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One Piece Odyssey – Recensione, la memoria perduta

Eichiro Oda ha senza dubbio costruito un mondo immaginario denso e intricato, fatto di culture e trame originali, al punto che talvolta viene da chiedersi: “cosa leggevamo prima di One Piece?”. La risposta si accosta quasi sempre a Dragon Ball, e questo binomio fa capire quanto il primo dei due sia importante, al punto che ha raccolto un’eredità non facile da ottenere. One Piece Odyssey è l’ultima esperienza videoludica possibile in quel mondo immaginario e non vediamo l’ora di farvi approdare sull’isola di Waford.

La perdita dei ricordi

La ciurma dei pirati di Cappello di Paglia si trova in rotta verso un’isola misteriosa, quando un inaspettato Knock-Up Stream (un geiser di proporzioni epiche) spinge la Thousand Sunny (la nave dei nostri eroi) in aria verso le nuvole. Tutto ciò che sale deve anche riscendere. Mentre la Sunny si trova in caduta libera, il timoniere e carpentiere Franky estrae i turbo propulsori, e con un folata spinge la nave che plana verso l’isola avvistata. L’approdo non è dei migliori e la nave subisce diversi danni, al punto che Franky è costretto a restare nei paraggi dell’imbarcazione, mentre il capitano Rufy va alla ricerca dei membri della sua ciurma.

Trovati Nami, Zoro, Sanji, Usop, Robin, Chopper e Brook (quest’ultimo in versione fantasma dato che al momento il suo corpo risulta disperso) il capitano decide di esplorare l’isola di Waford, e facendolo incontrano una strana ragazza di nome Lim, che toccando i nostri eroi fa uscire dai loro corpi dei cubi luminosi, di fatto togliendo a tutta la ciurma i ricordi di come si usano i propri poteri o abilità. La ragazza tuttavia non si dimostra aggressiva e li conduce da Adio, un uomo che si considera il padre di Lim e che si scusa per il suo comportamento invitando i nostri eroi a recuperare i propri ricordi portandoli a destra e a manca sull’isola di Waford. Non dilungandoci oltre rispetto alla trama possiamo dirvi che è una storia originalissima e che vi permetterà di vivere un’esperienza fitta di misteri e intrighi interessanti senza mai scadere nel banale, anzi spesso riportandoci indietro nel tempo verso ricordi personali molto intensi.

Ritrovare i ricordi

Nel mondo di gioco potremo controllare uno qualsiasi dei membri della ciurma, districandoci attraverso diverse situazioni come dungeon e strade diroccate. La scelta del personaggio visibile a schermo non è solo legata al mero piacere personale, questo infatti sarà colui che ci consentirà di interagire con l’ambiente circostante, ed ecco che ad esempio Sanji potrà reperire materiali per la cucina, Zoro (il quale non vi permetterà di vedere la mappa mentre è il capitano del team, in quanto proprio come accade nel fumetto, non ha un senso dell’orientamento sviluppato e tende a perdersi spesso) taglierà con la sua spada ostacoli e impedimenti, mentre Rufy sarà come sempre il protagonista dell’avventura, capace di farci raggiungere punti di interesse posti in alto allungandosi. Nel corso dell’avventura ci saranno diversi puzzle ambientali che andranno ad aumentare di difficoltà man mano che proseguirete.

Sempre parlando del mondo di gioco, saranno presenti oggetti, materiali e chiavi da reperire per aprire i forzieri (eh del resto senza un bottino che pirati sarebbero?) sebbene, le ricompense che si celano in quest’ultimi non sono proprio eccelse, anzi, talvolta sarebbe stato meglio non aprirli. I nemici saranno diversi e ben visibili nel mondo di gioco, al punto che potrete spesso decidere se evitare lo scontro o se combatterli; attaccando un nemico alle spalle avrete un bonus durante il primo turno d’attacco: ebbene sì, One Piece Odyssey è un gioco a turni!

