Clair Obscur: Expedition 33 Recensione: un viaggio indimenticabile

Un viaggio tra petali e misteri che omaggia i JRPG di ieri, sperimenta nel combat e conquista con storia, arte e musica. Ecco la nostra recensione di Clair Obscur: Expedition 33

Simone Lelli
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Simone Lelli
Editor in Chief
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri...
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Recensioni
Lettura da 9 minuti
9.5 Eccellente
Clair Obscur: Expedition 33

Esiste un momento, giocando a Clair Obscur: Expedition 33, in cui ci si rende conto che Sandfall Interactive – un collettivo di appena venti persone, ma forte di una visione chiarissima – non ha semplicemente omaggiato i mostri sacri del genere; li ha sezionati con metodo, ne ha ricomposto i frammenti su un grande cavalletto digitale e li ha riassemblati in qualcosa di audacemente personale. Quel momento arriva quando la Pittrice si staglia dinanzi al Monolito di Lumière, una Parigi distorta da incubo onirico, e dipinge il numero 33. Subito dopo, uomini e donne di quell’età si disintegrano in petali di luce in un rituale chiamato Gommage. È il prologo, ma basta a scolpire due certezze: l’immaginario visivo è potentissimo e la morte – tema cardine dei JRPG più amati – qui indossa abiti squisitamente francesi, profumati di arte e di tragica poesia.

In poco più di quaranta ore di trama principale (che possono raddoppiare dedicandosi alle numerose missioni facoltative), Expedition 33 accompagna il giocatore in un viaggio che profuma di Final Fantasy dei tempi d’oro, riecheggia la quotidianità emotiva di Persona e, allo stesso tempo, si concede azzardi meccanici che traghettano il combat verso una struttura dichiaratamente sperimentale. Lungi dall’essere un semplice clone nostalgico, il titolo si erge a lettera d’amore verso il passato senza incatenarsi ad esso: piuttosto, sfrutta le zone d’ombra fra le convenzioni del genere per infilare colpi di genio là dove non te li aspetti, diluendo le novità con tempismo chirurgico e mantenendo la curva di apprendimento viva fino ai titoli di coda, grazie anche a potenziamenti mirati in late-game che spronano a rivedere strategie già rodate.

World-building – Lumière, la città del chiaroscuro

Il primo contatto con Lumière rivela la mano di un team innamorato tanto delle propaggini gotiche della Villette, quanto delle luci soffuse del tardo Impressionismo; scorci di boulevard decadenti e cupole liberty si fondono con pennellate che dipingono l’atmosfera di riflessi cangianti. Quando la spedizione abbandona Lumière per inseguire la Pittrice, la mappa si apre su lande che sembrano quadri viventi: brughiere tinte di violetto che ricordano le tele di Monet, scogliere dove il mare riflette pigmenti verdi come se Van Gogh ci avesse riversato i suoi paesaggi notturni, foreste nere in cui i tronchi gocciolano resina rossastra. Ogni ambiente, più che un livello, è una tela narrativa che accompagna l’avanzata del gruppo.

Personaggi – Eroi in cerca di autori

La storia ruota attorno a un manipolo di avventurieri determinati a fermare la Pittrice. Il gioco non rivela subito la composizione finale del party; quello che sappiamo è che ogni membro offre un’arma, uno stile e una prospettiva unici, in perfetta tradizione Final Fantasy. Tra i volti che spiccano sin dall’inizio ci sono Lune e Maelle. La prima è una maga capace di manipolare gli elementi lasciando “macchie” cromatiche sui nemici: fuoco, ghiaccio, acido si sovrappongono come strati di vernice e, all’attivazione di una skill successiva, esplodono in bonus di danno o debuff, spingendo il giocatore a concatenare più macchie possibili per massimizzare l’effetto. Maelle invece è una schermitrice dallo stile scenico che alterna pose utili tanto alla difesa quanto al contrattacco, aumentando la varietà tattica.

Attorno a queste due figure e a Gustave, ruotano personaggi altrettanto ben caratterizzati (che preferiamo non nominare per non guastare l’impatto narrativo), tutti legati a un tema preciso: il tempo che sfugge. L’alchimia di gruppo funziona grazie a dialoghi doppiati magistralmente. La presenza di Charlie Cox e Ben Starr dona spessore alle linee di testo, evitandone la caricatura melodrammatica; la loro performance riesce ad alternare leggerezza e pathos con naturalezza sorprendente.

