Recensione

L.A. Noire Remastered Recensione

Rivedere un buon film è sempre piacevole, specialmente se si tratta di un grande classico, e questo concetto si adatta talmente bene alla remastered di L.A. Noire che potremmo riassumere tutta la recensione in queste poche righe di testo. Non lo faremo, ovviamente, perchè non solo non renderebbe giustizia al lavoro svolto dal team di Rockstar Games, ma nasconderebbe anche qualche piccola negligenza che però possiamo perdonare senza troppi problemi. Dopo sei anni il titolo del defunto Team Bondi torna sui nostri schermi e ci catapulta nuovamente in una Los Angeles segnata dal vizio e dal peccato, teatro di una serie di misteriosi omicidi. Nel 2011 era stata proprio questa la carta vincente di L.A. Noire, l’atmosfera che attinge a piene mani dalla contraddittoria America degli anni ’40, che ti seduce e ti sottrae lentamente tutto ciò che hai senza lasciare un barlume di speranza a chi è rimasto invischiato nella tela di quella vedova crudele e maliziosa. Dopo tutto questo tempo, il titolo di Rockstar avrà sopportato bene il peso degli anni? A volte si, a volte no.

Il lato oscuro di una metropoli 

Cole Phelps è un personaggio difficile da digerire, principalmente a causa del suo carattere forgiato da un passato doloroso: dopo aver prestato servizio come militare nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, il nostro alter ego ha pensato bene di lasciarsi alle spalle quelle atrocità intraprendendo una carriera in polizia, ma purtroppo le cose non andranno per il meglio. Nel corso della sua rapida scalata verso il successo, Phelps si ritroverà al centro di una spirale di corruzione, vizio e violenza, alla quale risponderà con le sue maniere crude e irruente. Sporcarsi le mani non sarà un problema per lui, ma nelle sue azioni si rispecchierà sempre un’implacabile devozione alla giustizia, quella vera, che dispenserà tra i vicoli e gli appartamenti di Los Angeles. Insomma, ci troveremo a convivere con un protagonista enigmatico e spigoloso, niente a che vedere con gli amabili criminali ai quali Rockstar ci ha abituato, verso il quale proveremo comunque una certa empatia. 

Cole Phelps si dimostrerà (o meglio, voi glielo permetterete) un detective impeccabile, sempre sul pezzo e pronto a seguire una traccia non appena si presenta l’occasione. Verremo spesso chiamati a fare un sopralluogo sulla scena del crimine, e starà a noi osservare attentamente i dintorni per cercare indizi: ogni volta che ci avvicineremo a qualcosa che merita la nostra attenzione il controller vibrerà, rendendo l’HD Rumble una piacevole ed azzeccata aggiunta al gameplay. Tutto ciò è ancora più evidente nella versione per Nintendo Switch, che sfrutta al meglio le funzionalità dei Joy-Con e ci permette di allargare e restringere la telecamera. Non ci limiteremo, tuttavia, ad appuntare informazioni sul nostro taccuino: tra inseguimenti in auto, sparatorie e missioni secondarie, L.A. Noire prende in prestito qualche meccanica da GTA fornendoci anche un discreto comparto action. Il bello, però, arriva con gli interrogatori.

Lie to me

Come si può risolvere un caso senza confrontare direttamente i sospettati? Ecco che, dopo indagini e azione, arriva la parte più sostanziosa e studiata dell’intera esperienza di gioco: gli interrogatori. Ci troveremo davanti a una rosa di personaggi dalle mille sfaccettature, da truffatori a persone oneste e (naturalmente) assassini, e il discriminante che ci permetterà di capire le loro intenzioni saranno le espressioni: sotto questo punto di vista, il piccolo miracolo di motion capturing realizzato dal Team Bondi continua a splendere nella remastered di Rockstar, e si dimostra ancora uno dei migliori della storia dei videogiochi. Se conoscete Lie to Me, la celebre serie televisiva americana, riuscirete a destreggiarvi abilmente tra testimonianze vere e false, perché saranno proprio i volti dei sospettati a raccontarci la verità. Avremo a disposizione tre diverse tipologie di risposta, Asseconda/Forza/Accusa, che vanno a sostituire Verità/Dubbio/Menzogna della versione originale con il fine di rendere più coerenti e verosimili le reazioni di Cole Phelps. Ogni volta che saliremo di livello, inoltre, sbloccheremo un Punto Intuito, che ci permetterà di eliminare una risposta sbagliata in un dialogo e di evidenziare gli indizi sulla scena del crimine. 