Iniziato il combattimento avrete a disposizione quattro personaggi attivi e tre in panchina. Niente paura, in qualsiasi momento potrete cambiare personaggio mandandolo a riposo e facendo subentrare un altro membro. Sono presenti debolezze e resistenze nel combattimento, in stile “Carta, Forbice e Sasso”, che in questo caso vengono rappresentati da Abilità (Zoro, Robin), Picchiatori (Rufy, Chopper e Sanji) e Cecchini (Nami, Usop) ciascuno sarà debole all’elemento opposto, ergo i picchiatori subiranno danni extra da chi sfrutta le abilità, i cecchini dai picchiatori e così via. Nello scontro i nostri eroi avranno diversi nemici davanti a loro, e sebbene siano costretti a restare in battaglia con chi hanno di fronte, nessuno vieta di usare un’abilità a lungo raggio: ad esempio un colpo con la fionda di Usop potrebbe colpire un nemico (o più di loro) che stanno infastidendo Rufy, compiendo una scelta tattica in termini di turno d’azione.

Ci sono anche alterazioni di status che possono paralizzare, addormentare, congelare, elettrificare o far sanguinare nemici e compagni, di conseguenza state sempre attenti a cosa sta succedendo nello scontro. Ogni attacco può generare una spinta sui nemici, permettendoci di fatto di scaraventare il nostro bersaglio contro altri avversari infliggendo danni extra. Questa spinta non si applica alle abilità, a meno che non venga specificato dall’abilità stessa: ogni eroe ha una lista di abilità e tecniche enorme, al punto che ci vorrà moltissimo prima che recuperiate la memoria di ogni colpo (raccogliendo i cubi sparsi in giro) e questo rende l’esplorazione e la crescita del livello dei pirati sempre interessante, ponendo il giocatore in una condizione sempre nuova. Ogni attacco genererà di fatto dei punti azione che verranno spesi per le abilità che variano per costo, effetto e danno inflitto.

Padroneggiare i ricordi

Davvero bella l’idea per la quale ogni qualvolta ci si imbatte in un cubo più grande del normale, i nostri eroi viaggino di fatto nel tempo, finendo nei meandri dei loro ricordi e trovandosi su isole del passato, ad esempio potrete rivivere i ricordi della saga di Alabasta, ritrovando amici come la Principessa Bibi e nemici mortali come Crocodile.

Potreste pensare che sarà una passeggiata riaffrontare nemici già sconfitti, ma come ci dice Lim, i ricordi ingannano, e sebbene voi siate migliorati, lo sono anche loro, per questo ogni sfida sarà interessante ed appagante. Le note negative arrivano non tanto dal gameplay o dalla grafica con frame rate ballerino (quando si usa il puntamento di Rufy in campo aperto si vede palesemente un calo verticale degli FPS, quantomeno su PlayStation 5) ma dalla struttura intrinseca del gioco.

Sarebbe stato giusto lasciare spazio alla fantasia, e non relegare i personaggi a percorsi binari, facendoci esplorare Waford così come preferiamo ed invece siamo “costretti” a percorsi tutto sommato standard, con poca libertà d’azione. Non solo: per ogni missione si perdono minuti e minuti in inutili scene di presentazione del titolo della missione, anche le più banali, oltre al fatto che si perde tempo quando, ad esempio, alla fine di un filmato si deve entrare in una grotta ed il gioco ci fa compiere quell’azione, ci mette nei panni del protagonista che fisicamente compie tre passi e di nuovo interruzione per filmato o caricamento della zona.

Il tedio vero arriverà quando dovrete di fatto fare la spola tra un NPC e l’altro per portare a termine una missione, e senza alcuna azione o viaggio rapido possibile dovrete scarpinare qua e là, rallentando di fatto quello che era un ottimo ritmo narrativo e ludico.

One Piece Odyssey

8

One Piece Odyssey è un buon titolo tattico in salsa Eichiro Oda, minato da qualche sbavatura che poteva essere snellita. Davvero bella l'idea dei viaggi nei ricordi, finendo nei meandri di essi e trovandosi su isole del passato e ritrovando amici e nemici mortali come Crocodile. One Piece Odyssey è un gioco a turni, ricco di personaggi con abilità variegate e interessanti. Il tedio vero arriverà quando dovrete di fatto fare la spola tra un NPC e l'altro per portare a termine una missione, senza alcuna azione o viaggio rapido possibile, cosa che rallenta di fatto quello che era un ottimo ritmo narrativo e ludico.

Tiziano Sbrozzi
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.

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