The Last Faith – Recensione del “Bloodborne wannabe”

Quello che doveva essere l'erede in stile metroidvania di Bloodborne non convince fino in fondo: ecco la nostra recensione di The Last Faith.

Tiziano Sbrozzi
Di Tiziano Sbrozzi - Senior Editor Recensioni Lettura da 6 minuti
7
The Last Faith

The Last Faith, sviluppato da Kumi Souls Games con un forte finanziamento a mezzo Kickstarter, si preannunciava come “il Bloodborne in 2D” chiaramente con lo stile pixel art. Il gioco ha avuto una gestazione abbastanza rallentata, in parte a causa del Covid-19, e in parte dovuta ad un’esplosione di richieste, complice una grossa campagna marketing molto aggressiva. Andiamo a fare la nostra disamina in questa recensione di The Last Faith.

Destino comune

The Last Faith esamina la storia di un personaggio di nome Eric: quest’ultimo vive in un mondo vittoriano dalla pesante influenza gotica, dove il mondo è colpito dalla “solita storia” del miasma mortale che ha ridotto il genere umano ad uno sparuto gruppo. Eric stesso è colpito da tale malattia, data dal sangue (e qui i riferimenti a Bloodborne sono già prominenti): il punto è che nel caso di Eric, tale malattia gli ha donato anche una forza straordinaria e riflessi sovrumani.

Il nostro eroe sceglie di liberarsi dalle catene dell’oppressione e, con spirito di vendetta, compiere una crociata contro le forze che attanagliano il mondo. Nel suo viaggio incontrerà diversi alleati e nemici, perlopiù mostri che cercheranno di staccargli la testa, ma al netto di tutto questo il nostro eroe si comporterà come un vero gentleman, salvando giovani donzelle e scienziati volti loro stessi alla ricerca di una cura.

Non fatevi illusioni: la storia di The Last Faith è abbastanza derivativa, e lo è perfino la progressione di come vengono scoperte le informazioni, per cui avrete nel corso di tutta la campagna una sorta di déjà-vu continuativo, che per alcuni non guasterà, mentre potrebbe indurre altri a distogliere l’attenzione.

Uccidere o essere uccisi

Dal punto di vista di gameplay, The Last Faith è un metroidvania in 2D con forti influenze e stili provenienti dal mondo dei soulslike, ovviamente in particolare Bloodborne. A livello pratico avremo dalla nostra parte una schivata rapida, sia in avanti che indietro, capace di salvarci la pelle nei momenti più ostici. Sotto il profilo degli attacchi potremo colpire i nemici con diverse combo, oltre al classico colpo caricato, unito ad un colpo speciale che consumerà il “mana” di turno, rigenerabile colpendo i nemici o presso gli Altari del gioco.

Questi ultimi saranno l’equivalente dei Falò o delle Lanterne di Bloodborne, sebbene per aumentare di livello dovremo tornare presso l’hub principale che in questo caso è una villa settecentesca che racchiude al suo interno tutti gli NPC che salveremo, ed un maggiordomo (inutile, ma figura). Kimi Souls Games ha sapientemente inserito un teletrasporto rapido presso ogni Altare, sebbene troviamo assurdo che per fare il prossimo livello che consiste nell’aumento di uno o più punti nelle principali caratteristiche, dovremo uscire dalla villa e trovare una donna in carrozza.

Questa è inoltre simile in tutto, anche nel vestito, alla bambola di Bloodborne, e il suo compito sarà quello di permettere la progressione del nostro baldo Eric, che non cambierà stile in termini estetici, ma solo la potenza. Esistono diverse armi: si passa dalle spade, ai pugnali, alle asce e a spadoni immensi. Lo stile che vorrete applicare sarà il vostro, in questo il gioco non vi limita, sebbene ci sia una forte componente di consumabili che se utilizzati a dovere (bombe, potenziamenti elementali alle armi etc) vi renderà potentissimi sul momento.

È possibile equipaggiare due armi alla volta, ma alla fin dei conti ne utilizzerete soprattutto una a vostra scelta, alla quale probabilmente vi affezionerete più di altre. Le bossfight sono diverse e indubbiamente interessanti, sebbene in alcuni casi frustranti, perché il gioco punta a creare diverse fasi per ogni boss, e nella maggior parte dei casi sarà un “prova, muori e impara”. Tutto ciò non guasta, ma quando si scopre che la terza fase arriva quando hai già terminato le risorse, può diventare complesso da digerire.

L’ultimo destino… si spera

The Last Faith è un qualcosa che “poteva essere” ma che “non è stato”: una promessa infranta nella banalità. Presentato con i più alti standard qualitativi, che poi non si sono concretizzati, in termini di stile grafico il gioco è mediocre – sebbene abbia degli spunti interessanti come i filmati ben realizzati che strizzano l’occhio allo stile di Blasphemous – ed un comparto sonoro che non rimane affatto impresso, anzi, talvolta risulta fastidioso.

Eric è un protagonista per il quale non si riesce a provare empatia, e poco importano i quicktime event che avvengono in gioco, forti di una buona componente di violenza, che comunque non generano pathos. Nel gioco sono ricorrenti i classici stilemi souls, con muri che nascondono tesori, la morte che impone il recupero delle “anime” ottenute combattendo, e così via. Nulla di nuovo insomma, e sebbene non ci fosse l’intenzione di innovare, quanto meno il team avrebbe potuto inserire un proprio marchio di fabbrica, ma purtroppo non è stato fatto.

The Last Faith
7
Voto 7
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Senior Editor
Lusso, stile e visione: gli elementi che servono per creare una versione esterna di se. Tiziano crede fortemente che l'abito faccia il monaco, che la persona si definisca non solo dalle azioni ma dalle scelte che compie. Saper scegliere è un'arte fine che va coltivata.