L.A. NoireA seconda delle nostre scelte, le nostre scoperte e il nostro approccio al caso, l’andamento della trama e degli interrogatori saranno molto diversi, ma il filo conduttore rimarrà sostanzialmente lo stesso, seppur con molte piccole varianti. Il gioco è infatti strutturato in modo tale da non far mai arrivare le indagini a un vicolo cieco, dimostrando un’immensa elasticità che fa onore al lavoro di scrittura degli sceneggiatori. Sotto il punto di vista della narrativa e del gameplay, L.A. Noire è invecchiato decisamente bene, facendoci assaporare una storia avvincente e ideata con maestria. Meritano una menzione speciale le cinque missioni DLC incluse in questa nuova versione del gioco, talmente studiate e coerenti con l’atmosfera del titolo da sembrare parte integrante di esso e non un contenuto extra. Forse qualche volta potremmo trovarci davanti a scene recitate con troppa enfasi o leggermente sbrigative, ma per fortuna sono talmente poche da non invalidare l’esperienza nel complesso. A farlo, purtroppo, sarà qualcos’altro.

Al passo coi tempi… o quasi

Se il tempo è stato clemente con il titolo di Rockstar per quanto riguarda la dimensione narrativa, non lo è stato con il comparto tecnico. Purtroppo anche l’occhio vuole la sua parte, e sotto questo punto di vista il gioco è rimasto al 2011: pop-up e aliasing saranno all’ordine del giorno e, nonostante un leggero upgrade delle texture, gli sfondi (specialmente naturali) sono scarni di dettagli e talvolta fin troppo squadrati. L’HDR ha chiaramente qualche problema, rendendo a tratti le ambientazioni troppo luminose o, al contrario, eccessivamente scure, ma fortunatamente la funzione è disattivabile nelle opzioni di gioco. Il divario di espressività tra i personaggi realizzati con il motion capture e quelli modellati interamente in digitale è fin troppo evidente, e in generale il volto sembrerà essere l’unica parte realizzata con molta cura, “appiccicato” ad un corpo eccessivamente statico. I problemi diventano ancora più sostanziosi nella versione per Nintendo Switch: se da una parte in formato portatile il gioco non sembra peggiorare, giocando con la console nella dock station le difficoltà dell’engine sono amplificate, aggiungendo alla lista di “crimini” qualche sporadico calo di frame rate.

Sebbene tutto ciò risulti fastidioso, fortunatamente la lunga lista di pregi elencati sopra porta l’ago della bilancia dalla sua parte, senza danneggiare pesantemente la godibilità di un gioco come L.A. Noire. La colonna sonora, rimasta completamente inalterata, si sposa alla perfezione con le ambientazioni crude e fumose della Los Angeles degli anni ’40, sottolineando con la giusta drammaticità ed enfasi i momenti salienti della trama. A ciò contribuisce anche l’estremo realismo che percorre la magnetica trama del gioco, che risulta perfettamente verosimile, priva di situazioni forzate e coerente per tutte le 15/20 ore che passerete incollati allo schermo. State tranquilli, insomma: chiudendo un occhio su qualche difficoltà tecnica, potrete godervi L.A. Noire in tutto il suo splendore.

Federico "Gears" Lima
Nintendaro fino all'ultimo ricciolo, mi sono avvicinato al mondo Playstation solo da qualche anno. Le mie saghe preferite sono Kingdom Hearts, Pokemon e The Legend of Zelda, e la mia abilità nei picchiaduro classici e negli sparatutto è paragonabile a quella di un comodino. Non esattamente il massimo, insomma.

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