Netflix è stato il primo servizio di streaming online serio e ben definito: ricordo ancora il suo avvento in Italia nel “lontano” 22 ottobre del 2015, a ben pensarci un’epoca diversa rispetto ad oggi, per molti aspetti sociologici che la stessa azienda d’intrattenimento ha contribuito a creare. Ricordo con un sorriso il giorno in cui provai il servizio a casa di un amico, che per altro è il caporedattore di questo sito, Simone Lelli, che mi illustrò un catalogo all’epoca “risicato” ma comunque già abbastanza ricco di contenuti.
I contenuti. Già, quelli che oggi diamo per scontati. Ci ergiamo a giudici, giuria e carnefici di prodotti che solo otto anni fa non eravamo neanche minimamente in grado di immaginare. Ricordo esattamente cosa pensai di Netflix pochi mesi dopo l’inizio dell’avventura, dissi a me stesso:
«Cacchio, questi ci credono davvero! Fanno roba tutta loro, a marchio loro, investono sul territorio (Australia, America, Europa) permettendo ad attori e registi di emergere. E io faccio la mia parte in tutto questo, pagando un servizio, fantastico!».
Grazie a Netflix hanno trovato spazio artisti che difficilmente avrebbero avuto un posto a Hollywood e molti di loro sono approdati nelle major grazie all’esordio sulla (all’epoca) piccola piattaforma emergente.
Siamo quindi giunti ad un bivio: condivisione account sì, condivisione account no. È su questo che in molti dibattono oggi, sui sistemi che l’azienda sta adottando per “difendere sé stessa”, del resto il mercato oggi è cambiato, quello stesso mercato che Netflix ha creato e che ha visto la nascita di player differenti e in un certo senso concorrenti a lei stessa: Prime Video, Disney+, Apple TV, Now TV, Rakuten TV, Chili TV, per finire con player di nicchia specializzati in determinati settori come Crunchyroll che fa del prodotto d’animazione giapponese il suo core business.
Oggi Netflix ci dice che per continuare a condividere la propria password con un massimo di altri 2 amici dovremo pagare €5 al mese extra per ogni amico connesso, il che porterebbe il costo complessivo da dividere in 3 persone ad una cifra che è poco più del doppio rispetto a quanto pagato fin ora (prendendo in esame l’account più costoso ovvero quello da circa 18,00€ al mese, che consente l’accesso a 4 schermi con qualità massima 4K). Discutendo con amici e parenti, mi è parso chiaro il malcontento generale, fatto di becere affermazioni che non condivido minimamente, e il mio “senso di giornalista” ha iniziato a prudere, al punto che mi sono chiesto: davvero non c’è nulla da vedere su Netflix? Conoscevo già la risposta, ma ho voluto sinceramene, e andando a braccio ho scritto nella lista che segue tutti i contenuti esclusivi della piattaforma che ho visto e che mi hanno lasciato un qualcosa dentro, come persona e come “addetto ai lavori”:
- Stranger Things
- The Sandman
- Black Knight
- Working – lavorare per vivere
- Outsider
- Fractured
- Suburra – La Serie
- Red Sea Diving
- Diamanti Grezzi
- Kengan Ashura
- Spinning out
- Bestars
- Record of Ragnarok
- You
- McGregor Forever
- Kakegurui
- AKA
- Operation Finale
- Fubar
- Selling Sunset
- The Witcher
- Bloodline
- Avvocato di difesa
- What/if
- The last dance
- Locke and Key
- Lost in space
- Ragnarok
- Altered Carbon
- Snowpiercer – serie
- L’alienista
- Bodyguard
- La casa di carta
- Elite
- Secret city
- The Crown
- Spenser Confidental
- Sense8
- True Story
- Hollywood
- Disincanto
- Peaky Blinders
- Castlevania
- Anatomia di uno scandalo
- La famiglia dei diamanti
- Halston
- Bastard
- La regina degli scacchi
- La notte che non passerà
- L’estate in cui imparammo a volare
- Il metodo Kominsky
- ARCANE
- Birdbox
- La scoperta
- Highwayman – l’ultima imboscata
- Bright
- Monster
- When The See Us
- You Don’t know me
- Squidgame
- Alice in Borderland
- The Gray Man
- The Silent Sea
- Bojack Horseman
- Inside Job
- Tyler Rake
- Strappare Lungo i Bordi
- Panama Papers
- Umbrella Academy
- Pinocchio di Guillermo del Toro (premio Oscar 2023)
E questi sono solo alcuni dei contenuti Netflix esclusivi che il sistema mi suggerisce e che ho di fatto visto. Effettivamente sì, solo roba di poco conto (ironia). Potrei spendere ore ad enunciare i risultati di come questi contenuti che troviamo solo qui abbiano di fatto cambiato il modo di comunicare, di fare cinema e, in alcuni casi, fatto scalpore sociale. Vedi ad esempio quei Squid Game o Sense8, che ne hanno creato talmente tanto da costringere i propri creatori a doppiarlo in più lingue, tanta era la richiesta delle persone.
Netflix oggi ci ha permesso di conoscere anche il panorama cinematografico (nel quale inserisco anche le Serie TV) di paesi molto lontani dal nostro: posso definirmi (come molti di voi immagino) un avido consumatore del cinema Coreano, e posso farlo grazie alla piattaforma.
Oltre tutto questo, va considerata la qualità del servizio, che ad oggi uno dei pochi che trasmette in qualità 4K molti dei suoi contenuti, in Dolby Vision, e che permette un buffering dell’episodio (al punto che se ad esempio sono in treno e la connessione salta, non me ne accorgo se si riconnette prima che il buffering pre-caricato sia esaurito).
A parità di contenuto di terze parti, ad esempio, Netflix garantisce un prodotto qualitativamente migliore in generale, sia per qualità visiva che audio, e per me che sono un “fissato della grafica” questo conta e non poco.
Finisce qui? No, perché sono in arrivo sempre cose nuove (Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo, Tyler Rake 2, Arnold, One Piece, Black Clover, Cobra Kai VI, Caccia al Killer, Le Carte dell’Assassino, per citarne alcuni). Esperimenti di serie e film – che non vanno sempre bene, per carità – dove Netflix sembra essere oggi l’unica piattaforma con il coraggio di osare, di proporre una cosa alternativa rispetto alla concorrenza che preferisce, in genere, andare su sicuro.
Prendere o lasciare? Per me si prende ed a piene mani, perché di fatto ne vale la pena, perché se scorro quella lista di contenuti mi rendo conto di quante cose ho visto e rivedrò più volte, compresi docufilm o documentari che non ho inserito in quella lista, ma che fanno comunque parte di un arricchimento culturale di altissimo livello. Si prende, anche per tutto quello che è in arrivo e che non ho alcuna intenzione di perdermi, e si prende perché la qualità, semplicemente, si paga, e finché il servizio che pago è all’altezza dei soldi che vengono chiesti, per me si continua. I motivi per lasciare un servizio sono e saranno sempre, per me, altri.