Spike Chunsoft è un team di sviluppo che, sin dagli anni ’80, ha offerto ai giocatori una serie di personaggi e mondi che sono entrati all’interno di un certo immaginario collettivo. Una delle loro IP di maggior successo è il famigerato Danganronpa, successo dovuto sia al particolare character design, che alla sceneggiatura realizzata da Kazutaka Kodaka. Un autore in grado di entrare nel cuore di moltissimi appassionati, che hanno deciso di seguirlo anche in ulteriori progetti, del calibro di Death Come True e World’s End Club. In questa recensione, però, parliamo del suo ultimo titolo, realizzato in collaborazione con gli sviluppatori di Too Kyo Games, ovvero Master Detective Archives: RAIN CODE.

L’inizio di una nuova vita

Nell’anima delle opere create da Kodaka, la narrativa è l’aspetto principale dell’intera esperienza. La storia racconta di un giovane che si risveglia nello sgabuzzino di una stazione, senza alcun ricordo della sua vita passata. L’unico indizio che possiede è un invito per salire su un treno da parte della WDO, meglio conosciuta come l’organizzazione mondiale dei detective: decide così di seguire questo suo unico indizio. Un incipit che trasporterà il giocatore in un viaggio pieno di personaggi stravaganti, pericolose situazioni, tante menzogne, e soprattutto delle importanti indagini. Il nostro protagonista sarà accompagnato da Shinigami, una Dea della morte che lo perseguiterà fino alla sua morte.

Il giovane Yuma Kokohead si trova così in una situazione che, volente o nolente, deve accettare per riuscire a ottenere informazioni sulla sua identità. Purtroppo preferiamo fermarci qui nel raccontare i dettagli di questa disavventura, anche perché c’è il rischio di rovinare l’intero gioco a causa degli spoiler sempre dietro l’angolo. Il titolo punta fortemente proprio sulla sua sceneggiatura e la caratterizzazione, tanto che per la maggior parte del tempo il giocatore deve assistere a filmati e leggere molti dialoghi (stavolta tutti interamente doppiati… anche se non in italiano).

Master Detectives Archives: Rain Code scandisce bene il suo ritmo, riesce a mantenere alta l’attenzione dell’utente, sia per i diversi personaggi, sia per gli intriganti eventi che affronteremo. Il carattere timido e altruista del protagonista, in contrasto con quello egocentrico, eccentrico, esagerato, molesto… (la lista è davvero lunga) di Shinigami, crea una dinamica davvero simpatica, andando ad alleggerire spesso l’atmosfera delle diverse situazioni. Lo stesso possiamo affermare per tutti gli altri personaggi che compaiono nel videogioco, estremamente enfatizzati nelle loro caratterizzazioni. Alcuni rischiano di essere prevedibili e ripetitivi, ma non mancano interessanti colpi di scena. Non proprio allo stesso livello di Danganronpama è comunque presente una certa cura al dettaglio tipica del team.

La pioggia eterna

Gli sviluppatori hanno così realizzato un prodotto estremamente interessante nella sua caratterizzazione ma, purtroppo, il gameplay si porta tutti i pregi e i difetti del suo predecessore spirituale. L’opera si presenta come un investigativo suddiviso in capitoli, dove lo scopo di Yuma è quello di svelare i diversi misteri racchiusi in ognuno di essi. Una struttura di base molto interessante, che in Master Detective Archives: RAIN CODE risulta estremamente scriptata e lineare nella sua impostazione.

Nelle zone d’indagine il gioco mette continuamente in evidenza quali sono i diversi punti d’interesse, senza mai costringere il giocatore a un’attenta ricerca (cosa che non avrebbe guastato per mettere un po’ di pepe). Un’altra pecca è l’esplorazione della mappa di gioco, che risulta estremamente limitata tanto che l’unica cosa realmente da fare è il camminare per raggiungere il proprio obbiettivo. Esistono comunque elementi secondari, come NPC con dialoghi fini a loro stessi, o i collezionabili che portano a dei dialoghi secondari con i propri alleati. Entrambi servono per dare un maggiore contesto all’universo narrativo, non obbligatorio, ma che crea una maggiore relazione tra il giocatore e l’opera.

Le missioni secondarie sono, purtroppo, la parte meno riuscita di tutto il gioco. Le uniche cose che esse richiedono sono quelle di andare da un punto A a un punto B della mappa, chiacchierare, e raggiungere poi altri punti fino alla sua conclusione. Un vero peccato, anche perché non hanno una reale conseguenza nella dinamica dell’avventura e in generale sono meno interessanti.

Tempo di “strauccidere”!

