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Fire Emblem Echoes: Shadows Of Valentia Recensione

Quando si parla di Fire Emblem, chi vi scrive non può fare a meno di esaltarsi. Sì, perché la saga di Intelligent System è stata sin dal lontano 2002, con l’apparizione di Roy e Marth su Super Smash Bros Melee, una delle saghe che con amara impazienza e anche con un pizzico senso tristezza e rammarico ho atteso per molto, molto tempo. Si sa, quando si è bambini, come recita un grande colossal del medium videoludico, “il tempo è distorto“, e due semplici anni possono rappresentare un’ingente quantità di tempo per l’ingenua mente di un fanciullo. Un ragazzo che ha passato i migliori anni della sua vita a caccia di tutti quei trofei fatti di sudore e pixel solo per saperne di più riguardo quella saga che cantava le armi e gli uomini che mai giunsero in Italia, come nel resto del mondo occidentale d’altronde. Presto o tardi che fu, il successo della saga ci invase e giunse sul Gameboy Advance quello che in Giappone corrispondeva al (ben) settimo capitolo della serie: The Blazing Sword (o Fire Emblem Advance, per gli amici). Da lì in poi, uno dietro l’altro i capitoli della saga di Fire Emblem arrivarono uno dietro l’altro, andando a coprire col tempo tutte le console della Grande N. Ma che cosa ne fu degli altri capitoli della serie? Il primo ebbe un remake per Nintendo DS nel 2008, Shadow Dragon, ma degli altri non si seppe nulla… fino ad oggi.

Se credevate di star stringendo tra le mani un nuovo capitolo vero e proprio, vi sbagliate. Fire Emblem Echoes: Shadows Of Valentia è a tutti gli effetti il remake di uno dei titoli più discussi e controversi di tutta la saga, vale a dire Fire Emblem Gaiden, che uscito nel 1992 andava ad ampliare il mondo nel quale le avventure di Marth avevano preso le mosse nel primo capitolo. Senza ombra di dubbio, Fire Emblem Gaiden rimane uno dei titoli più discussi di sempre per le novità che ha introdotto e che non sembrava andassero a genio a metà dell’utenza, ma non solo: il titolo di per sé peccava anche su tanti aspetti che, in un modo o nell’altro, si è trascinato fino ad ora, ma… un passo per volta.

Uno degli elementi più interessanti che ho riscontrato durante il mio lungo e appassionato gameplay riguarda l’inesorabile e continuo senso di dualismo che pervade l’intero titolo di Intelligent System. Tutte le componenti più importanti hanno il suo contraltare che non è mai lasciato “a se stesso”: a partire dai protagonisti, i loro stessi ideali e le vie per soddisfarli, passando per i regni e le entità che li governano, e infine lo stesso elemento temporale si propone in una sfera dualistica che trascende il gioco in sé, andando ad abbracciare questo capitolo tanto sospeso tra il passato (Gaiden) e il presente/futuro (Echoes).

Una visione piuttosto romantica, questa, che si tinge ben presto di un colore scuro e tenebroso come i fili che muovono tutto il palcoscenico sul quale vanno in scena le peripezie dei due eroi, che sebbene leggermente stereotipati (ormai siamo abituati al modus operandi nipponico, dai), si ritroveranno coinvolti più o meno con consapevolezza in una guerra più grande di loro. E fin qui tutto normale, per quanto possano essere temi già sfruttati in precedenza o comunque non pieni di particolare originalità, ciò che risalta maggiormente è lo sviluppo della trama che acquista col tempo toni sempre più cupi. Proprio questa caratteristica non fa che ripresentarci quel senso di dualismo di cui sopra abbiamo discusso, che sospende questo capitolo tra un passato che delineava storie particolarmente oscure, andando ad attingere a piene mani in quel Medioevo occidentali tanto caro alla serie, e un presente che, seppur di ottima fattura, ha preferito orientare il racconto verso uno stile leggermente più orientaleggiante. Echoes, infatti, sebbene sia un remake in tutto e per tutto del vecchio Gaiden, porta con sé un’enorme ventata di aria fresca dopo gli ottimi capitoli come Awakening e Fates.

