In questi giorni, sia grazie al recente annuncio nei confronti del nuovo God of War, sia in relazione all’uscita di Assassin’s Creed Valhalla, il Mito Norreno è tornato nuovamente in auge, ma una terminologia particolare è affiorata sulla bocca di tutti, il cosiddetto “Ragnarok”. Certamente non si tratta di un parola del tutto nuova agli appassionati, anche per via del suo ruolo all’interno del mondo dell’intrattenimento in generale (ad essa, infatti, sono legati prodotti per la fruizione televisiva, cinematografica, fumettistica e letteraria), testimonianza dell’incredibile fascino che ha generato nel corso dei secoli, non soltanto verso gli studiosi della cultura e delle lingue antiche, verso gli storiografi, i ricercatori, e gli archeologi, ma anche verso tutti coloro che amano le leggende e la loro valenza storica, fantastica, creativa e narrativa, in funzione alla comprensione di quelle stirpi che hanno vissuto sulla terra in periodi adesso lontanissimi.
Il termine “Ragnarok” è strettamente legato al Mito Norreno e rappresenta una sorta di epilogo a tutti gli eventi che hanno visto protagonisti i cosiddetti “Aesir”, ovvero le divinità facenti parte della suddetta mitologia. La percezione della parola in questione, però, è cambiata nel corso dei secoli, anche perché in origine il suo significato stava ad indicare il “Fato dei Grandi”, o “degli Dei”. Con il tempo, attraverso cause sconosciute, la mutazione nella radice “rǫk”, confusa in seguito con la radice “røkkr”, che sta a significare “crepuscolo”, ne ha trasformato la traduzione in “Crepuscolo degli Dei”. Nella percezione comune del termine, ha influito enormemente anche l’opera di Richard Wagner, “Götterdämmerung”, ovvero “Il Crepuscolo degli Dei”, ultimo dramma musicale della tetralogia dell’Anello del Nibelungo, rappresentato per la prima volta nel 1876, al Festival di Bayreuth.
Tutto ciò che sappiamo nei confronti del Ragnarǫk deriva da tre precise fonti: Vǫluspá, Vafþrúðnismál e Gylfaginning. Il “Vǫluspá”, detto anche “La profezia della veggente”, altro non è che il primo libro dell’Edda Poetica, nel quale, attraverso la suddetta profezia, raccontata ad Odino, vengono narrate le vicende intorno alla genesi del mondo e a tutto ciò che condurrà alla sua fine. Nel “Vafþrúðnismál”, invece, terzo canto dell’Edda Poetica, viene raccontato di una gara di sapienza tra Odino e il gigante Vafþrúðnir”. In questa le domande vertono sia sui dettagli della creazione del mondo, che sulla sua fine. Con il “Gylfaginning” ci troviamo davanti al libro che apre l’Edda in prosa, nel quale vengono narrati per intero alcuni miti norreni, attraverso il dialogo fra il re Gylfi e tre anziani, probabile rappresentazione di Odino stesso.
Cosa avverrà durante questo Ragnarok?
Partendo dal presupposto che le varie fonti in merito al Ragnarok sono molteplici, ma anche differenti e frammentate, vi è la possibilità di più interpretazioni del tutto, pur avvenendo con dinamiche molto simili, che conducono a messaggi e sviluppi con un’intenzionalità narrativa apparentemente comune. In base a quello che sappiamo, dunque, il tutto verrà anticipato dal “Fimbulvetr” o “Filbunwinter”, un terribile e lunghissimo inverno che distruggerà ogni cosa, anche dal punto di vista sociale:
“Si colpiranno i fratelli
e l’un l’altro si daranno la morte;
i cugini spezzeranno
i legami di parentela;
crudo è il mondo,
grande l’adulterio.
Tempo d’asce, tempo di spade,
gli scudi si fenderanno,
tempo di venti, tempo di lupi,
prima che il mondo crolli.
Neppure un uomo
un altro ne risparmierà.”
-Estratto dall’Edda Poetica.
In seguito, anche il Sole e la Luna svaniranno, divorate da due lupi: Skoll e Hati. Poi anche le stelle e con esse l’albero della vita, L’Yggdrasil cadrà scuotendo il mondo intero, gettandolo in un vortice di caos, terremoti e alluvioni. In concomitanza con tutto ciò le cosiddette forze negative attaccheranno il mondo: Fenrir il lupo, Miðgarðsormr il gigantesco serpente, la Naglfar, nave dei morti “fatta di unghie” salperà trasportando al suo interno elementi negativi, con al timone il dio Loki e guidata da Hel, dea dei morti.
I Múspellsmegir, dei giganti di fuoco, faranno crollare il Bifrǫst, leggendario ponte arcobaleno che collega il mondo degli dei (Ásgarð) con la Terra, e a quel punto Heimdallr (il guardiano del regno degli dei) chiamerà a raccolta tutte le divinità soffiando nel suo corno. Lo scontro finale avrà dunque luogo nella Vígríðr, una pianura:
“Vígriðr si chiama il campo
dove scenderanno a battaglia
Surtr e gli dèi soavi.
Cento leghe
misura da ogni lato
il campo a loro destinato”.
-Estratto dall’Edda Poetica.
In questa ogni divinità si scontrerà con la sua controparte negativa. Alla fine di tutto non vi saranno dei vincitori, ma una scomparsa generale sia del bene che del male, con l’arrivo di Sutr, il gigante di fuoco, che incendierà il mondo con la sua lama. Da tutto ciò avverrà una rinascita sulla terra, da una parte con i figli delle divinità (Víðarr,Váli,Móði e Magni, i primi due figli di Odino e i secondi di Thor), i quali erediteranno i loro poteri, il ritorno di Nanna, Baldr e Höðr, mentre dall’altro lato si assisterà a una nuova genesi per la razza umana stessa, attraverso Líf e Lífþrasir:
“Líf e Lifþrasir,
devono nascondersi
nel bosco di Hoddmímir.
Le rugiade del mattino
avranno per nutrimento;
da qui torneranno a sorgere le stirpi.”
-Estratto dall’Edda Poetica.
Dunque dalle ceneri di tutti questi scontri qualcosa di nuovo sorgerà, magari di splendente e vivo. Eppure le fonti riportano un dettaglio ancora oggi non troppo chiaro riguardo la comparsa di una sorta di drago nel cielo rinato:
“E viene di tenebra,
il drago che vola,
la serpe scintillante
da sotto Niðafiöll.
Porta tra le sue ali,
sulla pianura vola,
Níðhöggr, i morti.
Ora lei si inabissa.”
-Estratto dal sessantaseiesimo canto dell’Edda Poetica.
Moltissime, negli anni, sono state le congetture nei confronti di questa visione, di queste parole legate al Ragnarok, alla fine del mondo, sia per via della frammentarietà delle fonti, sia per i pochi riscontri con altre forme di culto. Resta comunque tutto estremamente affascinante, e parecchio evocativo di quello che parrebbe un mondo lontano anni luce da noi.