Combat system – Il balletto del pigmento

Sul fronte ludico, Clair Obscur erige il suo monumento all’ibridazione. Alla base c’è un classico schema a turni con timeline visibile: impariamo quale personaggio o nemico agirà e quando. Tuttavia, Sandfall aggiunge un layer d’azione: durante la fase avversaria è possibile parare, schivare o saltare al frame giusto per ridurre o deviare i danni, premiando chi studia i pattern nemici e interiorizza i loro tempi di attacco.


Ogni personaggio possiede un set di skill personali con sinergie evolutive. Le magie di Lune applicano macchie elementali che rimangono sulla griglia; un’abilità può consumarle per sferrare un’esplosione potenziata in base ai colori sovrapposti, trasformando il campo in una tavolozza tattica. Maelle, dal canto suo, usa il sistema delle pose per modulare i colpi, costruendo loop di manovre che fondono strategia e tempismo.

A coronare il tutto ci sono i Picto. Se equipaggiati come statici – fino a tre per personaggio – garantiscono bonus passivi e, talvolta, una skill aggiuntiva. In alternativa, si possono attivare spendendo punti Lumina dando solo le abilità come bonus: questa combinazione permetterà di dare la stessa abilità a più personaggi, ma allo stesso tempo il massimo del Picto sarà dedicato solo ad uno di essi.. La scelta fra build statica e dinamica spinge alla sperimentazione costante: alcune boss-fight richiedono burst rapidissimi, altre maratone di resistenza.

Ogni personaggio dispone di un albero di talenti resettabile a piacere: scegliere se puntare su critico, supporto o difesa cambia radicalmente le sinergie. Le armi scalano su statistiche elementali – fuoco, ghiaccio, terra, elettricità, luce, oscurità – e i boss più avanzati mettono alla prova la gestione di resistenze e debolezze.

Tecnica e direzione artistica – Quando l’indie guarda i tripla A dall’alto

A livello grafico, la produzione svela subito il doppio volto: da un lato texture curate e particellari che sembrano scintille di vernice fresca; dall’altro, qualche animazione legnosa sui mob minori e transizioni di mappa con stacchi netti. Fortunatamente la regia intelligente copre i limiti: le cut-scene fanno largo uso di inquadrature oblique e profondità di campo, trasformando la necessità in virtù stilistica e mantenendo la coerenza del mondo.


La colonna sonora, indelebile e perfetta per ogni frangente, cambia e si adatta al momento: durante le combo più lunghe si arricchisce di nuovi strumenti, mentre nei passaggi drammatici si ritira lasciando spazio a silenzi carichi di tensione – contrasto che amplifica l’emozione. Il tema principale, impreziosito da cori in francese, risuona nelle varie scene con potenza catartica e resta facilmente in mente.

Durata e contenuti opzionali

Come già anticipato, la campagna principale si conclude in circa 40 ore; chi ama esplorare trova numerose missioni secondarie che approfondiscono luoghi e comprimari, sbloccano boss opzionali, regalano Picto unici o scene di background dal forte impatto emotivo. La difficoltà è a scalare: ignorare le sub-quest può significare arrivare impreparati alle ultime battaglie, che sfoderano pattern complessi e severi controlli sulla solidità delle build.

Per quanto il quadro complessivo sia luminoso, qualche piccolo neo nella produzione è presente. Il primo che citiamo è la mancanza di checkpoint dopo le cut-scene: alcune boss-fight ripartono addirittura prima del filmato introduttivo e, se si fallisce, occorre rivedere minuti di dialogo (per quanto saltabili). Altro elemento critico sono i passaggi troppo bruschi tra certe macro-aree, risolti con fade-to-black istantanei e caricamenti percepibili che spezzano l’immersione. Infine, risulta scomodo non poter confrontare direttamente due Picto attivi nel menù, rallentando l’ottimizzazione prima degli scontri più ostici. Sono pecche imputabili alle risorse limitate del team, emergono perché il resto rasenta livelli eccelsi e – proprio per questo – diventano più evidenti.

Clair Obscur: Expedition 33
Eccellente 9.5
Voto 9.5
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Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.