Realizzare una recensione dei remake di Famicom Detective Club The Missing Heir e Famicom Detective Club The Girl Who Strands Behind è un compito per certi versi delicato, visto che stiamo parlando di due opere che hanno ispirato molti videogiochi di successo sin dagli inizio degli anni novanta. La loro fama non basta per farle resistere all’incessante incedere del tempo, e per questo Nintendo e Mages hanno deciso di produrne dei remake in esclusiva per Switch. Non bisogna poi sottovalutare che ci troviamo di fronte alla prima localizzazione ufficiale dei due classici per NES, visto che le riedizioni su Virtual Console o il remake del secondo capitolo per SNES non sono mai riuscite ad approdare nel nostro mercato.
Due misteri per un giovane detective
Come forse avete già intuito all’inizio di questa recensione, il vero cuore pulsante sia di Famicom Detective Club The Missing Heir che di Famicom Detective Club The Girl Who Strands Behind è la loro narrativa. Ci troviamo nei panni di un giovane ragazzo senza nome che, mentre da scappa delle misteriose figure, incontra un famoso detective privato chiamato Shunsuke Utugi. Quest’ultimo decide di offrire al protagonista un posto come suo assistente, dandogli così modo d’ottenere un posto dove vivere e continuare la ricerca che l’ha portato fino a lì. Quelli che abbiamo appena accennato sono gli eventi dei primi minuti di gioco di The Girl Who Stands Behind, ovvero il primo che accade in ordine cronologico tra le due opere. Il nostro consiglio è proprio quello di cominciare da questo, in modo da affrontare una trama in maniera lineare. In ogni caso, preferiamo non raccontare ulteriormente le vicende raccontate, in modo da non rovinare la sorpresa a chi fosse interessato a vivere queste esperienze per la primissima volta.
Non possiamo però non parlare in maniera vaga della narrativa. Ci si trova di fronte a dei gialli con toni fortemente adolescenziali, in cui affrontiamo argomenti ed eventi drammatici nel tentativo di trovare il responsabile di ogni crimine. Sin dai primi dialoghi e avvenimenti è facilmente intuibile il target a cui Yoshio Sakamoto ha puntato con le sue sceneggiatura, anche grazie a dei dialoghi tendenti alla comicità e inframezzati da semplici accenni ad argomenti delicati come il suicidio o le questioni economiche. Di suo non è un problema effettivo dello script, ma rimane comunque un peccato che certe nozioni non vengano approfondite più nel dettaglio. In ogni caso, la tensione e il ritmo funzionano a dovere, con dialoghi mai troppo complessi e che si leggono con scioltezza. Simpatico che poi il tutto sia stato interamente doppiato in giapponese, offrendo così una maggiore immedesimazione nell’ambientazione. Purtroppo dobbiamo nuovamente segnalare che la traduzione scritta è unicamente in lingua inglese. Questo sicuramente limita l’accessibilità dei due prodotti, anche per il diverso ammontare di testo nelle circa nove e dieci ore necessarie per raggiungere i titoli di coda di entrambe le indagini.
Capacità deduttive
Visto il genere di cui fanno parte sia Famicom Detective Club The Missing Heir che Famicom Detective Club The Girl Who Strands Behind, almeno in questa recensione, ci aspettavamo un’esperienza più letteraria che ludica. Il gameplay è principalmente incentrato sui dialoghi, intervistando vari NPC che incontreremo nel corso dell’avventura, rivolgendogli domande per mandare avanti gli eventi; è importante precisare che non esiste margine di errore in queste fasi. Infatti, nel caso in cui doveste porre le domande sbagliate, non verrete mai penalizzati. Al fine di variare un poco la formula, di tanto in tanto vi verranno presentate delle situazioni più interattive, come indicare il nome di qualche elemento o persona chiave delle indagini, oppure affrontare un’enigma ambientale con uno stile da dungeon crawler. Purtroppo quest’ultime situazioni sono presenti in numero davvero esiguo, mostrando solo il potenziale di qualcosa che avrebbe meritato di essere approfondito maggiormente.
