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La saga di Tomb Raider: storia ed evoluzione del mito di Lara Croft

Tanti possono definirsi appassionati della serie o presunti tali. Dopotutto, chi non ha mai provato una delle tante avventure della signorina Croft? Eppure, pochi di voi sanno che Lara una volta era un uomo. Quando Eidos e il suo primo team di sviluppo, la leggendaria Core Design, decisero di entrare nel campo del platform, l’aspetto generale del loro protagonista era quello di un archeologo con cappello e frusta. Viste le notevoli somiglianze col noto personaggio nato dalla penna di George Lucas, alla fine si è dovuto fare qualche ritocco. Tomb Raider era un gioco calmo, fatto di enigmi, fini ragionamenti ed acrobazie ben lontane dalle possibilità di una persona comune. Toby Gard, creatore della serie, associò subito questi aspetti alle peculiarità uniche di una donna. Nonostante lo scetticismo iniziale di Jeremy Smith, suo braccio destro, nel 1993 venne ideato il personaggio di Lara, più o meno come l’abbiamo conosciuto nella sua prima apparizione. Lo studio della protagonista passò attraverso varie fasi, ma l’idea generale restava sempre la stessa: una donna forte, indipendente e coraggiosa. Fu così che il concept del personaggio passò attraverso vari rimaneggiamenti, prima di raggiungere lo stadio definitivo, diventando di fatto Lara Croft.

Tomb RaiderL’apparizione ufficiale di Lara avvenne nel 1996, con il leggendario Tomb Raider. Accompagnata delle sue fide pistole gemelle, la ragazza parte per il Perù, assoldata dalla ricca industriale Jacqueline Natla, alla ricerca dello Scion, un misterioso artefatto che sembra essere legato alla città perduta di Atlantide. Tra le montagne trova la tomba di Qualopec, colui che si pensava fosse uno dei re della città sommersa. Attaccata da Larson, uno degli scagnozzi di Natla, Lara scopre il doppio-gioco della donna e continua la ricerca da sola, una volta capito che quello che aveva tra le mani era solo uno dei tre pezzi che componevano l’artefatto finale. L’archeologa scopre che il secondo pezzo è in Grecia, nel sottosuolo del monastero di St. Francis Folley. Messi assieme tutti i pezzi, l’ultimo dei quali nascosto in Egitto, Natla si rivela essere una delle antiche regine di Atlantide, diseredata dagli altri re per aver tentato un colpo di stato contro gli altri reggenti. Ibernata per svariati millenni nella sua tomba, era riuscita a liberarsi e a tentare di ricomporre lo Scion, un oggetto che le avrebbe potuto dare il potere di iniziare una “nuova era”. Prima che la dea potesse portare a termine il suo piano, Lara riesce a fermarla, seppellendola una volta per tutte con l’intera isola.

In un’epoca in cui erano i platform di Nintendo a farla da padrone, Tomb Raider venne fuori un po’ come la voce fuori dal coro. Realistico, per niente fluido e con un sistema che puniva pesantemente il giocatore in caso di Game Over, tracciando questa sorta di ramo parallelo verso cui il platform-gaming si sarebbe evoluto. Tomb Raider, magari senza neanche immaginarselo, aveva creato un genere fatto di salti di precisione e di una quasi totale assenza di nemici da abbattere. La lunghezza e la difficoltà dell’avventura fecero il resto, siglando definitivamente il successo del personaggio e il suo conseguente boom commerciale. Alcune critiche vennero mosse verso il sistema di salvataggio, legato a dei cristalli reperibili nei livelli che funzionavano da veri e propri punti di checkpoint.

