Prima di poter giocare ad un videogioco, serve capire perché è stato fatto. Ovviamente non si tratta di un’analisi di giorni e giorni, ma un semplice domandarsi che tipo di esperienza mi dovrò aspettare una volta preso il pad – o tastiera e mouse – in mano. Perché se alcuni giochi nascono per raccontare una storia, e quindi sacrificano il gameplay in favore di scene scriptate atte a condividere un sentimento con il videogiocatore, al contrario altri nascono per lanciare il giocatore dentro ad una storia. È il caso di Dragon’s Dogma 2, titolo che è stato nell’occhio del ciclone a causa delle microtransazioni, che ha fatto storcere il naso con i suoi 30fps, e che ha proposto un gameplay decisamente difficile, punitivo, ma non a caso. Scopriamolo nella nostra recensione.
Un’Avventura Senza Paragoni
Dragon’s Dogma 2 è ambientato in un regno dove il giocatore, definito come l’Arisen, è incaricato di rovesciare una regina reggente e il suo burattino usurpatore per reclamare il proprio legittimo trono. La trama, intrisa di uno stile vicino al medievale classico, offre un tappeto narrativo che non diventa segnaletica stradale verso il completamento del gioco, lasciando che sia l’esplorazione spontanea a guidare l’esperienza. Al di là della trama principale, il vero cuore del gioco batte nelle peripezie selvagge che il giocatore e i suoi compagni, le pedine, affrontano esplorando questo mondo vasto e imprevedibile.
Come nel primo gioco, anche qui avremo le Pedine, personaggi interdimensionali che potremo creare e usare come altri giocatori, oppure pescare online (unica dinamica online del gioco). Queste saranno fondamentali da scegliere in modo oculato: averne una che già conosce la zona della missione vi darà una guida turistica da seguire, mentre scegliere tutti maghi e arcieri per un nemico da combattere solo corpo a corpo, vi porterà a dover ricominciare tutto da capo.
Perché Dragon’s Dogma 2 non è un gioco pilotato, non vi prende per mano per portarvi in giro, tra secondarie scadenti e una storia insulsa: al contrario, il titolo di Capcom vi lancia in un mondo che dovrete vivere. Non pensate di prendere e conquistare torri, adocchiare secondarie da fare e iniziare a fare i completisti: il gioco va vissuto per quello che è: un’avventura fantasy capace di far brillare gli occhi a tutti quelli che si lasceranno andare, a cuore aperto (e che saprà invece diventare tediosa per chi è abituato a gameplay più stretti nel loro genere).
Persino le peripezie non saranno da superare con dinamiche di gioco stabilite: un dirupo potrà essere superato lanciando la vostra pedina dall’altra parte, un nemico potrà essere sconfitto gestendo il party in modo oculato, una missione potrà andare a farsi friggere dopo che il PNG necessario sarà stato ucciso per sbaglio da una vostra freccia (storia vera).
Per quanto riguarda invece l’end game, purtroppo il modo in cui forza la mano sul farming e sul dover prendere determinati oggetti non è dei migliori: si tratta di un rallentamento di dinamica troppo evidente, cosa che sulla lunga ci ha portato a fasi di noia. Ovviamente tutto il resto del gioco riesce a mantenere in piedi l’esperienza, ma una visione più accorta di cosa mettere alla fine sarebbe potuta essere la ciliegina sulla torta che mancava.
Fatto 30
Il gioco propone uno stile estetico ben curato: ogni dettaglio, ogni texture e ogni poligono sono ben lavorati, proponendo un mondo di gioco e dei personaggi belli da vedere. A tutto questo si unisce poi un sistema di creazione del personaggio e della pedina che vi permetterà di base di creare chiunque vogliate. Per esempio, io ho creato un Oliver Queen ispirato alla serie tv Arrow, prendendo come classe l’Arciere, per poi diventare un Arciere Magico.
Graficamente, il gioco è un piacere per gli occhi, con paesaggi vasti e dettagliati che invitano all’esplorazione. Nonostante alcuni problemi di interfaccia e una mappa talvolta frustrante per la mancanza di contrasto, il design visivo complessivo contribuisce efficacemente all’atmosfera immersiva del gioco.
Non pesano nemmeno i 30FPS bloccati su console, cosa che subito ha fatto urlare allo scandalo ma che in effetti non grava sull’esperienza (cosa che non possiamo dire invece di un’eventuale versione a 60FPS, che probabilmente avrebbe subito rallentamenti molto fastidiosi).
Per quanto riguarda le microtransazioni, queste sono facoltative: comprare extra vi permetterà di rendere il gioco più semplice, ma Dragon’s Dogma 2 non è stato pensato per essere facile. Al contrario, un errore di traduzione potrebbe portarvi una volta sconfitti, a tornare troppo indietro e buttare ore e ore di gioco. Se infatti la scelta carica dall’ultimo checkpoint potrebbe farvi pensare che è il salvataggio più recente, in realtà invece vi farà ripartire dall’ultima locanda nella quale avete salvato, quindi molto indietro. Puntate su Carica dall’Ultimo Salvataggio, quella scelta invece vi farà partire da molto più vicino.
Evviva il caos
Dragon’s Dogma 2 non deve essere preso come un’esperienza ordinata e lineare: non parliamo però di libertà di gioco come vista in titoli come Final Fantasy VII Rebirth, oppure in Baldur’s Gate III. Al contrario, qui abbiamo un caos realistico capace di rendere l’esperienza di gioco un qualcosa di unico.
Ciò che vi aspetta, come lo affronterete e cosa farete una volta che vi si pareranno davanti delle dinamiche di gioco: tutte queste cose saranno decise da voi, e non si tratterà di scelte da fare con un dialogo, da dover ripetere per puntare al finale che si vuole, ma di scelte fatte con le azioni, che vi porteranno a non sapere nemmeno quali altre strade potevate percorrere.
Prima di giocare ad un videogioco, serve capire perché è stato fatto, e Dragon’s Dogma 2 è stato creato per regalare ai videogiocatori un’avventura. E come tutte le avventure degne di questo nome, nulla è definito, non c’è un metodo univoco per raggiungere il big bad della storia, e molto spesso – come si dice di consueto – è più importante il viaggio che la meta. E cavolo, se Dragon’s Dogma 2 è stato un eccezionale viaggio.