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Spencer – Recensione, pelle morta sui tappeti e nell’aria

Parlare di Spencer in una recensione significa accennare alla storia di Lady Diana, uno di quegli squarci di vita immortali che anche a distanza di tantissimi anni riesce ancora ad affascinare ed emozionare come se non fosse mai passato un giorno da allora. La vita di questa donna si è “elevata”, arrivando a sfiorare il cielo con un dito in una favola che ben presto si è tramutata in altro, in qualcosa di cui ancora oggi si discute e verso cui si cercano risposte apparentemente negate. Da tutto ciò la grande mole di resoconti, libri, film, documentari, interviste e serie tv al cui centro abbiamo visto raccontate le suddette vicende, anche partendo da punti di vista differenti.

Perché la storia di Lady D. continua ad affascinarci in questo modo? Perché si continua a speculare sulle vicissitudini personali della sua vita? Perché questo interesse verso di lei? Il fatto che fosse la “principessa del popolo” è sicuramente un grande indizio, seppur minimo, sul grande impatto mediatico ma anche primariamente culturale che questo personaggio ebbe, e continua ad avere. Ma chi era veramente Diana? La protagonista della favola che tutti decantarono all’epoca? Una vittima del marito? Un essere umano che voleva star vicino agli altri esseri umani?

Spencer recensione

Tutto ciò non viene minimamente risolto in Spencer, è bene anticiparlo, eppure sembra continuamente aleggiare nell’aria, nelle varie inquadrature che ritraggono questa donna in un momento preciso della sua vita, una serie di giorni connessi a quello che è stata e a quello che sarà in futuro. Come se la pellicola stessa fosse sospesa tra un “prima” e un “dopo” che tutti conoscono in sala, e che il regista stesso ha scelto di omettere per valorizzare ulteriormente lo spaccato personale che ha deciso di ritrarre. Togliere per includere quindi, e valorizzare dal primo all’ultimo momento un discorso che si ripresenta sotto spoglie familiari eppure al tempo stesso particolari.

Una principessa sola 

Pablo Larrain è un regista piuttosto vicino al genere del biopic, lo abbiamo visto affrontarlo ad esempio in Neruda o in Jackie. Questa familiarità tecnica ha sicuramente influito sul modo in cui ha scelto di rappresentare la “sua” Diana, dipingendola attraverso un affresco molto più delicato e intimo di quanto non ci si aspetti. Il regista cileno ha deciso di dilatare la dimensione introspettiva della sua protagonista per valorizzarne le motivazioni di fondo, ancorandola a tutta una serie di dinamiche contestuali che si fanno sentire dall’inizio alla fine del film. Senza perderci in chiacchiere andiamo ad analizzare la trama di Spencer in questa nostra recensione. La narrazione si sviluppa lungo tre giorni precisi. Siamo nel 1991 e vediamo la famiglia reale britannica trasferirsi per 3 giorni nella tenuta di Sandringham, Norfolk (precisamente vigilia, giorno di Natale e Santo Stefano). Sono trascorsi 10 anni dal matrimonio da favola di Diana e Carlo e la loro crisi matrimoniale e personale è ben consolidata. Fra di loro si è issato un gelido muro di noncuranza reciproca, repressione personale e problematiche di rapporto rese tangibili dall’esordio di Diana stessa (Kirsten Stewart), la quale la vediamo avvicinarsi alla tenuta da sola, senza nessuno al suo fianco, in estremo ritardo e senza la benché minima voglia di andarci. 

Spencer recensione

Lo sguardo del regista si fa tangibile da subito, restituendoci un’apertura che alterna tantissimo le inquadrature con una macchina da presa pronta a seguire ogni cosa nel dettaglio senza stare mai ferma. La vediamo in cielo, davanti all’automobile della principessa, vicinissima al suo volto a volerne catturare ogni singola increspatura, ogni minimo micro movimento. Contemporaneamente alla protagonista ci viene presentato anche tutto il contesto, pregno di esagerazioni e incoerenze, intorno alla famiglia reale. Non c’è molto più da dire sulla storia, anche perché andremmo a rovinarne la visione, è bene comunque tenere a mente che si tratta di un vero e proprio viaggio interiore in cui vediamo Lady D spogliata di qualsivoglia elemento affabulante. Resta fondamentale sottolineare, in questa recensione di Spencer, il modo diretto in cui il regista stesso sceglie di “spezzettare” questa donna, traendone fuori il più possibile. Questo genere di approccio soggettivo risulta curioso in un biopic, al punto da traslarne completamente le premesse iniziali, diradando qualsivoglia intento di rappresentazione distaccata o scientifica. 

