Un proverbio cinese afferma che esistono tre verità: “la mia, la tua e la verità”. Mai serie TV fu più vicina ad incarnare un concetto di quanto lo è stata Cobra Kai in questa sua terza stagione. Dopo la conclusione della seconda, che aveva lasciato tutti con il fiato sospeso, e il passaggio della produzione da YouTube Premium a Netflix, le nostre due generazioni di combattenti del Karate sono ora pronti per fare il loro grande e atteso ritorno, il tutto per perseguire il proprio obiettivo. Se quindi le premesse per una stagione mozzafiato ci sono tutte, c’è da dire che come sempre nella serie prevale il “meglio le botte che le parole”, dinamica un po’ pretestuosa che porta a risolvere il tutto spesso più con il Karate che con il dialogo. Un po’ come nella vita vera.
Non solo bianco e nero
Il disastro dopo il combattimento a scuola è palpabile: Miguel è in coma all’ospedale, Sam è traumatizzata dai colpi ricevuti da Tory mentre Robby è in fuga dalle autorità. Ovviamente il mondo adulto non può essere escluso da questa valanga; Lawrence è distrutto, passa le serate a bere in un bar mentre Daniel prova a recuperare le perdite della sua concessionaria, ora mal vista per via dei vari slogan collegati al Karate. Proprio questa disciplina viene vista, ora, come un male assoluto, dando la colpa al mezzo più che alla persona. Se tutti quanti sono quindi provati da ciò, chi ci sta guadagnando è sicuramente Kreese, personaggio che acquisisce in questa stagione nuove sfaccettature grazie a dei flashback dedicati che ci faranno scoprire il suo passato. Insomma, è tutto un disastro, e proprio disastri di questo tipo normalmente richiedono un enorme sforzo di volontà. La domanda è… basterà?
Il mondo di Cobra Kai, o ancora prima il post-mondo creatosi con Karate Kid (vi ricordiamo che in origine i fan dei film hanno sempre delineato Daniel come il buono e Lawrence come il cattivo, mentre con il passare degli anni le teorie hanno iniziato a gettare sfumature sul dipinto in bianco e nero) ha sempre giocato sui punti di vista, e questa stagione ne è la prova concreta. Se infatti il peggiore dei cattivi può avere una origin story capace di dare motivazioni – che rimangono magari sbagliate, ma comunque danno un senso -, non c’è da dimenticare che questo Cobra Kai, oltre ad essere la continuazione di Karate Kid, è l’Origin Story dei ragazzi, veri “kid” di questa serie. Come già detto, il dialogo viene secondo alle mani, e una serie dal nome Cobra Kai non può che applicare la legge del pugno per qualsiasi cosa: per questo molte dinamiche tra i personaggi potrebbero sembrare un po’ folli, ma in fondo anche questo fa parte della giostra.
Fanservice
Ovviamente Cobra Kai è una serie che basa tutto sul fanservice, sulla volontà di far felici i vecchi fan con scene superbe e tante guest star d’eccezione che ci faranno scoprire personaggi fantastici dei vari film (ndr, Hilary Swank dove sei?). Lo spettatore però inizia ad appassionarsi anche ai giovani karateka e proprio questi, tra le varie scene di questa terza stagione, mostreranno una crescita davvero interessante. La crescita si vede ovviamente anche negli originali, perché in fondo un forte tema di questa terza serie riguarda il saper ammettere gli errori e andare avanti, riscattandosi.
La cosa che più si nota infine nel finale – tranquilli, niente spoiler – è quanto stavolta ci sia dentro il classico stile a la Karate Kid: se le prime due stagioni infatti si erano chiuse rispettivamente con un torneo e una rissa, stavolta invece dentro ci troviamo anche quel significato di riscatto, oltre che un po’ di sana applicazione pratica di teoremi alla Miyagi. Insomma, Cobra Kai 3 è un grande intermezzo di qualità (a partire dai combattimenti fino alla parte a Okinawa) che traghetta gli spettatori dalle prime due stagioni verso una quarta, e probabilmente risolutiva, della serie. Qualche leggera inflessione si sente all’inizio, ma una volta che il motore inizia a carburare, tutto il resto va veloce verso un finale di stagione altrettanto carico di azione, senza aver paura dell’effetto nostalgia ma, al contrario, abbracciandolo e facendolo proprio. Perché in fondo esistono tre verità: abbiamo visto quella di Daniel, abbiamo visto quella di Lawrence, ma ora siamo pronti per vedere la Verità.