione possiamo assicurarvi che tutte le lodi che questa pellicola ha ricevuto negli ultimi mesi sono più che ben riposte. Anthony Hopkins ruba la scena ogni volta che compare su schermo, riuscendo a provare – e a farci provare – ogni tipo d’emozione: dalla felicità al dolore, per poi culminare nella più cupa disperazione. La perdita di un attore in ascesa come Chadwick Boseman sicuramente ci addolora tutt’oggi, e un premio Oscar postumo sarebbe stato un ottimo (e meritato) riconoscimento, ma sicuramente non si può negare che la vittoria di Hopkins sia più che meritocratica. Degna di nota anche l’interpretazione di Olivia Colman nei panni della figlia Anne, che cerca in tutti i modi di aggrapparsi al ricordo di un padre che le sta lentamente sfuggendo di mano, costringendola anche a scelte drastiche che spetterà allo spettatore decidere se giustificare o colpevolizzare.
Nonostante la quasi totalità della pellicola sia ambientata nella sola casa, questa ha un ruolo importante nel corso del film, divenendo in tutto e per tutto un personaggio chiave in The Father, come abbiamo potuto notare analizzando l’opera in questa nostra recensione. L’appartamento in cui si svolgono le dinamiche cambierà insieme ai nostri personaggi, passando dall’essere l’unico baluardo a cui si aggrapperà la sanità di Anthony a diventare ciò che gli farà capire che la sua cognizione della realtà stia cominciando a distorcersi.