Quando Tales of Xillia uscì su PlayStation 3 in Europa nel lontano 2013 (in Giappone fu pubblicato nel 2011), non conoscevo affatto la saga. Stavo anzi vivendo un periodo di disamore nei confronti dei JRPG, complici la delusione scaturita da Final Fantasy XIII e la scoperta di Dark Souls, che riscrisse le regole dell’action-RPG. La serie Tales of era ancora relativamente poco conosciuta in Occidente, e avrebbe continuato ad esserlo almeno fino all’exploit di Tales of Arise nel 2021, che ha invece spopolato anche da noi grazie alla sua pubblicazione multipiattaforma, dando impulso alla proliferazione dei capitoli più rappresentativi della saga.
A gennaio di quest’anno Bandai Namco ha dato alle stampe Tales of Graces f Remastered, e per il prossimo febbraio è previsto l’arrivo di Tales of Berseria Remastered, dopo un’analoga operazione che interessò Tales of Vesperia nel 2019. Xillia è uno degli episodi più noti del franchise, anche perché tra i pochi ad aver beneficiato di un sequel diretto, Tales of Xillia 2 nel 2014 (in Giappone uscì nel 2012). La compagnia nipponica ha deciso di riproporlo in una versione con grafica rimasterizzata e qualche utile miglioramento di quality of life, proponendolo a una nuova generazione di giocatori.
Armonia infranta
La premessa narrativa del gioco vede Jude Mathis, giovane studente di medicina dell’università di Fennmont, alle prese con una situazione critica che nel giro di una notte non solo sconvolge la sua vita, ma minaccia di gettare l’intero mondo di Rieze Maxia nel caos. L’armonia del pianeta si regge su un sottile equilibrio tra le forze spirituali e quelle umane: i secondi possono usare parte dell’energia messa a disposizione dai primi per svolgere le loro attività, ma eccedere in questo utilizzo può creare scompensi per l’intero ecosistema vivente.
Ed è ciò che sta accadendo, come percepisce lo spirito supremo Maxwell: egli è il garante dell’equilibrio, e in quanto tale governa i quattro spiriti elementali maggiori (fuoco, acqua, vento e terra); la scomparsa di questi ultimi funge da campanello d’allarme per Maxwell, che decide di incarnarsi nella fanciulla guerriera Milla per indagare su cosa stia accadendo nella capitale dell’impero di Rashugal.
È qui che i nostri eroi finiscono per incontrarsi: il professore di Jude, stimato dottore appena insignito di un premio importante, è scomparso di punto in bianco: gli indizi conducono al laboratorio di ricerca della città, dove si reca anche Milla attratta dall’alta concentrazione spiritica. Con orrore, i due scoprono l’esistenza della Lancia di Kresnik, una terribile macchina da guerra alimentata a energia spirituale, con cui l’impero ha intenzione di muovere guerra al vicino regno di Auj Oule. Scoperti e datisi alla fuga, Jude e Milla dovranno unire le forze ed imbarcarsi in un’impresa disperata per evitare lo scoppio della guerra, e/o distruggere l’arma che potrebbe avere conseguenze catastrofiche sull’intero pianeta.

Ovviamente numerosi comprimari giocabili si aggiungeranno alla coppia di protagonisti: il mercenario dal cuore d’oro Alvin; la giovane incantatrice Elize; il saggio maggiordomo Rowen; e Leia, amica di infanzia di Jude. Ciascuno è caratterizzato da un proprio arco narrativo, ben intrecciato al plot generale, compongono un roster di personaggi affiatato, anche grazie alla numerose skit (siparietti di dialoghi facoltativi che ne approfondiscono le relazioni) e alle peculiarità di ciascuno in termini di abilità di combattimento.
Tuttavia, più che i personaggi – i quali soffrono chi più chi meno di una certa stereotipizzazione, conta il worldbuilding: il team di autori tra cui figurano veterani del franchise quali Takashi Hasegawa e Naoki Yamamoto, ha calcato la mano su tematiche che sono da sempre prerogativa della serie, in primis la necessità da parte dell’essere umano di convivere in armonia con il Creato, instaurando con esso un rapporto simbiotico e non meramente utilitaristico.
Questa esigenza di equilibrio e di necessità di riportare ordine in un caos scatenato dalla tracotanza di chi utilizza le risorse del pianeta per scopi personali o ancor peggio per nuocere ad altri è una costante di tanta narrativa giapponese del dopoguerra: ne abbiamo eco anche nel cinema, a partire dalla seminale serie Gojira e in generale i film di Kaiju, che predicano un messaggio fortemente ecologista e antibellico; e per restare in ambito videoludico non abbiamo che da guardare a Final Fantasy VII, per cercare l’esempio più lampante.
In un periodo storico di sconvolgimenti geopolitici come il nostro, la narrativa di Tales of Xillia Remastered riverbera più attuale che mai, e stimola ad interrogarsi su quante e quali responsabilità siamo pronti ad assumerci circa la salvaguardia del pianeta in quanto esseri umani. Un’altra ottima ragione per cui vivere (o rivivere) l’avventura proposta da Bandai Namco.
Un’altra ottima ragione è il Linear Battle System, peculiare sistema di combattimento da sempre marchio di fabbrica del franchise: in controtendenza rispetto ai JRPG classici, offre scontri in tempo reale in arene chiuse in cui è possibile riposizionarsi continuamente; tuttavia, per attaccare o difendersi da un nemico bisogna posizionarsi esattamente di fronte a lui, ponendosi alla giusta distanza (impostando un’opzione relativa, si può automatizzare questa manovra). Possiamo schierare un party fino a 4 personaggi, alternandoli in ogni momento con i compagni in panchina.