Tomb Raider

Toby Gard, il papà spirituale di Lara, abbandona però Eidos subito dopo l’arrivo nei negozi del primo episodio, additando la casa produttrice di avergli concesso poca libertà artistica. Orfana del suo creatore, la saga continuò senza sosta sotto la bandiera di Core Design per altri tre anni, uno per seguito. Tomb Raider 2 (1997) porta Lara in Cina, alla ricerca del Pugnale di Xian, che secondo alcune leggende giace sotto la Grande Muraglia ed è capace di donare al suo possessore un potere immenso. A quanto pare, anche un boss mafioso italiano, un certo Marco Bartoli, è sulle tracce del pugnale. L’avventura ruota attorno alla lotta tra la giovane archeologa e il mafioso per il possesso di una chiave necessaria ad aprire le porte nascoste nella Grande Muraglia. Lara riesce finalmente a prenderla in un monastero Tibetano, ma si ritrova a combattere contro il boss mafioso tramutatosi in un drago. Per l’occasione, la mole poligonale della protagonista venne incrementata, mentre le tecniche d’esplorazione rimasero pressoché le stesse. Si dovette aspettare il terzo episodio per iniziare a vedere qualcosa di nuovo.

Tomb RaiderMark Willard, scienziato scozzese, raggiunge Lara in India, dove quest’ultima ha appena scoperto un artefatto noto come La Pietra Infada. Si dirigono in un complesso di isole perduto nell’Oceano Pacifico. Il viaggio continuerà poi in Inghilterra, nell’Area 51 e in Antartide. Una volta riuniti tutti gli artefatti, Willard li ruberà a Lara e utilizza il loro potere per trasformarsi in un’enorme bestia. Ovviamente, sarà Lara ad avere la meglio nello scontro. Tomb Raider 3 settò nuovi standard in termini di gameplay. Tra le varie novità, la possibilità di accucciarsi per passare in spazi stretti. Purtroppo la direzione artistica cominciava a subire i primi contraccolpi. Core Design, come ammise la software-house stessa, era stanca di lavorare alla serie già dai tempi del secondo episodio. Inoltre, critica e pubblico cominciavano a dubitare di una saga che, forse, non aveva più altro da dire. Eidos non accettava di lasciarsi sfuggire il successo che il franchise le stava procurando da anni, e fu così che, nonostante la scarsa voglia degli sviluppatori, uscì Tomb Raider: The Last Revelation (1999).

Tomb RaiderPer la prima volta appare una Lara giovane, impegnata nella sua famosa escursione in Cambogia col suo professore Werner. Purtroppo, a causa dell’attivazione di una mortale trappola, Werner resta intrappolato nella tomba, con Lara che riesce a salvarsi per il rotto della cuffia. Alla fine del flashback, tornati ai giorni nostri, vediamo come l’archeologa sia alla ricerca della tomba del dio degli inferi Seth, ovviamente nel cuore dell’Egitto. Recuperando l’amuleto d’oro intarsiato nella sua bara, l’eroina si accorge troppo tardi di averlo liberato dalla sua prigionia. L’unico modo per fermarlo è recuperare tutti i pezzi dell’armatura di Horus. L’armatura viene distrutta, e l’unica opzione dell’avventuriera è di seppellire Seth e Werner (soggiogato dal potere della divinità malvagia) attivando il sistema di auto-distruzione della piramide in cui ha luogo lo scontro finale. Durante la fuga dalla tomba, il crollo fa mancare il pavimento sotto i piedi di Lara, che riesce ad appendersi ad una sporgenza. Werner, rinsavito e tornato indietro per salvarla, offre alla giovane il suo aiuto. Lara, che non si fidava più del suo mentore, rifiuta la mano e si arrende al suo destino, cadendo nel vuoto e restando seppellita. Il finale di The Last Revelation scioccò tutto il mondo. Un grido soffocato di soddisfazione da parte degli sviluppatori di Core Design, che avevano trovato il modo di scollarsi di dosso questa serie. Lara era morta, e il franchise sepolto con lei. Questo quarto episodio, infatti, non ebbe successo, sottolineando da parte del pubblico un po’ di freddezza verso colei che era stata il simbolo di tutti gli anni ’90. Nonostante la presunta morte, la signorina Croft fece ugualmente ritorno in numerosi seguiti.

