Frankenstein Recensione, Guillermo Del Toro ci presenta il “Vero Mostro”

Ecco la nostra recensione di Frankenstein di Guillermo Del Toro, un adattamento a dir poco unico del romanzo di Mary Shelley, ora su Netflix.

Giorgio Maria Aloi
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Recensionifrankenstein
Lettura da 8 minuti
8.5 Ottimo
Frankenstein

Frankenstein è un film del 2025 scritto, co-prodotto e diretto da Guillermo Del Toro (regista di film come Crimson Peak, La Forma Dell’Acqua, Il Labirinto Del Fauno, La Fiera Delle Illusioni – Nightmare Alley, Pinocchio uscito su Netflix nel 2022, ecc.). Si tratta dell’adattamento cinematografico del romanzo Frankenstein scritto da Mary Shelley, proiettato in anteprima all’82° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed arrivato in alcuni cinema selezionati il 22 Ottobre. Ora finalmente è approdato su Netflix il 7 Novembre, e siamo pronti a parlarvene in recensione. Nel cast sono presenti Oscar Isaac, Jacob Elordi, Mia Goth, Charles Dance, Christoph Waltz, Lars Mikkelsen, ecc.

Un adattamento del classico racconto di Mary Shelley su Victor Frankenstein (Oscar Isaac), uno scienziato brillante ma egocentrico che dà vita a una creatura (Jacob Elordi), in un mostruoso esperimento che alla fine porta alla rovina sia del creatore della sua tragica creazione.

Il “film della vita” di Guillermo Del Toro

Tutti hanno avuto (o ancora devono avere) la cosiddetta “occasione della vita”. Si sta parlando proprio di quell’occasione, in cui si ha la possibilità di dare tutto sé stesso e di farlo anche nell’ambiente più giusto possibile. Ecco, è arrivato il momento per Guillermo Del Toro, che ha trovato la sua “occasione della vita” nel romanzo di Mary Shelley. In un certo senso, è come se si stessero aspettando a vicenda e fossero riusciti a trovare una connessione, per ottenere quel risultato più che positivo.

Se si parla di connessione tra il regista de La Forma Dell’Acqua e il romanzo di Shelley, allo stesso tempo non si può parlare di compromesso tra le due parti. L’impronta autoriale ha preso il sopravvento e il nuovo adattamento di Frankenstein si discosta dalla fedeltà del romanzo, gridando “Del Toro” da ogni lato. Chi conosce la sua filmografia, o chi guarderà direttamente Frankenstein, intuirà subito il suo stile. Uno stile che unisce favola e horror, e spesso, le storie sono ambientate in contesti storici reali, con un’estetica unica che celebra il mostruoso e l’imperfetto. Del Toro utilizza un linguaggio visivo potente con colori dominanti, effetti speciali pratici e un forte uso di dettagli visivi per creare mondi ricchi e suggestivi. E il Mostro e il suo mondo circostante nati dalla penna di Mary Shelley sono usciti da quelle pagine, e si sono adattati al tocco del regista messicano, regalando una visione che rispecchia del tutto tale tocco.

 

Una versione di Frankenstein inedita

Come ha fatto Luc Besson con Dracula (Dracula – L’Amore Perduto), anche Del Toro ha voluto prendere un noto romanzo e adattarlo come meglio credeva e al meglio delle sue capacità. Dopo vari adattamenti di Frankenstein, era un’impresa ambiziosa e difficile da realizzare. Del Toro ha trovato il giusto modus operandi.

Dal punto di vista visivo e gotico, rispetta l’atmosfera del romanzo, ma si prende molte libertà narrative ed incarna completamente lo stile del regista. Se si conosce il romanzo, si potrebbe essere puntigliosi sulla mancata fedeltà, e si può apprezzare questo adattamento solo se si apprezza questo stile gotico. Se non si conosce il romanzo, si avrà voglia di leggerlo in seguito alla visione della pellicola.

Il nuovo film di Del Toro gode di un buon comparto tecnico, coerente col regista, che si basa su un gioco di luci, su scenografie solide che ricostruiscono l’ambientazione di quell’epoca, su costumi inerenti ad essa, su una fotografia camaleontica e su una colonna sonora contestualizzata al tipo di pellicola. Ma la chiave del film sta nel mostrare la creatura protagonista non come un pericolo, ma come un essere apparentemente spaventoso e in grado di provare dei veri sentimenti. Il pubblico non può che provare empatia nei suoi confronti, come ha fatto in altre creature presenti nelle precedenti pellicole del regista messicano.

Rapporto padre-figlio: la ricerca d’amore e l’emulazione di Dio

Del Toro si è occupato della scrittura, e ha voluto ricorrere ad un metodo narrativo che spinge il pubblico a guardare due punti differenti, che si intrecciano tra loro senza cascare nella confusione, e che permettono di capire meglio la storia. La trama mostra sia l’arco narrativo della Creatura che quello dello scienziato: da una parte, c’è un uomo egocentrico che cerca di emulare Dio, narcisista e misoteista, segnato dalla perdita della madre e dall’ambizione di sfidare la morte. Dall’altro, una creatura che cerca semplicemente accoglienza, comprensione e soprattutto, amore. Il desiderio è talmente forte che prima lo ricerca dal padre, e poi chiede a quest’ultimo di dargli una compagna. Il loro rapporto allude anche alla tematica del rapporto padre-figlio, e non è la prima volta che Del Toro ne parla in un suo film (basta pensare al suo Pinocchio realizzato in stop-motion uscito su Netflix, qualche anno fa).

Man mano che si guarda la pellicola, ci si rende conto che in realtà il “vero mostro” è l’uomo. Ci si rende conto che è pericoloso giocare con il fuoco (un po’ come ha fatto Prometeo) e delle conseguenze che possono portare certe azioni o creazioni (c’è anche un riferimento al presente, pensando a chi ha creato l’intelligenza artificiale e cosa potrebbe portare, se ci si riflette un attimo (Del Toro voleva dire anche questo?).

Oscar Isaacs si è calato egregiamente nel ruolo dello Scienziato Pazzo, anche con le giuste movenze e le giuste espressioni. Jacob Elordi, bravo attore quanto bel ragazzo, è riuscito ad “imbruttirsi” con un trucco che lo ha reso quasi irriconoscibile, dando così la possibilità di guardare solamente il suo incredibile talento nella recitazione e dimostrando totalmente che non è solo un “bel faccino”. È riuscito a far entrare in empatia il pubblico con il suo Mostro apparentemente orribile e interiormente bello, tanto da essere anche più umano dell’uomo stesso. Una pellicola visivamente spettacolare e che sa anche colpire emotivamente, ma ogni tanto si percepisce un abbassamento del ritmo e un prolungamento del minutaggio “non richiesto”. Tolti questi difetti, resta una pellicola che merita di essere vista su Netflix seduti comodamente sul proprio divano.

Frankenstein
Ottimo 8.5
Voto 8.5
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