Dying Light 2: Stay Human – Recensione, tra apocalisse, zombie e parkour

Finalmente ci siamo, se siete curiosi di sapere il nostro giudizio su Dying Light 2: Stay Human, potete leggere la nostra recensione.

Patrizio Coccia
Di Patrizio Coccia Recensioni Lettura da 14 minuti
8.8
Dying Light 2: Stay Human

Dying Light 2: Stay Human è sicuramente uno dei giochi più attesi tra quelli in uscita in questi primi mesi del 2022. Il titolo sviluppato da Techland si presenta sugli scaffali dopo un percorso creativo fatto di alti e bassi, con l’annuncio in grande stile nel corso dell’E3 2018, salvo poi perdere pezzi lungo il suo percorso. Come i più attenti ricorderanno, nelle fasi iniziali della comunicazione del progetto si era puntato soprattutto su Chris Avellone, figura celebre nel mondo dei videogiochi per aver contribuito allo sviluppo di numerosi giochi di ruolo come Fallout New Vegas, Star Wars KOTOR, Planescape Torment e tanti altri.

Dying Light 2 recensione

Proprio per questo, il suo allontanamento per molestie e i continui rinvii sul progetto sembravano presagire un brutto destino per Dying Light 2: Stay Human ma, fortunatamente, così non è stato. Ci teniamo a precisare una cosa prima di entrare più nei dettagli: il gioco è non è sicuramente perfetto, anzi, ci sono diverse lacune che sarebbe stato meglio curare in fase di sviluppo, tuttavia l’intero impianto messo in piedi dal team è decisamente solido, diverte e intrattiene, ampliando molto bene la formula del suo predecessore. Probabilmente non si tratta, almeno a nostro modo di vedere, del titolo che vi cambierà la vita, ma Dying Light 2: Stay Human non ha sicuramente queste pretese. In un modo o nell’altro, riuscirete a rimanere incollati alla vostra periferica dall’inizio alla fine, sempre stimolati e impegnati tra missioni ed esplorazione genuina.

Alla scoperta di Villedor

Dimenticate il primo Dying Light, o meglio, dimenticatene una parte. Com’è ovvio che sia, nonostante una storia inedita, Stay Human sfrutta le basi narrative del primo capitolo. Tuttavia in questa avventura vestirete i panni di Aiden, impegnato in una missione più personale che mai. Scoprirete ben presto che l’infezione e la cura, aspetti molto importanti del primo capitolo, qui non vengono quasi minimamente presi in considerazione. In Dying Light 2: Stay Human l’obiettivo del protagonista è ritrovare sua sorella scomparsa, e per raggiungerlo sarà disposto veramente a tutto. Su tale incipit si basano le intere vicende dell’avventura, visto e considerato che a sfondo di questo dramma familiare ci sono fitte trame d’inganni e guerre. La ricerca della sorella porterà Aiden a Villedor, una città tanto grande quanto difficile da gestire.

Dying Light 2: Stay Human

Nel caos generato dall’infezione, diverse fazioni cercano di prendere a proprio modo il controllo della situazione, mossi più o meno dallo stesso ideale ma perseguito in modo diametralmente opposto. Oltre alla quasi insignificante presenza dei banditi, troviamo i Pacificatori e la Resistenza. Neanche a dirlo, i primi tendono a mantenere il controllo con la forza bruta, una dittatura quasi a stampo fascista che obbliga i sopravvissuti a un rigido regolamento, i secondi invece sono più a favore della comunità, infatti l’obiettivo è quello di creare dei posti sicuri in cui le persone possano riprendere a vivere in un’apparente “normalità”. Certo, anche loro usano la violenza per mantenere il controllo, ma solo quando sono davvero costretti.

Sostanzialmente il gioco plasmerà il vostro percorso in base alle scelte fatte durante la campagna e ogni volta che prenderete una decisione vi schiererete più verso una fazione che verso l’altra. Ognuna delle due potrà aiutarvi a raggiungere il vostro scopo, ma che strada percorrere lo deciderete voi. Aiden è un Pellegrino, una persona abituata a viaggiare fuori le mura. Proprio per questo, il suo status neutro gli permetterà di divenire l’infiltrato perfetto per entrambe le fazioni. Indipendentemente dal fine, il vostro scopo sarà ben più grande di quanto immaginiate. Schierarvi da una parte o dall’altra non cambierà solo alcune missioni, ma arrivati a un certo punto dell’avventura modificherete in modo netto anche alcuni elementi principali dell’esperienza stessa. Offrire aiuto a una fazione rispetto che a un’altra non si tradurrà in un semplice ampliamento di potere sul territorio per i vostri alleati, ma modificherà in modo sostanziale anche la struttura stessa dell’area. Se dare un territorio ai Pacificatori vi consentirà di avere più opzioni ambientali nel combattimento con gli infetti, aiutare la Resistenza vi garantirà un maggiore ventaglio d’opzioni per il parkour e un level design che vi agevolerà alla fuga in caso d’inseguimento.