Tomb RaiderIl primo, in ordine cronologico, fu Tomb Raider: Chronicles (2000). Lo stratagemma di Core Design fu infatti questo: proporre un’avventura che in realtà fosse una serie di flashback. Quattro, per la precisione. Queste mini-storie andavano a comporre un quadro generale più eterogeneo che in passato, ma la mancanza di una vera e propria quest principale si faceva sentire. Le trame iniziavano e finivano nel giro di due-tre ore, susseguendosi come semplici episodi auto-conclusivi che come avventure vere e proprie. Lara girerà velocemente il mondo partendo da Roma, passando per una base militare russa e finendo su un’isola irlandese infestata da fantasmi. Alcuni rimandi agli episodi precedenti colpiscono il cuore dell’appassionato di vecchia data, ma la facilità e la brevità del tutto non rendono Chronicles memorabile, neanche quanto il peggiore degli episodi passati. C’era poco da fare, la serie si trascinava in avanti senza motivo, con Eidos che non riusciva a staccarsi dalla sua gallina dalle uova d’oro. Il finale aperto di Chronicles lasciava presagire ulteriori seguiti con cui annacquare il calderone. Werner, infatti, che non si era mai perdonato per la morte di Lara, e aveva cominciato degli scavi nel punto in cui la piramide di Seth era affondata. Alla fine, dopo una settimana di ricerche, riescono a trovare il corpo dell’archeologa. Ancora caldo, ovviamente.

Tomb RaiderDopo vari spin-off portatili, ecco arrivare Tomb Raider: The Angel of Darkness (2003). Il titolo era coraggioso, tentava di aprire il gameplay ad orizzonti mai esplorati prima, come quelli ruolistici, e prometteva davvero di rivoluzionare una saga che aveva ben poco da dire. Ma il risultato fu esattamente l’opposto. Angel of Darkness segnò la morte definitiva del brand. Nonostante una storyline molto godibile, il violento miscuglio di generi si rivelò essere una delusione. Ovviamente, non era tutto da buttare. Alcuni livelli erano interessanti e non mancavano sequenze memorabili. La trama, dalle tinte noir, raccontava di una Lara alla ricerca dell’assassino di Werner. I colpi di scena erano veramente tantissimi, con varie sorprese (compreso un secondo personaggio giocabile) che riuscivano a tenere il giocatore incollato allo schermo, ma bisognava fare i conti con un sistema di controllo ingestibile e per niente ispirato. Il finale, apertissimo, prevedeva almeno due seguiti, ma l’insuccesso del titolo al botteghino segnò il capolinea dell’era Core Design, che fu definitivamente sollevata dall’incarico. Era dai tempi del terzo episodio che nella saga si susseguivano trovate più o meno riuscite, ma con Angel of Darkness si toccò il punto più basso. Eidos, orfana della leggendaria software-house che aveva creato e fatto crescere la sua beniamina, doveva correre ai ripari.