L’avventura di Alm e Celica si districa e si snoda attraverso nobili ideali cavallereschi, intrighi di poteri e reami in preda alla corruzione e al conflitto. Le terre di Valentia si presentano immediatamente come dilaniate da un crescente conflitto, nato dalle mire espansionistiche del regno di Rigel ai danni dell’impreparato regno di Zofia, che da allora versa in uno stato di abbandono anche estetico. Una scelta interessante, a dir poco shakespeareiana, quella di legare la sorte del proprio regno a quelle morali del sovrano che a loro volta cambiano e manipolano la propria terra. Ed eccoci di fronte ad una Rigel corrotta e soffocata dalla presenza di mostri pronta a soddisfare la sua sete di conquista su una Zofia che patisce la fame, allo stremo delle proprie forze e con un sovrano assassinato. In questo scenario geopolitico disastroso, i due protagonisti impugnano le armi, l’uno con un modus operandi differente che fa leva sulla propria indole e che finirà per trasportarli attraverso scenari diversi fino al momento cruciale nel quale il destino li ricongiungerà, in modo, come ammicca il prologo una volta cominciato il New Game, in un modo tutt’altro che scontato.

 

Sospeso tra passato e futuro è anche il gameplay del gioco. Fire Emblem Echoes rovescia completamente quanto fatto dalla saga non solo negli ultimi anni, ma fin dalla sua apparizione sul SuperNES. L’introduzione di nuove meccaniche e l’abbandono di altre riscrivono completamente il brand dandogli una nuova formula che – c’è da ammetterlo – non farà la gioia di gran parte dei fan più affezionati della saga. Tanto per cominciare, una delle più interessanti feature aggiunte in questo capitolo che segna la rottura coi capitoli precedentemente usciti sull’handheld di Nintendo è la possibilità di esplorare la mappa di gioco, villaggi e dungeon. Questo accade in tre modi completamente diversi: la mappa del regno di Valentia, un po’ come accadeva nel lontano The Sacred Stone, farà da ponte tra un combattimento e un altro, muovendoci su caselle dove saranno posizionati nemici da affrontare, villaggi, avamposti da liberare e dungeon da ripulire; alcune aeree, come appunto il borgo iniziale o zone liberate dall’influenza nemica, potranno essere visitate con un sistema simile a quello delle visual novel (ricorda vagamente il nipponico Danganronpa): Alm o Celica si muoveranno di zona in zona e potranno interagire con le sagome dei personaggi presenti sullo sfondo, reclutare guerrieri o esaminare l’area per ottenere armi, oggetti ed equipaggiamento. Dulcis in fundo, l’esplorazione dei dungeon si presenta come l’implementazione più accattivante del titolo poiché sarà possibile muovere il modello 3D del nostro personaggio attraverso il labirinto, con un gameplay tipico (non uguale) degli RPG action. Qui ci potremo sbizzarrire, distruggendo botti e scatole, raccogliendo oggetti o ingaggiando guerriglie con i nemici che incontreremo, nemici che se opportunamente colpiti inizieranno la battaglia con qualche handicap.

Gli scontri, chiaramente, si svolgeranno sulla solita scacchiera, ma a differenza dei combattimenti di trama, saranno molto più veloci nella risoluzione, in modo tale da pesare quanto meno possibile sull’attività di ricognizione. Se quanto discusso può considerarsi un’ottima innovazione e un passo avanti per la saga, meno si potrebbe dire riguardo la mancanza del leggendario triangolo delle armi che fino a Fire Emblem Fates aveva dominato le nostre azioni sulle scacchiere della guerra. La totale soppressione di uno dei sistemi più interessanti del franchise è senza dubbio uno dei colpi più forti accusati da questo Echoes che lascia al level up, e quindi alla forza del singolo personaggio, l’unico modo per prevalere sulle unità nemiche (o viceversa): così un cavaliere pegaso non verrà sopraffatto da un arciere, oppure uno spadaccino potrà incrociare le armi con un lanciere senza paure di essere sconfitto. Inoltre, far crescere i nostri eroi diventerà uno scherzo grazie alla mole di dungeon sparsi per il mondo di gioco e potenziare le loro classi sarà molto più semplice rispetto ai precedenti giochi, in quanto basterà recarsi di fronte la statua di Mila per poter potenziare (quando il gioco lo richiederà) il proprio eroe senza alcun bisogno di oggetti esterni. Detto ciò, la nebbia si dissolve, rivelando il fine di Fire Emblem Echoes che ora ci appare più cristallino che mai: avvicinare, con questo nuovo capitolo, quando più possibile giocatori alla serie. Ed è in questa direzione che guarda un’altra feature, che di sicuro ha fatto storcere il naso ai più esperti: la ruota di Mila, un marchingegno che permette di riavvolgere il tempo e ripetere il turno, qualora ci fossimo lanciati in un’azione troppo azzardata (soprattutto per chi gioca con il permadeath). Una mano enorme, dunque, soprattutto se si considera che tanto oggetto possa essere sfruttato per ben tre volte a scontro.