Il giocatore deve comunque mettere alla prova tutti gli indizi e le deduzioni fatte durante le proprie indagini nel labirinto dei misteri, una meccanica molto interessante dove il gameplay mostra il suo potenziale (diciamo che si tratta dell’equivalente del “Class Time” di Danganronpa). Questi ambienti, personificazione del mistero stesso, richiedono a Yuma di utilizzare tutte le chiavi soluzioni raccolte nel mondo reale, in modo da scoprire l’orrenda verità dietro ogni crimine.

Una buona dinamica per contestualizzare una serie di minigiochi, come il barile dove comporre parole mirando alle lettere, o “momenti kaiju”, che mettono alla prova l’attenzione del giocatore e rendono maggiormente varia l’intera esperienza. Purtroppo il tasso di difficoltà rimane sempre tarato verso il basso. Novità assoluta, alla fine del labirinto, quando il mistero sarà risolto, ci verrà data una valutazione finale – con punteggio in lettere da SS in giù – in base ai tentativi, alle deduzioni, e alla vita persa durante il labirinto, un modo in più per spingere il giocatore a ripetere determinate sezioni.

Una delle sezioni maggiormente interessanti sono delle battaglie “simil JRPG”, dove il nemico accusa il protagonista di false deduzioni, e dove quest’ultimo deve trovare la frase giusta da effettuare al momento giusto (proprio con le chiavi soluzioni). Una dinamica interessante che cerca di evolvere i proiettili di Danganronpa con il 3D, inserendo una componente action come la schiavata o i comandi di difesa e di attacco.

Lodevole il tentativo del team di sviluppo di prendere il gameplay del miglior franchise di Spike ed evolverlo, ricontestualizzando in un ambiente tridimensionale. Quello che ne è nato è un prodotto che mischia il suo spirito da visual novel a lievi elementi da open world e action, in un risultato non adatto a tutti, ma che colpisce pienamente il suo pubblico di riferimento.

Uno stile da vendere

Una delle caratteristiche meglio riuscite in Master Detective Archives: RAIN CODE è sicuramente il suo design. La città di Kanai Ward ci regala uno splendido colpo d’occhio, grazie alle sue luci al neon e quella pioggia apparentemente infinita. Possiamo dire lo stesso anche di tutte le altre ambientazioni, che offrono una grande varietà di situazioni e colori che lasciano continuamente sorpresi. L’immaginario di Kodaka è ben proposto con l’Unreal Engine 4, anche se per fora di cose Nintendo Switch fatica con alcuni rallentamenti e compromessi come texture di media qualità.

I personaggi sono comunque visivamente splendidi, soprattutto negli artwork che compaiono nei dialoghi. Purtroppo i modelli in game non sono al passo con i tempi, ad esempio per i loro movimenti meccanici, o l’evidente riciclo degli NPC.

Il doppiaggio inglese si dimostra di buona qualità, ma non si può dire lo stesso del mixaggio del labiale, completamente sbagliato. Confermiamo comunque la possibilità di selezionare il doppiaggio in giapponese, nel caso vogliate vivere un’esperienza ancora più originale.

Siamo comunque felicissimi di vedere l’italiano come localizzazione testuale, non presente nelle prime pubblicazioni degli altri titoli di Spike. Questo dimostra come ormai l’interesse per prodotti di questo tipo continui ad aumentare, con la gioia di chi non mastica bene l’inglese. Infine, segnaliamo il ritorno di Masafumi Takada alla colonna sonora. I fan sono sicuramente felici di avere nuovamente il compositore di Danganronpa con il suo tipico stile musicale, iconico già dalle prime note che ascolterete.

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Master Detective Archives: RAIN CODE

7.8

Too Kyo Games e Kazutaka Kodaka hanno creato un'opera con caratterizzazione e stile da vendere, con un gameplay che cerca di evolvere quanto fatto in passato nella serie di Danganronpa. Purtroppo quest'ultimo è al tempo stesso il suo pregio e il suo difetto, in un'esperienza che riesce a colpire il suo pubblico di riferimento senza stravolgere troppo delle dinamiche già consolidate. Un ottimo punto di partenza per creare una serie con grande potenziale e, a giudicare anche solo dal titolo, sembra proprio questa l'intenzione.

PRO
  • Una sceneggiatura di qualità.
  • Una character design splendido
  • Ambientazioni dallo stile curato
  • L'evoluzione di un gameplay amato da molti
CONTRO
  • Alcuni personaggi e soluzione narrative prevedibili
  • Modelli e texture non al passo con i tempi
  • Gameplay interessante che rischia di diventare ripetitivo
Giona Corucci
Io vivo e corro con il vento, ma la mia passione per la cultura pop è rimasta ancorata sin da quando ho ricordo. Ne è passato di dai tempi delle demo nelle merendine, e sono diventato un appassionato di molti settori di questo mondo: dai videogiochi al cinema, fino all'animazione e perfino la letteratura. In questo periodo della mia vita, spero di portare contenuti di qualità all'interno di Game Legends.

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