Purtroppo il 2020 sarà ricordato come l’anno della pandemia, inutile girarci tanto attorno; dopotutto l’arrivo del COVID-19 ha segnato la nostra quotidianità e chissà quanto tempo ancora ci ritroveremo in questa drammatica situazione. Probabilmente mai come quest’anno i videogiochi sono stati importanti mezzi per riunirci – in un certo senso – sotto lo stesso tetto: basti pensare a come l’uscita di Animal Crossing: New Horizons durante il periodo di quarantena sia servita a molti per “ritrovarsi”, anche se in modo prettamente virtuale. Tuttavia anche il nostro mercato preferito non è proprio perfetto, venendo colpito da caos improvvisi che, inevitabilmente, lasciano il segno. In questo articolo andremo a ripercorrere questi 365 giorni, andando a parlarvi dei fatti videoludici che più di tutti saranno ricordati negli anni a venire.
Ubisoft e il caso di sessismo

Probabilmente questo è il capitolo più cupo del nostro 2020 videludico, visto soprattutto il periodo storico in cui ci troviamo. Secondo delle testimonianze interne dell’azienda francese,
le molestie verbali erano talmente diffuse che venivano citate normalmente durante i colloqui di assunzione, non per rassicurarsi che i candidati non le praticassero, ma anzi per capire se erano «pronti ad accettare un ambiente di lavoro caratterizzato da scherzi virili, pesanti o talvolta un po’ sessisti». Questo clima veniva incentivato da Tommy François, 46enne franco-americano diventato in breve tempo uno dei volti più conosciuti della società, al quale venivano speso affidati gli interventi nelle situazioni pubbliche. Di episodi riportati c’è ne sarebbero molti e tutti viscidi e perversi, ma senza andare ad annoiarvi troppo vi basti sapere che Tommy François non “operava” da solo, ma aveva una cricca di “compagni” che lo sostenevano ed incentivavano. L’uomo, inoltre, aveva una personalità talmente ingombrante in termini di scelte societarie che sembra anche essere la causa del fallimento di alcuni giochi che lui proprio non sopportava.
Allo stato attuale tutte queste figure tossiche sono state allontanate dalla società.
Cyberpunk 2077 è rotto

Spesso
l’hype causa davvero brutti scherzi. Tralasciando che a memoria crediamo che sia stata la prima volta che un gioco in fase gold venisse rimandato, è triste dover constatare come anche questa pericolosissima avvisaglia non sia bastata per salvare i giocatori più accaniti, ritrovatisi a dover fare i conti con la produzione videoludica più disastrata del 2020.
Al netto delle indubbie qualità del gioco, Cyberpunk 2077 si è rivelato impraticabile per la maggior parte degli utenti, oltre che totalmente rotto sulle console su cui era stato promesso ben 8 anni fa, ovvero
PS4 e la passata
Xbox. Siamo sicuri che il tutto verrà aggiustato con delle patch, ma per ora il prodotto è stato rimosso dallo store PlayStation e chissà tra quanto ne sentiremo nuovamente parlare. Uno dei giochi più attesi del decennio si è rivelato una mezza delusione,
mostrando anche i limiti umani che un’azienda come CD Projekt RED è stata costretta ad affrontare. Il comportamento del team e la poca chiarezza in fase di lancio sulle condizioni del gioco ha gettato una macchina bella grande per quella che aveva la nomina di “azienda del popolo”.
La cancellazione degli eventi

Magari per alcuni non sarà cambiato nulla, ma per noi della stampa è successo l’impensabile.
Il Covid ha messo in ginocchio gli eventi videludici, causando la cancellazione di fiere storiche come l’E3 e la Gamescom, ma anche altre fiere come, ad esempio, il Lucca Comics o la Milan Games Week. Per fortuna gli avvenimenti più importanti sono stati spostati in digitale, ma nulla riuscirà mai a rimpiazzare la magia dei padiglioni addobbati per l’occasione. Alla resa dei conti, appare evidente come gli obiettivi comunicativi di molte compagnie siano andati in fumo a causa dei disagi legati a questo 2020.
I problemi di consegne delle nuove console

Questo è sicuramente uno dei più grandi disagi che la pandemia ha portato: moltissimi giocatori hanno visto
il preordine delle nuove console essere annullato anche il giorno prima dell’uscita, a causa della scarsità di pezzi a disposizione. La maggior parte dei fan, specialmente quelli
Sony, sono rimasi a mani vuote al momento della release e con molta probabilità la loro sete di next-gen verrà placata solo verso marzo. Metteteci di mezzo rapine a furgoni delle spedizioni e bagarini lanciatisi su eBay per rivendere le poche unità presenti – spesso comprate tramite bot – a prezzi fuori mercato ed ecco che la frittata è fatta.
Un 2020 fatto di review bombing

Questo è probabilmente il fatto più triste del 2020, quello che dimostra che la grande maggioranza dell’utenza in generale ancora non è abbastanza matura per comprendere fino in fondo il modo di comunicare dei videogiochi. Dei casi di review bombing ve ne abbiamo parlato abbondantemente nel nostro
speciale dedicato, ma quelli che hanno fatto più male sono quelli su
The Last of Us Parte II e
Death Stranding dopo l’annuncio del crossover con Cyberpunk 2077. Se il primo è stato ingiustamente marchiato già prima dell’uscita a causa di informazioni diffuse in rete e rivelatesi poi sbagliate, la colpa del secondo è solo quella di aver effettuato una partnership con uno dei giochi più attesi del decennio. L’utenza ha sempre la sua importanza, ma certe “forme di protesta” spesso lanciano il messaggio sbagliato, finendo poi per passare dalla parte del torto.
Nintendo fa guerra ai fan

Mentre Sony e
Microsoft in un certo senso si fanno la guerra,
Nintendo con il suo
Switch continua a proseguire il suo personale percorso. Quest’anno però la società giapponese ha confermato ancora di più la sua posizione particolarmente rigida quando si tratta delle sua IP interne. La grande N infatti ha bloccato in modo netto videogiochi amatoriali basati sui suoi personaggi, basti pensare al curioso caso di
Dreams, l’editor sviluppato da Sony e
Media Molecule che permette di realizzare veri e propri videogames da zero. Il gioco è stato utilizzato da alcuni per creare delle riproduzioni di personaggi e franchise prodotti da altre aziende, come le icone di
Nintendo. Questi contenuti, seppur amatoriali,
sono stati prontamente rimossi per la violazione del copyright, anche se non totale. Forse, però, l’iniziativa più chiacchierata che la società ha bloccato è stata quella legata alla scomparsa dello YouTuber Etika, giovane legato in modo particolare all’universo videoludico Nintendo. In seguito a questo tragico evento era stata avviata una campagna di beneficenza per il gruppo
JED Foundation, ente impegnato nella sensibilizzazione sui temi come il
suicidio e il benessere psicologico. L’iniziativa ha visto la creazione di
cover protettive per i Joy-Con, decorati ovviamente con design particolari e battezzati
“Etikons”. I prodotti, supportati da una campagna di crowd-funding, erano distribuiti da ormai circa un anno. Questo progetto però ha visto la sua fine dopo che la stessa Nintendo ha fatto notare una
violazione di copyright all’ideatore degli Etikons, invitandolo a cessare immediatamente qualunque tipo di attività legata ai suoi prodotti.