Incontrare una colonna portante del cinema internazionale come Kevin Spacey e scoprire che è un uomo a cui non manca di certo la modestia e l’autoironia, è sicuramente una sorpresa. Lo spietato Frank Underwood di House of Cards, l’enigmatico Keyser Söze de I soliti sospetti e il serial killer John Doe di Se7en è in realtà un professionista posato e sorridente, che non nega risposte autoironiche ma che nascondono al loro interno una conoscenza della Settima Arte da far spavento.
In occasione dell’incontro con la stampa per il prossimo Baby Driver – Il Genio della Fuga diretto da Edgar Wright (nelle sale italiane dal prossimo 7 settembre), Spacey ha quindi risposto con estremo entusiasmo a molte delle domande dei presenti.
In un’intervista all’Hollywood Reporter lei ha dichiarato che avrebbe voluto accettare solo ruoli di spicco e che non avrebbe più interpretato il fratello di nessuno. Se l’avesse chiamata Martin Scorsese per un ruolo importante ok, altrimenti se ne potevano andare tutti a fare in cu*o. E’ così?
Attenzione, la frase che dissi va contestualizzata. In quel caso parlavo di un momento specifico della mia carriera in cui per far fare un salto in avanti alla mia carriera avrei dovuto rinunciare a un certo tipo di ruoli marginali. È proprio per questo che ora io sia focalizzato sul ricostruire la mia carriera cinematografica. Ho fatto tanto teatro a Londra, uscendo dalla vista del pubblico. Ora voglio essere parte importante di una storia. E nel caso Scorsese mi chiamasse… non lo manderò a fare in cu*o.
Edgar Wright può essere quindi definito un nuovo Martin Scorsese del cinema?
Beh, adoro i suoi film. È intelligente e spassoso allo stesso tempo, oltre al fatto che apprezzo molto come è in grado di trasformare la musica in cinema. E poi, in Baby Driver mi ha trasformato in Michael Caine, come avrei potuto rifiutare?
In Baby Driver recita la parte dell’ennesimo “bad guy”. Il Doc di Baby Driver è però diverso dai cattivi precedenti, e se sì in che modo?
È la tua opinione (ride). Io non mi metto ad analizzare i personaggi che interpreto. Non li giudico moralmente. Definendo “cattivo” o “malvagio” un personaggio non si rappresentano concetti che possiamo replicare. Da attore bisogna recitare il modo di parlare o come la gente si comporta. Gli spettatori sono sempre più attratti da figure complesse e machiavelliche, partendo da I Soprano.
Secondo lei è più interessante interpretare un ideatore di rapine in banca, un politico corrotto o un personaggio a teatro?
Sarebbe come mettere a confronto le arance e le mele. Se una mela o un’arancia è in un teatro, automaticamente divento la persona più felice del mondo. Per cui la mia risposta è: teatro!
Lei è un punto di riferimento per molti attori. Chi sono però i suoi modelli ispiratori?
(Ride di gusto relativamente al fatto che è stato definito un “punto di riferimento”) Mia madre adorava portarmi a teatro e al cinema, in modo così da scoprire la mia passione per Henry Fonda, Katherine Hepbun, Spencer Tracy, Cary Grant, Jimmy Stewart e Bette Davis. Personalmente ho lavorato con Jack Lemmon per quattro anni quando ero giovane. Per me è stato quasi un mentore. Anche Joseph Papp, direttore del New York Shakespeare Festival, e Alan J. Pakula, sono decisamente importanti. L’ultimo, in particolare, è stato il primo regista che ha davvero lottato per me.
Ha mai incontrato Roberto Pedicini o è a conoscenza del suo lavoro come doppiatore italiano dei suoi personaggi?
Quale altri attori doppia oltre me?
Jim Carrey e Javier Bardem.
Una volta conobbi un uomo al Festival di Berlino che venne da me e disse: “Io sono te! Io sono te!” In che senso, gli chiesi. Lui: “Sono la tua voce in tutti i film in Germania. Faccio anche Robert De Niro e Sean Connery”. Gli dissi che se avessi fatto un film con Sean Connery e Robert De Niro le voci le avrebbe fatte tutte lui! Ad ogni modo non conosco Roberto Pedicini ma farò in modo di non girare mai un film con Jim Carrey (ride).
Quali ruoli non prenderebbe mai in considerazione?
Non accetterei mai parti che sono state scritte male. Di mio, sono aperto a tipo di ruolo, nulla mi mette paura. A spaventarmi è solo la stupidità. I giornalisti spesso pensano che siano gli attori a scegliere i ruoli, ma non è sempre così, dato che noi possiamo scegliere solo ciò che ci viene offerto.
Avete recitato in Baby Driver a tempo di musica, è così?
Siamo stati fortunati nel poter leggere la sceneggiatura e ascoltare le musiche che Edgar aveva selezionato. Era emozionante poter leggere lo script sentendo le canzoni che il regista desiderava includere nella scena. Edgar aveva in mente che la recitazione si unisse al ritmo della canzone di una sequenza, e per farlo ci metteva degli auricolari grazie ai quali potevamo davvero ascoltare il brano scelto.
E del suo lavoro da produttore? Cosa può dirci della serie Unabomber?
Apprezzo molto il lavoro di produttore, soprattutto il poter scegliere il cast e i tecnici. Essendo stato anche direttore artistico dell’Old Vic a Londra per ben 23 anni posso affermare di conoscere bene questo lavoro. Ad ogni modo, Unabomber mi ha molto convinto.
Qual è stato Il ruolo più difficile da interpretare nella sua carriera?
Sinceramente non saprei. È sciocco pensare che un attore dica quanto è stato duro fare un certo ruolo. Per me si tratta di puro divertimento. Non è mai qualcosa di difficoltoso o spiacevole.