Altro tratto caratteristico del sistema è il Vincolo, che ci permette di eseguire manovre combinate assieme ad un compagno scelto ad hoc; vincolando Jude e Milla, quest’ultima andrà alle spalle del nemico che agganciamo per stordirlo; vincolando Jude ad Alvin, invece, quest’ultimo cercherà di rompere la guardia avversaria esponendolo ai nostri colpi. Le abilità e le manovre offerte dai vincoli dipendono dai personaggi coinvolti, e considerando il fatto che possiamo creare e sciogliere vincoli ogni volta che vogliamo durante il combattimento, le possibilità di giostrare il combattimento come più ci aggrada sono davvero numerose. Da questo punto di vista, forse sarebbero stati necessari tutorial un po’ più chiari di quelli che, pur se presenti e richiamabili dal menù in qualunque momento, risultano macchinosi da navigare e non ottimamente organizzati.
Vecchio e nuovo
Le operazioni di rimasterizzazione di JRPG classici sono ormai numerose: Square Enix è sicuramente tra le aziende più attive su questo fronte, in virtù del suo sterminato catalogo, ma non dimentichiamo esempi virtuosi come Atlus, che ha riproposto Persona 3 con grande successo di pubblico e critica. da questo punto di vista bisogna dire che Bandai Namco ha svolto l’operazione di aggiornamento senza infamia e senza lode: ad affiancare un upscaling grafico che aggiorna la risoluzione agli standard moderni (non senza occasionali fenomeni di tearing) brillano alcune felici intuizioni in termini di quality of life che vanno a smussare gli spigoli di meccaniche ormai indigeste a buona parte del pubblico moderno, come gli estenuanti combattimenti ogni pochi secondi, le mappe confuse o i punti di salvataggio.
Ora si può salvare la partita in qualsiasi momento, la posizione di forzieri e oggetti è indicata chiaramente su mappa e mini-mappa, e gli scontri con i nemici comuni sono skippabili a piacere. Altra aggiunta utilissima è la possibilità di ripetere immediatamente una partita persa, passando prima per il menù da cui si può cambiare l’assetto di guerra prima del nuovo tentativo. Attraverso l’accumulo di punteggio si possono poi attivare dei modificatori extra in grado di alterare gli equilibri di gioco, ad esempio ottenere più soldi ed esperienza. Si possono inoltre settare cinque livelli di difficoltà dei combattimenti, il che dovrebbe assicurare la più ampia accessibilità possibile al gioco da parte di tutti gli interessati. Infine, questa edizione include tutti i DLC e gli oggetti bonus del gioco, per offrire l’esperienza completa.

Al netto dei contenuti e delle migliorie succitate, Tales of Xillia è lo stesso di sempre: non è stata proposta alcuna aggiunta o modifica ai contenuti originali. La storia è la stessa che conosciamo, con la sua gravitas alternata a momenti demenziali e numerose sfumature ecchi; la mappa di gioco è variegata e offre una discreta esplorabilità, specialmente nei dungeon articolati su più livelli, anche se la navigabilità degli ambienti rimane estremamente ingessata, legata a prompt di comando contestuali (non si può scalare o saltare liberamente), inoltre l’esplorazione soffre di parecchio backtracking, specialmente nel caso volessimo cimentarci nel completamento di tutte le missioni secondarie, che il più delle volte si riducono in tediose fetch quest.
L’upgrade grafico è gradevole, ma abbiamo comunque a che fare con modelli poligonali non particolarmente ricchi e una resa generale che è evidentemente figlia di una produzione AA di epoca PS3 – ma la si potrebbe equiparare anche ad una ricca produzione PS2. Fortunatamente le sequenze di animazione tradizionale sono bellissime da vedere, tanto che sarebbe stato bello vederne di più. Il doppiaggio, inalterato rispetto all’originale, è ancora ottimo, mentre la colonna sonora del veterano Motoi Sakuraba (firma storica della serie) a mio parere non raggiunge picchi memorabili pur rimanendo piacevolmente variegata.