Tomb RaiderCrystal Dynamics, una seconda sussidiaria di Eidos, prese in mano le redini della saga, accollandosi il fardello di rinnovare un personaggio che non riusciva ad attirare per nulla le nuove generazioni. Già famosi per aver sviluppato Legacy of Kain, decisero di rivedere le fondamenta stesse del franchise e di ripartire praticamente da zero. Fu così che venne fuori Tomb Raider: Legend (2006). In linea con le precedenti trame e atmosfere, questo primo reboot offriva un’esperienza tra le più appassionanti di sempre, fatta di oggetti mitologici, pericolosi antagonisti mafiosi e fantasmi del passato che tornano a tormentare Lara. Il sistema di controllo fu completamente rivisto, ispirandosi a quello ben più collaudato di Prince of Persia. Per la prima volta Lara aveva abbassato la testa e si era accontentata di scimmiottare la concorrenza, ma forse era proprio questa la soluzione. Basta trovate dal dubbio gusto, basta con l’incessante desiderio di rinnovare qualcosa tanto per far parlare di sé: Tomb Raider, se voleva vivere, doveva per prima cosa ricominciare ad essere un gioco come tutti gli altri. Purtroppo, Legend non si rivelò nient’altro che un esperimento riuscito a metà. Il gioco era semplicissimo, le sparatorie tutt’altro che profonde e la campagna principale poteva essere portata a termine in meno di 6 ore, ma dopo tanti anni si vide un barlume di speranza in fondo tunnel. Lara aveva ancora qualcosa da dire. Nel 2006 l’interesse del mondo videoludico verso la bella archeologa si riaccese, e Toby Gard era tornato appositamente per supervisionare il progetto. Inoltre, per festeggiare il primo decennio di vita del franchise, Crystal Dynamics annuncia Tomb Raider: Anniversary (2007), rifacimento totale del primissimo episodio. Quella con Natla e lo Scion, ricordate? Il risultato fu ottimo e, nonostante riuscisse a sorprendere meno di un capitolo completamente nuovo, Anniversary fu l’ennesima prova che Crystal Dynamics era l’unica software-house al mondo capace di trattare Lara come meritava.

Tomb RaiderTomb Raider: Underworld (2008) segna l’avvento di Lara su PS3 e Xbox360, e le aspettative erano davvero altissime. Probabilmente un anno non bastò a Crystal per tirar fuori il gioco dei loro sogni. Non essendo stato comunque un insuccesso totale, Underworld fece tornare la saga sotto riflettori negativi. Pieno di difetti grafici e tecnici, era un covo di bug più o meno gravi che andavano a minare un’esperienza godibile dal punto di vista artistico. La sceneggiatura vede Lara viaggiare per tutto il mondo fino al ritrovamento di Avalon. Il copione va ad intrecciarsi perfettamente con quello di Legend ed Anniversary: seppur non raccontata brillantemente, la storia dà un conclusione degna e soddisfacente alla trilogia, chiudendo dei buchi che la saga non risolveva da quasi un decennio. L’ultimo capitolo è dei tre il più fedele alla saga classica. Sequenze d’azione ridotte all’osso, esplorazione nuda e cruda di fantastici ed enormi scenari naturali, enigmi tosti e platforming allo stato puro. Se non fosse stato per il poco tempo a disposizione (un anno per svilupparlo su una console completamente sconosciuta), Underworld sarebbe stato il migliore della trilogia. E lo è per davvero. Crystal si accorse di aver sopravvalutato la generazione attuale di giocatori, e aveva capito che proporre un gioco totalmente adventure e dai ritmi così lenti è stato un grave azzardo.

Fu allora che sopraggiunse Square Enix. Già famosa per la saga di Final Fantasy e molte altre, nell’aprile del 2009 acquista Eidos, trasformandola in una sua sussidiaria e facendo nascere l’attuale Square Enix Europe. Nomi a parte, la sostanza restò comunque la medesima, con le stesse persone e sviluppatori interni. A Crystal fu data nuovamente fiducia, ma i piani di Square in merito alla saga erano altri. Underworld non avrebbe avuto un seguito diretto, ma un nuovo capitolo sarebbe rinato dalle sue ceneri. Una seconda volta. Viene annunciato Tomb Raider.

Tomb RaiderSenza numero, senza sottotitolo: il gioco uscito nel 2013 è un vero e proprio primo capitolo di una nuova trilogia. Ancora una volta si riparte da zero per riscrivere Tomb Raider dalle fondamenta. Una Lara più giovane si ritrova a fare i conti con la sua prima avventura. Per l’occasione il background è stato di nuovo riscritto. A quanto pare, gli accadimenti che hanno reso Lara l’archeologa che tutti conosciamo hanno avuto origine durante un naufragio nel Triangolo del Drago, un misterioso arcipelago al largo del Giappone. Per la terza volta si riparte daccapo, nel tentativo di avvicinare i giovani ad un personaggio che ha già 15 anni di storia alle spalle. La protagonista subisce un pesante restyling (per andare incontro al pubblico femminile), diventa più credibile (sia nel carattere che nelle forme) e viene messa costantemente alla prova con situazioni al limite dell’umano. Questo nuovo Tomb Raider è un prodotto decisamente più attuale, capace di andare incontro ai gusti di chiunque: si esplora, si spara, si combatte, ha una regia spettacolare e si guadagnano punti esperienza.

