“Le Streghe”, romanzo classico dell’autore britannico Roald Dahl del 1983. Una storia che, seppur fosse indirizzata ad un pubblico di bambini e ragazzi, riusciva a mantenere dei toni scuri, delle situazioni drammatiche che non lascerebbero molto serena nemmeno una persona adulta. Nel 1990 ci fu la prima trasposizione cinematografica con “Chi ha paura delle streghe?”, film apprezzabile che riuscì bene o male nell’intento di rimanere fedele al libro, anche se ci furono un po’ di cose che fecero storcere il naso. Nel 2020 è uscito un secondo adattamento dell’opera. Stavolta si è voluto addolcire i toni, cercando, a volte con non molto successo, di creare un’ambiente più sereno e vivace in cui raccontare questa tenebrosa vicenda.
Trama
Il film si apre in Alabama nel 1960. Il nostro protagonista, un ragazzino afroamericano interpretato da un novello Jahzir Kadeem Bruno, perde i genitori in uno sfortunato incidente d’auto. A provare a rincuorarlo e a prendersi cura di lui ci sarà la dolce nonna, interpretata da Octavia Spencer, che cercherà in tutti i modi di tirargli su il morale. Dopo non pochi tentativi e con la cruda realizzazione che nella vita possono succedere cose terribili e non possiamo far altro che accettarlo, il bambino (di cui non verrà mai rivelato il nome, così come quello della nonna) si riprende e trova la voglia di andare avanti grazie anche a Gigia, topolino domestico regalatogli dalla nonna.
Ma questa ritrovata serenità durerà poco, infatti a far la conoscenza del piccolo arriverà una signora adulta dai vestiti altolocati e dai modi di fare molto ambigui. Essa cercherà di donargli una caramella, ma la titubanza del ragazzo e l’arrivo incombente della nonna faranno sparire la nuova arrivata. Una volta giunti a casa il protagonista racconterà l’accaduto all’anziana signora che, visibilmente preoccupata in volto, risponderà dicendo che colei era una strega. Queste si nascondono tra le persone comuni e usano dei travestimenti per celare i loro tratti demoniaci e attirare ignari bambini che, una volta mangiati i loro dolcetti, si trasformano in animali e non potranno mai tornare come prima. Entrambi terrorizzati decidono di andarsene dalla loro casa per rifugiarsi in un albergo dove lavorava una parente. Qui pensano di essere al sicuro essendo riusciti a nascondere le proprie tracce, ma ciò di cui entrambi sono ignari è che si terrà un raduno di streghe nello stesso hotel proprio durante quei giorni, mettendo di nuovo in pericolo la vita del piccolo protagonista.
Controversie
Robert Zemeckis ha voluto dare un tocco unico a questo suo “Le Streghe”, risaltando in maniera piuttosto evidente i colori usati. Ogni scena ne è piena e quasi mai troveremo sezioni buie e scure, nemmeno quando la situazione è delle più drammatiche. Questo ha portato a delle scene che visivamente erano una gioia per gli occhi; e se uniamo questo ad una regia fatta bene come Zemeckis è decisamente in grado di fare, non può che uscirne qualcosa di meraviglioso da guardare. Purtroppo però tutto questo idillio finisce nel momento in cui ci rendiamo conto di cosa sta effettivamente succedendo sullo schermo. I toni decisamente cupi della storia, le situazioni drammatiche che i protagonisti devono affrontare e la malvagità delle azioni delle antagoniste non riescono a combaciare con la serenità e gioia che invece vuole trasmetterci la scenografia. Si ha sempre l’impressione di star vivendo un sogno, un qualcosa di immaginario e che non potrebbe mai impensierirci minimamente.
Questo potrebbe anche adattarsi bene ad una classica fiaba per bambini, ma Roald Dahl ci ha sempre abituati a grandi storie anche con temi drammatici, riuscendo a creare capolavori senza tempo, quindi questo voler forzatamente smorzare i toni e renderli più dolci fa abbastanza storcere il naso, soprattutto dal momento che il regista e i produttori hanno deciso di rimanere abbastanza fedeli al libro per ciò che riguarda la sceneggiatura (che ricordiamo è stata scritta insieme a Guillermo Del Toro).
Dobbiamo però dare anche atto al regista di aver cercato di aggiungere all’opera anche argomenti importanti che non erano presenti nell’originale storia dell’autore, ma che Zemeckis è riuscito ad inglobare bene nel racconto: quindi al disinteresse da parte dei genitori nella cura dei figli e al dare poco credito alle voci dei più giovani, temi molto noti e ricorrenti nei romanzi di Dahl, si aggiunge la discriminazione razziale, molto più radicata soprattutto nel periodo storico in cui le vicende sono ambientate. Il regista qui riesce molto bene a parlare di razzismo senza che risulti stucchevole o trattandolo in maniera estremamente superficiale, ma al contempo facendo rimanere il film una storia per ragazzi, quindi senza fare dialoghi troppo lunghi e complessi, o creando situazioni troppo complicate per poter essere adatte ad un pubblico molto giovane.