Diana soffre, si sente oppressa da un contesto che vuole a tutti i costi metterla buona in una scatola, allinearla col resto dei “soldatini” lì in fila con lei, omologandola senza alcun interesse ulteriore. Tutto ciò si traduce nei vari tentativi di controllo che la famiglia reale tenta di perpetrare continuamente si di lei, anche se mai in maniera diretta.

La solitudine, le incomprensioni, la sofferenza per la presenza aleggiante e continua di Camilla, la noncuranza del marito, il rapporto con il cibo, tutto restituisce un contesto opprimente e soffocante che diventa cifra emotiva dell’intero film, andando anche oltre lo schermo stesso. Spencer offre quindi allo spettatore due elementi importantissimi: una rappresentazione diretta delle problematiche personali e contestuali di Diana, e come vedremo più avanti nella recensione, la sua forza e voglia di non annullarsi. 

Tutto sembra vecchio intorno a lei, antico, decadente e soprattutto immobile. “C’è solo il passato qui”, dice malinconicamente ai figli. Pablo Larrain amplia il suo ragionamento affrontando un minimo anche il contesto che la circonda. Non soltanto una storia di “sgretolamento interiore”, ma un affresco delle motivazioni di fondo. Chi conosce un minimo la famiglia reale britannica sa quali sono le pressioni cui vengono sottoposti questi esseri umani fin da bambini, in un contesto che li limita, soffoca e oggettivizza continuamente. Il fatto che, pur fuggevolmente, ciò ritorni dai rapidi interventi degli altri personaggi (Carlo e la regina, ne sono due esempi) contestualizza un insieme di dinamiche familiari estremamente negative di cui non soltanto Diana è vittima. Ecco che la tradizione si fa sempre più ingombrante divenendo essa stessa un personaggio che salta di sguardo in sguardo, manifestandosi non soltanto attraverso le scenografie, ma anche tramite l’aria stessa che i personaggi stessi respirano, pregna “della pelle morta” di un passato che non se n’è mai andato e che con tutta probabilità non lo farà mai. L’unica risposta possibile va ricercata in sé stessi, in quell’agglomerato di sensazioni che ci disegna e ci ha disegnato, aprendo magari nuove strade.

Spencer recensione

 

Sinuosità figurativa 

Anche se la sceneggiatura di Steven Knight restituisce un’esperienza profonda, sono la regia e la visione del regista stesso ad impreziosire ogni cosa, elevandola. Il modo in cui Larrain inquadra ambienti e persone, i continui movimenti della macchina da presa e l’attenzione maniacale verso lo specifico fisico e mentale di Lady D. lasciano a bocca aperta per la sontuosità. Il fatto, poi, che il regista stia continuamente addosso a Kirsten Stewart consente all’attrice di dimostrare tutto il suo valore, giocandosi un ruolo fatto di alti e bassi, una vera e propria altalena emotiva da rappresentare non soltanto visivamente ma anche e soprattutto fisicamente. In questo Spencer ci ha ricordato Licorice Pizza, film di cui abbiamo recentemente affrontato la recensione. Dal rapporto che la principessa aveva col suo corpo ad una fisicità figurativa, dunque, che lancia messaggi ben precisi arrivandosi a fondere con la sceneggiatura stessa. Il fatto di parlare per immagini qui diventa un vero e proprio elemento di confronto anche con il pubblico che osserva ogni cosa in silenzio, imbarcandosi in un viaggio con un suo “e poi” che parrebbe continuamente arrivare e con un peso fuori dal comune.

Spencer

9

Con questo Spencer Larrain dimostra nuovamente il suo valore come regista, realizzando una storia biografica che travalica i limiti di genere arrivando a toccare tutt'altre corde. Ne fuoriesce un'esperienza apparentemente sospesa per l'occhio più disattento, risultando invece uno spaccato di vita preciso in cui qualcosa prende silenziosamente forma. La consapevolezza di questa Lady D. che cerca di sollevarsi senza rendersi conto di trovarsi circondata da persone che fanno le stesse cose da anni. Andando oltre le apparenze è la profondità introspettiva a farla da padrona, spogliando ogni inquadratura da qualsivoglia lontano paragone con le favole che tutti noi conosciamo. Una principessa moderna all'epoca e ancora oggi curiosamente attuale nel suo incedere fra il marcio passato e la luce di un sole oltre il Tamigi.

Nicholas Massa
Adora i videogiochi e il cinema fin dalla più tenera età e a volte si ritrova a rifletterci su... Forse anche troppo. La scrittura resta un'altra costante della sua vita. Ha pubblicato due romanzi (a vent'anni e venti quattro) cominciando a lavorare sul web con varie realtà editoriali (siti, blog, testate giornalistiche), relazionandosi con un mondo che non ha più abbandonato.

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