Per vedere il reale peso delle scelte bisognerebbe fare effettivamente una seconda run, ma allo stato attuale ci è sembrato che, come al solito in questa tipologia di giochi, ci siano realmente poche scelte che cambino in modo drastico gli avvenimenti. Tuttavia è impossibile negare che le nostre decisioni abbiano un peso effettivo all’interno del gioco, più o meno marcato in base ai casi. In un modo o nell’altro potrete plasmare la vostra città e creare un vero e proprio parco giochi. Proprio in virtù di quanto appena detto, l’ambientazione è parte integrante dell’avventura: ogni quartiere ha le sue peculiarità e la sua impostazione, e saltare a destra e sinistra è talmente divertente che poco importa se ogni tanto vi sembrerà di avere delle sensazioni di déjà-vu entrando in una casa o un negozio abbandonato. Al netto di questo, però, c’è da fare un piccolo plauso al level design, pensato appositamente per sfruttare pienamente le meccaniche parkour e capace di offrire al giocatore diverse possibilità per raggiungere il medesimo luogo. Salvo grossi errori, c’è sempre più di una via di fuga a disposizione, dovrete solo coglierla al volo. Questo rende il gioco sempre dinamico e divertente, dato che in un modo e nell’altro sarete sempre in movimento.

Dying Light 2 recensione

Questo è dovuto anche dall’open world, che vi distrarrà parecchio. Ovviamente non siamo ai livelli di Red Dead Redemption 2, e in più alcune attività risultano essere dopo un po’ abbastanza ripetitive, ma tutto sommato le ricompense sono buone, dunque risulta esserci un grande equilibrio tra dare e avere. L’open world imbastito da Techland è essenzialmente gigante, ricco di missioni secondarie e di piccoli eventi in tempo reale. Tutto questo, seppur non in modo eccezionale, rende il mondo credibile e divertente. Di notte poi tutto questo acquisisce un altro sapore, dato che diventerete la preda preferita dei diversi tipi di zombie in circolazione. Lo stealth sarà fondamentale e, se verrete visti, cercate di darvi alla fuga il più velocemente possibile. Le fasi notturne sono probabilmente quelle più divertenti e terrorizzanti, e anche qui Dying Light 2: Stay Human migliora quanto fatto dal suo predecessore. Se nel primo capitolo le fasi notturne erano quasi marginali, qui invece sono parte integrante dell’avventura. La notte potrete anche trovare missioni altrimenti non accessibili, così come alcuni eventi scriptati, incontri casuali e molto altro ancora.

Tra capriole e teste mozzate

Il ventaglio di soluzioni che costituisce il gameplay di Dying Light 2: Stay Human è molto ampio, anche se scandito da alcune imperfezioni che spezzano un po’ tutta la magia. Partiamo dal sistema di combattimento nudo e crudo, quindi sostanzialmente quello che nei fatti rappresenta l’ossatura da cui l’intero sistema ludico va dipanandosi. Gli utenti che hanno giocato al primo capitolo si ritroveranno subito a casa, dato che in poche parole non è cambiato niente. Ma adesso arriva il bello: il protagonista può ottenere punti esperienza compiendo diverse azioni che potranno essere poi utilizzati nei rami delle abilità: in pratica lo skill three si divide in combattimento e parkour, vi basterà fare le medesime cose per aumentarne il livello. La crescita del personaggio può essere ovviamente influenzata da fattori esterni, ma tutto sommato viene abbastanza naturale. Principalmente dipende dai gusti personali, sarete voi a decidere se puntare su un protagonista pronto alla lotta o più versatile in termini di movimento. Sebbene i cambiamenti siano sostanziali, con un po’ d’impegno e pazienza riuscirete a sbloccare tutte le abilità.

