Cinema e TVRecensione

#RomaFF13 – If Beale Street Could Talk: Se la strada potesse parlare…

Beale Street è una strada di New Orleans, dove sono nati mio padre, Louis Armstrong e il jazz. Ogni afroamericano è nato in Beale Street. Beale Street è la nostra eredità.
James Baldwin

Il premio Oscar per Moonlight (2016) Barry Jankins dirige If Beale Street Could Talk, adattamento per il grande schermo del romanzo omonimo di James Baldwin, alla cui memoria il film è dedicato.

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Un accenno di trama

Ad Harlem, nei primi anni ’70, quando i diritti civili erano ancora nuovi, la diciannovenne Tish (Kiki Layne al suo film d’esordio) ripercorre la storia della sua relazione con il fidanzato artista Fonny (Stephen James), raccontandoci come i loro sogni per il futuro sono andati distrutti quando il ragazzo viene arrestato per un crimine che non ha commesso. Sia la famiglia di Tish che quella di Fonny sono certi dell’innocenza del ragazzo, ma mentre la madre di Fonny si aggrappa alla sua fede colpevolizzando l’influenza di Tish per l’accaduto e il padre combatte il suo senso di impotenza e il disprezzo per sua moglie, il pragmatico padre di Tish, Joseph (Colman Domingo), e la sua grintosa sorella maggiore Ernestine (Teyonah Parris) non fanno mancare alla coppia il loro sostegno in questo momento difficile. La più ansiosa di scagionare il nome di Fonny è la madre di Tish, Sharon (Regina King, fresca di un Emmy e già in odore di Oscar nda), donna risoluta e con il credo della misericordia, pronta a tutto per assicurare la felicità della figlia e del futuro genero. Di fronte, poi, a una imprevista gravidanza, Tish dovrà ragionare come diventare genitore e mantenere un posto di lavoro senza il suo uomo, costringendola a modificare la sua prospettiva sulla vita e sul suo futuro con Fonny.

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Il segreto del successo

If Beale Street Could Talk è una storia d’amore dolce e malinconica, come il blues a cui la strada del titolo ha dato i natali. Nel nuovo film di Jenkins ci sono la rabbia per le ingiustizie (sempre attuali, purtroppo) dell’uomo bianco e il dolore della perdita di un futuro, ma a dominare è soprattutto la speranza di fronte alle avversità e l’amore sopra ogni cosa. Il regista assume un registro cromatico opposto a quello di Moonlight: mentre nel primo film prediligeva l’utilizzo di colori freddi che rimandavano alla malinconia, la profondità e l’empatia, in Beale Street predominano colori caldi, avvolgenti, che illuminano la scena e rappresentano l’amore (il rosso), la speranza (il verde), la nascita (il giallo). La struttura tra flashback, flashforward e moments of being non entusiasma, non serve uno scopo come la crescita identitaria del protagonista nel precedente film, ma il gusto e la regia di Jankins sono meravigliosamente funzionali, i dialoghi e i personaggi delineati e puliti.  If Beale Street Could Talk è la conferma del talento originale di Barry Jankins, che è qui per restare.

RomaFF13 - If Beale Street Could Talk

8.7

If Beale Street Could Talk è l'ulteriore conferma del talento del regista premio Oscar Barry Jankins, che vi scalderà il cuore molto oltre l'uscita dalla sala.

Pierfranco Allegri
Pierfranco nasce a Chiavari il 1 Aprile 1994. Si diploma presso il liceo Classico Federico Delpino e studia Cinema e Sceneggiatura presso la Scuola Holden di Torino. Al momento scrive recensioni online (attività cominciata nel 2015) presso varie riviste tra cui GameLegnds e Cinefusi.it

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