Non sempre i videogiochi presentano una componente ludica tradizionale, e molto spesso sono gli sviluppatori indipendenti che ci danno prova di quanto la sperimentazione possa dar vita a soggetti estremamente interessati. In particolar modo, questo tipo di produzione riesce a dar spazio a temi molto particolari – e spesso pesanti – che non sempre è possibile presentare al grande pubblico di videogiocatori. Il caso di STAY, titolo partorito dalla contorta mente di Appnormals Team, è uno dei più particolari che ci ha colto negli ultimi anni. Dopo essere stato discusso e da molti amato su PC, questo ibrido tra un’avventura grafica e un puzzle game è approdato anche su PlayStation 4, con tutti i pro e i contro del caso. Quanto è grande la vostra personalità? Quanto tempo siete disposti a sacrificare per aiutare qualcuno in difficoltà? Questi temi fanno parte della prima pagina. Rimanete.
Sonno Interrotto
L’esperienza che vivremo giocando a STAY è tutt’altro che banale, anche se dedicata senza ombra di dubbio solo a una fetta selezionata di giocatori, quelli che non si fanno intimidire da lunghe linee di testo e da un gameplay votato a scelte, enigmi e zero azione. Tutto ha inizio durante la notte, quando il tormentato Quinn cerca di scrivere non concludendo nulla di ciò che stava facendo. Una volta a letto, al suo fianco compare una figura oscura non meglio definita. Rapito da essa, egli si risveglierà quindi in una stanza in compagnia solamente di una sedia e di un computer dall’aspetto retrò, chiaramente senza avere alcuna idea di come ci sia finito. Quinn è però solamente il 50% dei protagonisti del gioco, perché a fare coppia con lui ci saremo noi, non fisicamente, ma con la nostra presenza, le nostre risposte e i nostri consigli. Il computer presente nella stanza diventerà quindi l’unico mezzo di comunicazione per il malcapitato e colto protagonista, che potrà essere in contatto – per un non precisato motivo – solamente con noi. Inizierà quindi il gioco vero e proprio: il nostro compito sarà parlare con lui, rispondere alle sue domande, instaurare un rapporto di fiducia e creare un legame. Questi sono parametri veri e propri che diminuiranno o cresceranno a seconda delle nostre parole, e a quanto esse dimostrino allo stesso Quinn quanto il suo bene – mentale, morale e fisico – ci stiano a cuore. La parola chiave, è “empatia”. Chiaramente da qui in poi le evoluzioni che prenderà la storia saranno complesse e molto legate alla storia del ragazzo rapito, e non entreremo nei dettagli per evitare qualsivoglia spoiler.
Il tempo è relativo…
Sulla base concreta create dalle premesse fatte, ci sono ancora ben due fattori che vanno a completare le caratteristiche che rendono STAY un titolo unico nel suo genere. Abbiamo parlato di come tutte le scelte avranno delle conseguenze a livello di legame, ma queste potrebbero in molti casi portare anche alla morte di Quinn, cosa che non solo ci farà essere dei cattivi “accompagnatori”, ma ci farà rigiocare il capitolo dall’inizio.
Il primo di questi due fattori sono gli enigmi: davvero poco chiari e poco guidati, dalla seconda metà di gioco in poi gli enigmi diverranno una vera spina nel fianco dei giocatori, richiedendo una dose di tempo copiosa per essere risolti, e prima ancora compresi (da esperto del genere, ho avuto un bel da fare su un paio di essi ndr). Già, perché gli enigmi in STAY non avranno introduzioni o tutorial, tutto dipenderà da noi.
Il secondo fattore, a dir poco determinante, è quello da cui deriva il nome del gioco: il Tempo. Tutto il tempo che staremo con Quinn senza abbandonarlo verrà conteggiato, ma sappiate che anche i minuti e le ore che gli staremo lontani, avranno un loro timer apposito. Lo scopo del gioco non è dunque solamente arrivare alla fine della trama – che si evolve come una sorta di escape room gigantesca, praticamente una “escape house” – ma anche quello di non lasciare solo il nostro nuovo amico, in balia della sua terribile situazione. Se ve lo state chiedendo, la risposta è sì, verrà conteggiato anche il tempo in cui il gioco non è aperto, o la console spenta. Come se non bastasse, a volte tra un capitolo e l’altro sarà presente un interludio, in cui Quinn esplorerà le stanze cercando un’uscita o oggetti, e non dovremo far altro che attenderlo. Starà sempre e solo a voi scegliere se continuare a giocare o lasciarlo da solo per un po’… ma sappiate che in quel lasso di tempo può accadere qualsiasi cosa, e se lo ignorate per troppo tempo potrebbe perdere fiducia in voi.
…Nel bene e nel male
Scendere ulteriormente nei dettagli sarebbe fare un grave torto al gioco, perché il bello starà soprattutto nello scoprire le cose da soli: la personalità di Quinn è parte stessa dell’esperienza, contorta, sicura e straziata allo stesso tempo, con argomenti che spazieranno in ogni dove. Passeremo dalla depressione più totale alla rabbia, dai ricordi malinconici alle decine di citazioni sparse nei dialoghi. Gli sviluppi saranno conteggiati con una sorta di diagramma, che monitorerà di volta in volta i nostri progressi di legame e fiducia, ma saranno anche le singole scelte non correlate da essi che porteranno il giocatore a uno dei vari finali disponibili. Proprio così, non solo daremo tempo e cuore al malcapitato, ma tutto ciò che faremo potrebbe avere, alla fine della fiera, anche un risvolto non proprio positivo.
A livello artistico e tecnico STAY si difende bene, la pixel art molto curata che contraddistingue il gioco trova nuova vita su console, mantenendo una qualità grafica invariata rispetto a quella che abbiamo trovato su PC. Per quanto riguarda però il comfort, possiamo dire che si inceppa, a causa di una ottimizzazione per Dualshock 4 dei comandi facilmente dimenticabile, che in un paio di occasioni si è rispecchiata anche difettosa. A parte la mappatura dei tasti e qualche piccolo difetto di porting, l’esperienza rimane in ogni caso godibilissima.