Curse of Anabelle – Recensione del puzzle game horror di Rocwise Entertainment

La nuova creatura di Rocwise Entertainment sarà riuscita a convincerci? Scopritelo nella nostra recensione di Curse of Anabelle.

Francesco Samperna
Di Francesco Samperna Recensioni Lettura da 9 minuti
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Curse of Anabelle

Leggendo il titolo dell’ultimo videogioco realizzato da Rocwise Entertainment è impossibile non pensare alla demoniaca bambola resa famosa dall’universo cinematografico di The Conjuring, ma Curse of Anabelle si distacca totalmente dalla terrificante leggenda trasposta al cinema negli ultimi anni. Lo studio di sviluppo indipendente fondato a Istanbul propone infatti un titolo che pesca a piene mani da diversi miti popolari e li unisce in un puzzle game in prima persona dai forti elementi horror. Sulla carta sono tante le caratteristiche che sembrerebbero fare di Curse of Anabelle un titolo che vale la pena giocare, ma sarà riuscito il team di Rocwise a mantenere queste promesse? Scopritelo con noi nella nostra recensione!

Tra mito e leggenda

Nella notte del 4 luglio 1984 una bambina di nove anni di nome Anabelle viene ritrovata morta nei pressi dell’abbandonata Villa Ramsey che i cittadini della città ritengono essere infestata da spiriti maligni. Nei giorni successivi Emily, la sorella maggiore di Anabelle, comincia ad avere strane visioni sulla sorella scomparsa, arrivando addirittura a poterci comunicare. Sono passati anni da quel tragico evento, ma Emily non ha mai smesso di provare a riportare indietro la sua adorata sorellina e da alcuni giorni il fidanzato di Emily non ha più sue notizie. Nathan, questo è il nome del ragazzo, decide quindi di andare a cercare l’amata in casa sua, ma non riesce a trovarla. Scopre però, grazie a una lettera lasciatagli da Emily, che la ragazza sta investigando su Villa Ramsey, rivelazione che lo porterà a dirigersi anch’egli sul luogo per cercarla. Ovviamente non sarà così semplice dato che Nathan s’imbatterà in oscure presenze e in alcuni libri grazie ai quali potrà apprendere l’abilità potenti incantesimi.

È quindi questa la trama di Curse of Anabelle, la quale non è stata purtroppo ben raccontata nelle cinque ore necessarie per portare a termine il titolo; a ben pensarci, infatti, gli unici cenni relativi alla storia, oltre ad alcuni dialoghi sparsi durante le fasi di gameplay, si trovano nella prima ora del gioco e negli ultimi 5 minuti in-game. La sceneggiatura è oltretutto poco ispirata e non riesce a intrattenere e intrigare. Decisamente un fallimento dato che, a detta di quanto dichiarato dal team di sviluppo, Curse of Anabelle è un puzzle game dalla forte componente narrativa… che noi non abbiamo però riscontrato.

La maledizione di Anabelle

La trama è solo il primo dei tanti punti deboli del titolo che pecca soprattutto dal punto di vista del gameplay, ma andiamo con ordine: il gioco non presenta un tutorial, ma mostra una schermata dei comandi non appena avviato. Il primo obiettivo che ci verrà assegnato, come in ogni horror che si rispetti, sarà quello di trovare una torcia. La torcia dovrebbe essere utilizzata per illuminare gli spazi più bui che, però, nel gioco non sono presenti. Tutta Villa Ramsey è infatti costantemente illuminata da lanterne e lampadari che dovrebbero in realtà essere non funzionanti dato che l’edificio è descritto come abbandonato da anni. La meccanica della torcia è perciò piuttosto inutile e lo dimostra il fatto che viene ben presto sostituita da un incantesimo che permette di accendere anche quelle poche luci spente presenti.

Gli incantesimi sono principalmente due: il primo vi darà modo d’illuminare le stanze – quello di cui abbiamo appena parlato – mentre il secondo vi permetterà di viaggiare attraverso varie linee temporali. Quest’ultimo non è nulla di innovativo (avevamo già visto una meccanica identica in un livello di Titanfall 2 sviluppato da Respwan Entertainmet) ed è utilizzato semplicemente per aprire delle porte che nel presente sono chiuse, ma che potrebbero essere aperte nel passato. Anche questa meccanica è per lo più fine a sé stessa dato che, dopo averla sbloccata, il gioco richiederà di utilizzarla in rarissime occasioni.

