Resident Evil è un nome che porta moltissimo con sé: partendo dai videogiochi, il prodotto firmato Capcom è riuscito a diventare un marchio conosciuto in tutto il mondo. Ci piacerebbe dire che le trasposizioni cinematografiche siano all’altezza dei videogame che hanno stregato un’intera community per anni e anni, ma sarebbe veramente una vera e propria eresia. Proprio per questo ci domandiamo: il reboot di Resident Evil potrebbe cambiare le carte in tavola?
In un mondo in cui tutti i prodotti cinematografici o televisivi basati sui videogame hanno saputo dare il peggio di loro – sia in narrativa che in caratterizzazione e regia – forse c’è una speranza all’orizzonte. Resident Evil: Welcome to Raccon City sembra essere un prodotto in grado di non trasformarsi in un grande nuovo meme o in un b movie trascurabile, capace di sfuggire dall’essere incorniciato come ennesimo esperimento fallito. Vediamo cosa non ha funzionato precedentemente e perché nutriamo speranze nel settimo film del franchise.
Un lungo percorso, tra mosse false e scelte vincenti
Il 2021 è l’anno di Resident Evil, non solo per l’arrivo dell’ottavo capitolo – criticato e amato allo stesso tempo – ma anche per il suo venticinquesimo anniversario. Indubbiamente il franchise horror è tra i più famosi in tutto il settore videoludico, e Capcom ha ben pensato di dare un nuovo volto cinematografico al prodotto.
Viviamo in un periodo profondamente segnato dalla sperimentazione e dalla volontà sempre più grande di unire giochi e film in un unico grande universo: HBO e Netflix ci stanno puntando parecchio, seppur con risultati che non sembrano proprio accontentare tutti. Precedentemente i Resident Evil con protagonista la splendida Milla Jovovich hanno saputo far parlare di sé abbondantemente.
Si tratta di un lungo (e detestabile) viaggio che è cominciato nel 2002 – nel pieno del trash di un’epoca cinematografica un po’ troppo alla deriva – e che è terminato nel recente 2016: una vera e propria epopea di cui si potrebbe discutere a lungo. Della vera essenza di Resident Evil in questa saga passata c’è ben poco: casomai la turbolenta opera è un prodotto a sé stante, emblema dei b movie horror; un titolo che ha conquistato con le unghie e con i denti.
Non si parla di una saga cinematografica terribile in ogni suo aspetto, c’è indubbiamente di molto peggio sul mercato horror dei giorni nostri, ma purtroppo del franchise Capcom si è vista solo una minima briciola. Il tutto è esasperatamente “gotico”, con una splendida protagonista – uscita palesemente da Van Helsing – e una narrazione che possiamo anche evitare di considerare. Il nuovo reboot invece potrebbe – evitiamo di osare troppo con la fiducia – proporci qualcosa di molto più inerente; sotto ogni aspetto.
Finalmente potremmo vedere i veri personaggi della saga e in un contesto molto più credibile e ispirato ai capitoli videoludici che hanno segnato generazioni di videogiocatori. Resident Evil: Welcome to Raccoon City è un reboot che tenta effettivamente di strizzare l’occhio agli appassionati, evitando di creare inutili esasperazioni stilistiche.
Dalle poche foto che abbiamo visto – direttamente dal set – i luoghi in cui si svolgerà la pellicola cercano di essere fedeli a quelli del videogame. Lo stesso cast e la caratterizzazione stilistica dei personaggi appaiono piuttosto credibili: niente sfarzo per Claire o per Leon e questo ci piace. Siamo felici di non andare incontro a una protagonista come Alice – della saga precedente – e questo ci convince già a dare un’occhiata al nuovo prodotto.
Il reboot di Resident Evil: meno sfarzo, più fatti
Resident Evil: Welcome to Raccoon City arriverà su Netflix questo novembre e forse potrebbe essere il primo film ispirato in maniera interessante a un prodotto videoludico/anime/fumetto che sia. Sappiamo con certezza che ritroveremo molti dei personaggi storici presenti nel titolo Capcom, tra cui Claire – interpretata da Kaya Scodelario – e Leon – con il volto di Avan Jojia. Altri grandi presenti che vedranno la luce nel film: Chris Redfield, Jill Valentine, Ada Wong, Albert Wesker, Brad Vickers e Lisa Trevor.
Le location del prodotto firmato Netflix sembrano oscure al punto giusto e sono il giusto compromesso tra un prodotto mainstream e una buona interpretazione dell’intero franchise: non spiccano per originalità o cura dei dettagli ma ci trasmettono le giuste sensazione, l’atmosfera ci sta convincendo fin da subito.
Tensione, sensazione di claustrofobia e l’ansia di vedere apparire qualche zombie da ogni angolo: finalmente qualcosa che rimedia ai grandi errori del passato e a quelle pellicole che non hanno reso giustizia alla vera essenza di Resident Evil. In più, apprezziamo la scelta di ispirarsi ampiamente a RE2 in particolare modo, uno tra i titoli più amati dell’intera serie.
Molti della community si lamentano del cast scelto e anche della caratterizzazione piuttosto “semplice” dei protagonisti, ma noi la pensiamo in modo molto diverso o anzi la vediamo in una prospettiva opposta. Siamo reduci da una serie cinematografica ricordata per il suo essere too much eppure non in grado di rappresentare nemmeno l’ombra di RE. Che ci sia meno esagerazione scenica ma più contestualizzazione ci piace e anche molto.
Può essere realmente un titolo in grado di soddisfare – se non interamente, parzialmente – i requisiti per una buona trasposizione cinematografica ispirata ai videogiochi. Se sarà realmente così, potremo scoprirlo solo il 24 di novembre.