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Alaloth: Champions of the Four Kingdoms, le nostre impressioni

Sceneggiatori e scrittori più bravi di noi hanno spesso definito una “fine” come “fine dell’inizio”: nulla più vero di Alaloth: Champions of the Four Kingdoms, gioco di Gamera Interactive che adesso torna a mostrarsi dopo essere scomparso dai riflettori per un po’, ed è quasi giunto al primo grande traguardo, quello della pubblicazione, momento in cui verrà dato in pasto ai giocatori di tutto il mondo.

Abbiamo avuto modo di vederlo giocato e quindi analizzarlo nel dettaglio, e ciò che ci è parso davanti è un gioco interessante, pieno di spunti intriganti e anche di scelte coraggiose. Ecco le nostre prime impressioni di Alaloth: Champions of the Four Kingdoms.

GDR con le lettere maiuscole

I grandi capolavori vivono spesso come omaggi dentro alle nuove opere dei successori spirituali, e Alaloth si prende carico di questi pilastri del Gioco Di Ruolo proponendo meccaniche che sempre più spesso stanno andando perdute in favore della “facilità di gioco”, contrapposizione ingiusta alla difficoltà che talvolta non permette vendite maggiori per i blockbuster. Con grandi riferimenti intelligenti a Moonstone, titolo cardine del 1991 per il genere, Alaloth: Champions of the Four Kingdoms è un fantasy classico, dove la parola ha un’accezione tremendamente positiva.

Non esiste un Gioco di Ruolo senza un intreccio degno di quel nome, e Alaloth: Champions of the Four Kingdoms sembra farsene carico: il gioco propone una lore davvero profonda, e tutto questo è decodificabile da quello che ci è stato raccontato da Alberto Belli, che sicuramente non è tutto ciò che il gioco può raccontarci in ore e ore di gameplay. I nemici in gioco inoltre saranno diversi per ogni partita (avendo un pool di boss dal quale il gioco sceglierà in modo casuale) e persino gli obiettivi avranno posizioni diverse, allora tutto acquista un sapore di avventura decisamente su un altro livello.

Se a questo aggiungiamo anche che ogni città sarà di una specifica razza e che il comportamento – così come gli oggetti venduti – saranno diversi a seconda di dove andrete (e di quale razza impersonerete), l’esperienza acquista una sensazione di scoperta elettrizzante. Ogni NPC avrà dialoghi che potrebbero sfociare in missioni secondarie, e se vorrete forgiare un’arma tipicamente nanica non potrete andare da altri a farla.

Punitivo quanto basta

Senza cadere nel più becero dei “trial and error”, Alaloth: Champions of the Four Kingdoms è comunque punitivo quanto basta: nel gioco potremo impersonare un guerriero – quindi non sognatevi classi diverse – e potremo scegliere build che andranno ad affiancare alla classe base delle variazioni (così da poter creare degli ibridi capaci anche di fare magie o attacchi diversi). Giocando potrete far uso soprattutto delle vostre statistiche e delle armi che porterete, ma starà alla vostra abilità di schivare e concatenare attacchi leggeri, pesanti e tecniche per ottenere il miglior risultato possibile.

Nel gioco potrete farvi accompagnare da due IA, che però dovrete scegliere ogni volta e che, così come il limitato (dal peso) equipaggiamento che porterete, potrebbero cambiare le sorti dello scontro. Presente anche il multiplayer, però per ora solo locale.

Un viaggio unico

Abbiamo già parlato delle città, ma descriverle semplicemente come differenti è un’analisi superficiale: ogni regione avrà la sua capitale, delle città più piccole e punti di interesse da scoprire, e ogni segreto potrebbe cambiare completamente la vostra avventura. Ci saranno anche tanti easter egg che ai cultori del genere faranno urlare di gioia, mentre per il resto solo il seguire la trama e l’avventura potrà portarvi a segreti inimmaginabili.

L’impresa offrirà molti colpi di scena poi, e se non bastassero quelli scritti nella sceneggiatura, ci saranno quelli gestiti dalla randomicità che proporrà diversi incontri e, di conseguenza, diversi risultati finali. Il gioco in questo modo acquisisce un’ulteriore rigiocabilità, che unita alla presunta longevità rende il tutto un’esperienza decisamente non usa-e-getta.

Abbiamo avuto modo solo di vedere il gioco, raccontato proprio da Alberto Belli, e per questo potremo dare un giudizio definitivo soltanto una volta che lo avremo provato con mano, ma ciò che vediamo non è soltanto un’opera di nostalgia verso un gioco che, al tempo, venne minato da vari fattori (come la violenza presente nel gioco), ma una vera e propria evoluzione di quel genere di giochi che, col tempo, è scomparso dagli scaffali dei negozi, e che sarebbe ora tornasse. Proprio questo valore intrinseco potrebbe rendere Alaloth: Champions of the Four Kingdoms, con tutti i limiti che potrebbe avere vista la produzione indie, un must del genere e un eccellente modo per avere un’esperienza quanto più vicina ai grandi classici di genere, seppur moderno quanto serve per essere giocato oggi.

Simone Lelli
Amante dei videogiochi, non si fa però sfuggire cinema e serie tv, fumetti e tutto ciò che riguarda la cultura pop e nerd. Collezionista con seri problemi di spazio, videogioca da quando ha memoria, anche se ha capito di amarli su quell'isola di Shadow Moses.

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