Come abbiamo già constatato nell’anteprima, in-game è comunque possibile riscontrare una fedele riproduzione del gameplay originale, lì dove le varie sezioni ludiche sono state riproposte per filo e per segno. Con questo non intendiamo che non state inserite delle migliorie, visto che gli sviluppatori hanno infatti inserito varie funzioni che sono ormai considerate veri e propri standard per le visual novel moderne. Dettagli quali la capacità di mandare avanti più lentamente o velocemente il testo, risentire quello che è stato dichiarato in precedenza, togliere completamente il doppiaggio o anche solo la voce del protagonista, modificare a piacimento il setting del volume e molto altro ancora. Ovviamente, come nei titoli originali, è possibile accedere in qualsiasi momento al proprio taccuino, in modo da poter leggere tutte le informazioni ricavate sui vari personaggi che animano le due avventure. Insomma, il lavoro d’adattamento per rendere l’esperienza più fruibile per i giocatori odierni è sicuramente presente, riuscendo perfino a presentarsi perfettamente per una esperienza portatile grazie alla possibilità di salvare in qualsiasi momento.
Interessante notare come la batteria, in modalità portatile, si scarichi molto lentamente con entrambi i giochi, permettendo quindi sessioni lunghe e tranquille per qualsiasi utente. Non tutto è comunque rose e fiori; infatti, certe volte risulta fin troppo poco intuitivo capire quello che si deve effettivamente fare. Magari ci si trova bloccati in un dialogo senza alcuna via di uscita, per poi scoprire che bisognava chiedere due volte la stessa domanda per andare avanti. Allo stesso tempo, la quasi totale mancanza di sfida o elementi interattivi porta alla concretizzazione di due giochi certamente adatti ad ogni genere di pubblico ma, allo stesso tempo, caratterizzati da una rigiocabilità praticamente inesistente. Si poteva cercare d’invogliare maggiormente il giocatore, magari con possibili strade alternative o più sezioni di gioco effettive, invece il team di sviluppo ha preferito rimanere il più fedele possibile alle produzioni originali per non stravolgerne l’esperienza ludica.
Un omaggio moderno
A livello tecnico niente da ridire, ci troviamo di fronte a due visual novel dal livello produttivo sicuramente elevato. Gli ambienti di gioco sono tutti disegnati a mano, mentre i personaggi sono spesso rappresentanti attraverso modelli poligonali interamente animati. Questo dimostra sicuramente la volontà di dimostrarsi superiori ad altri prodotti di questo tipo ma, purtroppo, l’idea non funziona completamente a nostro avviso. Ovviamente i personaggi principali sono quelli meglio realizzati, ma con i secondari fin troppo spesso le animazioni paiono poco curate e mal si sposano con l’ambiente circostante. Fortunatamente questo accade solo in poche occasioni, con una resa generale che funziona sia in portatilità che in modalità casalinga. A proposito, segnaliamo che entrambi i titoli non presentano alcun genere di bug o glitch di sorta, dimostrando quindi un ottimo lavoro d’ottimizzazione operato dalla software house.
Abbiamo lasciato per ultimo un punto sicuramente delicato, quello che una certa utenza definisce focale all’interno di un qualsiasi prodotto ludico: il lato artistico. Qui è possibile che non tutti rimarranno soddisfatti, principalmente per un’estetica diversa dall’originale. I personaggi sono stati interamente ridisegnati, con alcuni individui assai similari alle rispettive controparti in 8 o 16 bit affiancati da altri che mettono in mostra notevoli differenze, probabilmente per adattarsi maggiormente al gusto moderno di chi segue gli attuali anime o manga giapponesi. Questo va in parte a tradire l’idea di fondo del progetto presentata all’inizio della recensione, ovvero quella di essere un remake fedele dei primi due Famicom Detective Club, ma in parte è una scelta quasi obbligata per poter essere leggermente più commercializzabile al pubblico del ventunesimo secolo. Un grande plauso invece alla colonna sonora, qui interamente arrangiata sfruttando le capacità di una console in commercio nel 2021. Per la gioia dei nostalgici, è perfino possibile ascoltare la colonna sonora originale così come quella del remake per SNES, in modo da offrire più di una lacrima a chi ha potuto giocarli in passato.