Curse of Anabelle è definito un puzzle game dalla forte componente narrativa con elementi horror. Abbiamo già analizzato la trama del gioco, così alcune sue meccaniche; ora pensiamo ai puzzle. Ve lo diciamo subito, sono un vero disastro. Nel corso del gioco dovremmo essere portati a risolvere vari enigmi che in realtà, però, non ci sono. Oltre infatti a mostrare come utilizzare le due meccaniche legati agli incantesimi sopracitate, non vi sono altri puzzle da risolvere. L’unico obiettivo di questo gioco è infatti quello di craftare (sì, c’è anche un sistema di crafting) alcuni sigilli necessari ad aprire delle porte (parleremo di queste porte successivamente), compiti che si riassumeranno nella necessità di raccogliere specifici oggetti sparsi per la villa e, tramite l’inventario, combinarli fra loro per ottenere i sopracitati sigilli. Questo andrà fatto per una decina di volte ed è, come detto prima, l’unica azione da svolgere in tutto il titolo.

Di elementi horror, com’è facilmente intuibile, non ce ne sono o meglio, sono tutti da ricondurre a dei semplici jumpscare concentrati soprattutto nella prima ora di gioco. Non vi è alcun pericolo, nessuna entità spaventosa, nessuna possibilità di essere uccisi, niente di niente. A dirla tutta, sono presenti dei nemici, ma non è esattamente ciò che ci saremmo aspettati da un’avventura horror. Dopo aver ottenuto uno dei sigilli e aver aperto la corrispondente porta, il protagonista verrà infatti teletrasportato in una specie di dimensione demoniaca (la classica ambientazione caratterizzata da fiamme e grotte) dove inizierà lo scontro con una misteriosa entità magica. Un confronto che però sarà limitato al semplice schivare alcune sfere energetiche del nemico, il tutto in accoppiata a dei semplici quick time event dove verremo incaricati di premere il pulsante giusto al momento giusto. Queste piccole bossfight sono tante quanto il numero dei sigilli e sono tutte perfettamente identiche. A questo punto avrete dunque capito che l’elemento che fa più paura di The Curse of Anabelle è l’estenuante ripetitività.

Una dimora “scricchiolante”

L’atmosfera del gioco è abbastanza suggestiva, ma ciò non basta per rendere quello di Rocwise Entertainment un titolo anche lontanamente consigliabile. Villa Ramsey rappresenta una grande ambientazione, caratterizzata da una miriade di stanze, scale e corridoi. L’esplorazione potrebbe quindi essere uno degli elementi chiave della produzione, ma ci hanno pensato gli stessi sviluppatori a limitarla: a schermo è infatti presente una bussola che evidenzia i punti d’interesse e permette al giocatore di capire velocemente in che direzione muoversi, eliminando dunque tutto ciò che poteva essere legato all’esplorazione.

Anche dal punto di vista tecnico, nonostante l’utilizzo dell’ultima versione di Unreal Engine, il gioco pecca parecchio. Le texture faticano molto spesso a caricare e sono tantissimi i cali di frame, presenti pure durante le cutscene. Anche per quanto riguarda il design, Curse of Anabelle non brilla particolarmente: l’ambientazione è ripetitiva ed è possibile trovare lo stesso arredamento diverse volte in zone differenti della villa. Non sono da meno le animazioni, quelle poche presenti, che risultano appena abbozzate e, come se ciò non fosse già abbastanza, anche i modelli poligonali dei quattro personaggi che vedremo nel corso dell’avventura sono realizzati in maniera superficiale. Per quanto riguarda invece il comparto audio, il titolo presenta un’effettistica nella norma e una colonna sonora tutto sommato orecchiabile. Il vero problema nasce di fronte al doppiaggio, il quale ci è parso davvero mal interpretato. Curse of Anabelle è stato anche sottotitolato in italiano, peccato solo che il testo non segua il parlato.

Curse of Anabelle
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Voto 4
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Nato nel mai troppo lontano 2002, la sua immensa passione per i videogiochi nasce quando prende in mano per la prima volta il Dualshock 2. Amante dei titoli action, è sempre alla ricerca di nuovi e luccicanti trofei di platino. Tra una partita e l'altra trova comunque il tempo per un po' di sano binge watching!