Non c’è dubbio che le due versioni di Lara Croft siano soprattutto figlie dei propri tempi: quella di Toby Gard deriva da una visione pienamente anni ’90 del videogioco, con una protagonista carismatica ma monodimensionale dal punto di vista psicologico, mentre quella di Crystal Dynamics, in collaborazione con la sceneggiatrice Rihanna Pratchett, si instaura nella complessa rilettura post-moderna che disgrega i tratti netti dei vecchi eroi e li sostituisce con una nuova generazione di personaggi più stratificati e complessi. Il gusto per la narrazione delle origini si è sviluppato in maniera particolare negli ultimi anni, e la nuova trilogia rientra perfettamente in questo paradigma: mentre il personaggio originale si presentava già forte, esperto ed eroico fin dalle prime sequenze, la nuova protagonista è poco più di una ragazza normale, costretta a scoprire il suo straordinario potenziale per venire a capo di una situazione a dir poco drammatica.

Rihanna Pratchett ha il merito di essere stata lungimirante, scrivendo una storia ad ampio respiro che prevede fin dall’inizio un’interessante evoluzione graduale di Lara Croft all’interno di vari capitoli. Alla base c’era la necessità di portare avanti una narrazione che cominciava a trascinarsi piuttosto blanda, dopo ben nove giochi della saga principale, e l’idea del reboot è stata quasi inevitabile. Certo, la soluzione non è priva di contraddizioni: la virata action in molte sezioni mette in scena la strana alternanza tra un’insicura aspirante archeologa poco più che ventenne, con le sue incertezze e paure, e una guerriera che uccide con determinazione e violenza. Tuttavia, anche questa doppia personalità è funzionale per rimarcare l’eccezionalità del personaggio fin dalla sua giovinezza.

Tomb RaiderRise of the Tomb Raider (2015), il secondo capitolo della nuova trilogia, vuole raccontare fin dal titolo l’ascesa della protagonista al ruolo che le compete. Non siamo ancora al livello mitologico della Lara originale, ma la protagonista di Rise aspira con piena consapevolezza al ruolo leggendario che la storia videoludica le ha riservato. È un personaggio profondamente umano ma già in grado di affrontare con risolutezza le proprie battaglie, a cui si sovrappone il ruolo salvifico che emerge nel corso degli eventi. In questo episodio non si combatte semplicemente per la sopravvivenza, ma si delinea meglio la ricerca della verità sui lati oscuri della famiglia Croft. Questi drammi interiori si intersecano con gli eventi che portano Lara a salvare il mondo da minacce sempre più grandi e terribili. La profondità tipica del personaggio moderno emerge anche in questo processo, gettando su Lara l’ombra inquietante di eventi catastrofici, e dal continuo bisogno di verità che si trasforma gradualmente in desiderio di vendetta.

Tomb RaiderIn uscita tra pochi giorni, Shadow of the Tomb Raider si prospetta essere l’apice dell’ascesa e culmine del percorso di Lara. L’archeologa si scopre fragile e fallibile, incerta nel suo ruolo tra salvatrice del mondo e portatrice di sventura: forse è questa l’ombra incombente che viene riportata nel titolo stesso del gioco. La storia non è ancora del tutto nota, ma vedrà Lara impegnata in una spedizione in Sud America alla ricerca di un’antica reliquia Maya.

Shadow of the Tomb Raider sarà disponibile su PlayStation 4, Xbox One e PC il 14 settembre 2018.Tomb Raider

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