Quando parliamo del passato di Nintendo e le sue IP più storiche, viene sicuramente a mente la gloria sperimentale del NES in cui sono nati dei franchise attivi e proficui ancora oggi. Una delle proposte dell’epoca, che ritorna e analizziamo in anteprima, era proprio la duologia di Famicom Detective Club, serie sceneggiata dalla mente dietro a Metroid e Kid Icarus, ovvero Yoshio Sakamoto. Le due opere in questione sono diventate delle vere e proprie icone nel mercato Giapponese, ricordate con passione dagli appassionati e che portarono a un vero e proprio successo commerciale negli anni ottanta. Purtroppo, la serie non è mai riuscita ad arrivare nel territorio occidentale, nemmeno con le diverse ripubblicazioni per Virtual Console o i videogiochi realizzati su SNES.
Non sorprende quindi la reazione di sorpresa che molti hanno provato durante l’ultimo Nintendo Direct, quando è stata annunciata la localizzazione dei nuovi remake dei primi due episodi di Famicom Detective Club. Sviluppati da Mages e intitolati per l’occasioneThe Missing Heir e The Girl Who Stands Behind, ci troviamo di fronte a un tentativo di riportare al pubblico una vecchia e apprezzata storia, ma modernizzandola per i tempi. Nintendo ci ha offerto la possibilità di testare con mano entrambi i capitoli di Famicom Detective Club, in uscita il 14 Maggio 2021, che ora analizzeremo in questa anteprima piena d’intrighi e misteri.
Un genere per gli amanti della lettura
Riportare alla luce certe opere del passato non è mai semplice, non solo per la questione di doverlo rendere accessibile al pubblico di oggi ma anche per cercare di rispettare le aspettative di chi ha apprezzato il lavoro originale. Con Famicom Detective Club il team di sviluppo ha così cercato di accontentare entrambi i tipi di pubblico, almeno da come abbiamo potuto analizzare nelle prime ore di entrambi i titoli. The Missing Heir e The Girl Who Stands Behind si presentano come visual novel fortemente simili agli originali, incentrando principalmente la propria esperienza sulla sceneggiatura piuttosto che sul gameplay vero e proprio. Infatti, il giocatore si trova a leggere in continuazione dialoghi su dialoghi e, molto spesso, i vari pensieri personali del protagonista. Questo fa intendere che l’opera è rivolta principalmente una certa nicchia, a chi davvero apprezza la lettura e vede questa come una vera e propria forma d’arte narrativa.
Con queste premesse, bisogna anche menzionare la mancata localizzazione in italiano e altri linguaggi internazionali. I due Famicom Detective Club sono, almeno da come abbiamo constato in questa anteprima, esclusivamente localizzati in inglese e doppiati in giapponese. Quest’ultima caratteristica è una vera e propria novità per i due giochi in questione, visto le precedenti versioni non hanno mai potuto vantare di offrire delle voci ai personaggi, sia principali che secondari. Purtroppo la mancanza di un qualsiasi altro doppiaggio, oltre a quello originale, potrebbe stonare all’orecchio di qualche utente, anche se la lingua nipponica aiuta maggiormente nell’immedesimarsi in un Giappone di fine ottanta.
“Lo ricordavo differente”
Fino a questo momento abbiamo cercato di evitare di parlare della narrativa, essendo un’opera che punta nell’impressionare il giocatore ignaro di essa e invogliarlo a scoprire il continuo. Preferiamo quindi non discutere di questo aspetto di Famicom Detective Club, almeno in sede d’anteprima, a causa della sua enorme importanza all’interno dell’ecosistema ed esperienza delle due opere. Sappiate comunque che è presente una grossa fedeltà per quanto riguarda la pura sceneggiatura, tentando così di riportare al giorno d’oggi quello che il papà di Metroid ha scritto più di trent’anni fa. Quello che però viene modificato, ed è subito notabile, è il completo stravolgimento dell’art design. La precedente estetica, sia degli ambienti che soprattutto del character design, è stata completamente eliminata preferendo così una soluzione più moderna e incline ai gusti dei ragazzi di oggi. Questa scelta rischia di non essere apprezzata dai vecchi fan, ma capiamo come possa offrire un appeal verso i giocatori più moderni.
Le funzioni per modernizzare l’opera non finisco qui, anche grazie alle diverse caratteristiche quality of life riprese dalle visual novel uscite negli ultimi decenni. La sola possibilità di velocizzare l’andamento dei testi o di mandarli in automatico, il salvataggio istantaneo, la possibilità di tornare indietro da un comando o la drastica possibilità di saltare i dialoghi, aumentano fortemente l’accessibilità a qualsiasi giocatore. Perfino la colonna sonora è stata completamente ricostruita, riprendendo le basi ad 8 bit e creando composizioni con effettivi strumenti. I più nostalgici hanno comunque l’opzione di una piccola chicca in questo ambito, che preferiamo non spoilerare per rovinarvi la sorpresa. Insomma, già dalle poche ore che abbiamo potuto provare, è evidente il lavoro di svecchiamento generale che i due Famicom Detective Club hanno ricevuto, sia nel comparto artistico che quello di pura e semplice giocabilità.
Un gameplay ridotto all’osso
Quando andiamo a parlare di gameplay con le visual novel, si entra per certi versi in un vero e proprio territorio infuocato. The Missing Heir e The Girl Who Stands Behind sono praticamente identici nella loro struttura, dimostrano così di essere molto più “poveri” rispetto a esponenti molto più moderni del genere. Infatti, la maggior parte del tempo si dialoga con i vari personaggi, scegliendo una serie di risposte senza alcuna possibilità di sbagliare in qualche modo. Questo non è un lato negativo di per sé, ma serve per far intendere come si punti maggiormente su un’esperienza con una direzione lineare e ben circoscritta. Per questo motivo non ci troviamo di fronte a scelte multiple, almeno nelle prime ore che abbiamo affrontato, rischiando di far perdere il fattore rigiocabilità scaturito da esse. Non manca comunque qualche momento in cui è richiesta un’interattività più incisiva del giocatore, per esempio il cercare degli indizi all’interno d’immagini statiche oppure inserire i giusti nomi in una fase speculativa. Ci piacerebbe vedere maggiormente certe meccaniche nel corso dell’avventura, ma ancora è presto per comprenderne il giusto equilibrio. A livello tecnico, almeno per adesso siamo estremamente soddisfatti dei risultati. Entrambi i prodotti girano senza problemi di sorta sia in modalità portatile che casalinga, offrendo un’esperienza come solo Switch è in grado di offrire. I modelli 3D su sfondo 2D sono anche ben animati e adatti per la situazione, per quanto non a tutti potrebbero apprezzare questa scelta sicuramente particolare.
Un’operazione come quella che ha realizzato Nintendo è sicuramente da lodare anche solo per la semplice realizzazione. Non solo offrono la possibilità di far conoscere alle nuove generazioni alcune delle storie investigative più amate dai videogiocatori giapponesi, ma mostrano anche la voglia di un grande publisher come Nintendo di puntare anche ad accontentare come si deve coloro che amano un genere ormai considerato di nicchia. È ancora troppo presto per analizzare più approfonditamente il lavoro dei ragazzi di Mages ma, a scapito di qualche difetto strutturale, sembra di trovarci di fronte a un’operazione nostalgia realizzata con cura e passione.