Gli elementi di novità, però, non si fermano qui! Echoes ripesca nel suo passato al fine di portare concrete novità nella serie, e ci riesce perfettamente. Una caratteristica che ai tempi non andò giù a molti giocatori, qui invece trova nuova linfa vitale, fino a porla come elemento di svolta che potrebbe essere seriamente preso in considerazione per i prossimi sviluppi della serie (che per Nintendo avverranno sulla nuova console Switch). Completamente rivisto infatti, è l’inventario, limitato ad un solo slot adibito all’uso di un oggetto o all’equipaggiamento di un’arma. Proprio riguardo queste ultime, il lavoro di Intelligent System è stato minuzioso. Le armi saranno di vitale importanza per la crescita del personaggio: le abilità prima appannaggio di un solo personaggio od ottenibili attraverso lunghi sistemi di classaggio, ora diverranno accessibili proprio attraverso l’uso di determinate armi, dopo aver annientato o ingaggiato scontri con un certo numero di nemici. Anche l’uso della magia è stato rivisto e corretto: eliminata la cosiddetta “durability”, le armi potranno essere sfruttate un numero illimitato di volte e stesso discorso va interessare anche le arti magiche che, così come in Gaiden, dreneranno i punti vita dello stregone ad ogni magia. Sicuramente un cambiamento interessante che va modificare il modo con cui abbiamo inquadrato la classe e il suo uso fino ad ora, differenziandola da tutte le altre. Per aumentare (di poco) la punta di difficoltà del gioco, Echoes aggiunge anche un sistema di affaticamento dei personaggi che andrà ad inficiare le prestazioni in battaglia dei nostri commilitoni.

Fire emblem echoesFire Emblem Echoes: Shadows Of Valentia è un titolo sospeso tra passato e futuro. Da un alto affonda le mani nel suo tanto glorioso quanto controverso passato gli elementi che hanno fatto la sua fortuna, dall’altro è stato capace di trasformare questi ultimi in un motivo di interessante novità, così da evitare la “stagnazione” delle serie e dettare nuovi canoni che potrebbero andare ad impreziosire i capitoli a seguire. Certo, un occhio verso il futuro è d’obbligo perché la serie “Echoes” potrebbero essere intesa anche al di là dello stesso Shadows Of Valentia, andando ad abbracciare i vecchi capitoli mai giunti in occidente (The Binding Blade primo fra tutti) affinché possano vedere luce anche nel nostro continente. Difetti ereditati dal vecchio Gaiden non mancano, come le mappe eccessivamente spoglie lontane dall’ottimo level design degli ultimi capitoli, eppure questo nostalgico tuffo nella saga che fu, che possiamo riscontrare anche character design meno in stile anime giapponese più semplice e più asciutto, possiamo definirlo un successo con la speranza che questa capitolo possa essere una boccata d’aria fresca e divenire di ispirazione (come la sempre eccellente colonna sonora, per altro) per i capitoli successivi. Ad Maiora!

Sebastiano Italo "Ghraal Vakarian" Caradonna
Filosofo e poeta a tempo perso e a tempo pieno. Ossessionato dall'arte nonché dai giochi e dal tema del viaggio. Studio per diventare game designer, ruolo ed ambito che rappresentano, ovviamente, una ossessione.

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