Dying Light 2: Stay Human

Quanto di buono appena detto però si contrappone a un sistema di combattimento non perfetto. L’intelligenza artificiale cercherà sempre di circondarvi, specialmente nei momenti più caotici, ma i nemici che incontrerete si avvicineranno prevalentemente sempre uno a uno. Questo fa si che basti essere coperti alle spalle per avere il pieno controllo della situazione o, in alternativa, vi basterà girare come trottole, colpire e scappare. Ciò porta a far perdere un po’ di profondità al combat-system, ma il tutto resta piacevole e non ci è onestamente parso così problematico. Fortunatamente, a spezzare un’ipotetica monotonia ci pensano, oltre alle già citate abilità, anche i gadget e le modifiche per le armi. Rendere un’arma particolarmente efficace con i danni da fuoco, veleno e così via si è rivelato semplice ed intuitivo, vi basterà avere la relativa modifica che sarà applicabile più volte anche su diverse armi, senza dovervi preoccupare del consumo. Anche l’equipaggiamento per il corpo ha varie funzioni, ma sostanzialmente è tutto molto equilibrato. Per quanto concerne il lato difensivo, infatti, scegliere il giusto vestiario vi aiuterà in base alla missione, quindi tenetelo bene a mente.

Potrete creare oggetti monouso come molotov, pugnali da lancio e altro, l’inventario generale andrà ampliandosi sempre di più man mano che progredirete nel corso dell’avventura. Sebbene la progressione avvenga in modo abbastanza spedito e naturale, essere sempre in possesso di scorte con diversi oggetti sarà fondamentale, perché vi accorgerete ben presto che una buona preparazione alle missioni, specialmente quelle notturne, può davvero fare la differenza tra la vita e la morte.

Dying Light 2: Stay Human, le nostre conclusioni

Dying Light 2: Stay Human dal lato tecnico si difende benissimo. Certo, non è dotato di scorci iconici o viste mozzafiato, ma il suo lavoro lo svolge bene soprattutto nei luoghi chiusi o in determinate ambientazioni. Il doppiaggio è sprovvisto della lingua italiana nell’audio e anche in inglese appare un po’ altalenante, così come la cura di determinati NPC. Tuttavia, il lavoro svolto è di pregevole fattura, e la nostra prova avvenuta su PS5 si è svolta senza particolari cali fi frame rate. Nel corso dell’avventura abbiamo trovato un bug potenzialmente molto fastidioso ma che, per fortuna, si è risolto da solo, mentre per il resto abbiamo assistito a cose di poco conto come NPC che spuntavano fuori dal nulla e niente di più. Il team però ci ha tenuto a precisare che questi problemi saranno sistemati già al day one con una patch dedicata. Anche il sonoro si è rivelato di buona qualità e le musiche rendono giustizia agli ambienti, ma anche qui ci sentiamo di non segnalare nulla di particolarmente memorabile.

Dying Light 2 recensione

In conclusione, com’è questo Dying Light 2: Stay Human? Dare un giudizio che si riduca al semplice voto è un po’ riduttivo, perché a conti fatti ci troviamo davanti a un gioco pensato e finito in un certo modo. Il titolo è coerente con la sua natura dall’inizio alla fine, migliorando quanto di buono fatto dal suo predecessore e limandone alcuni difetti. La storia non entusiasma, alla fine è molto semplice e più funzionale che altro, certamente non stiamo parlando di una trama particolarmente complessa. Tuttavia, alcuni avvenimenti e missioni sono molto impattanti e capaci di far riflettere; insomma, quando la trama decide di spingere, lo fa con i ritmi giusti. Anche il gameplay alla fine è piacevole, vario e permette di creare il vostro sopravvissuto ideale. Dunque, alla fine, ve ne consigliamo l’acquisto? Dying Light 2: Stay Human è un gran gioco, questo è indubbio, nonostante qualche incertezza. Il titolo sviluppato da Techland ci ha tenuto incollati allo schermo, e questo basta per premiarlo.

Dying Light 2: Stay Human
8.8
Voto 8.8
Condividi l'articolo
Patrizio non era ancora nato quando entrarono in casa la Super Nintendo e Super Mario Bros. Pochissimi anni dopo, insieme a lui, arrivò anche la Play Station, e fu tutta un'altra storia. Aveva 4 anni quando a malapena riusciva a tenere il controller tra le mani, ma non mollò più la presa, imparando a giocare a tutti i generi. Appassionato di musica rap, film fantasy, e con un passato da writer, predilige indiscutibilmente i giochi di ruolo, fortemente affezionato alla serie di Kingdom Hearts di cui conserva l'intera collezione, spin-off inclusi.