Il Mostro è una miniserie televisiva italiana diretta da Stefano Sollima e prodotta da Netflix. I quattro episodi della miniserie sono stati proiettati in anteprima mondiale fuori concorso all’82° Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica Di Venezia e il 22 Ottobre 2025 vengono rilasciati sulla piattaforma. La miniserie racconta le indagini svolte a seguito degli omicidi avvenuti tra il 1968 e il 1985 da parte dell’assassino seriale noto come “Il Mostro Di Firenze“.
In tutto il mondo, inclusa l’Italia, c’è sempre stata la curiosità per i documentari sui serial killer e i true crime. Sollima ha voluto prendere un importante caso di cronaca che ha sconvolto e seminato il terrore in Italia, tra gli anni 60 e gli anni 80, e raccontarlo secondo la propria visione. Il Mostro si presenta come un progetto forte, ambizioso e con delle trovate interessanti dal punto di vista tecnico, ma la premessa importante è che questa miniserie non deve essere presa come verità assoluta e quindi, non è un documentario. Si può vedere anche se non ci conosce il caso, giusto per farsi un’idea.
Il caso è rimasto irrisolto, stando alle informazioni che si hanno a disposizione, ed è un prodotto autoriale, ma ci sono varie ragioni per cui si merita una possibilità. Anche se si percepiranno delle differenze tra la serie e i fatti realmente accaduti, non si sta parlando di personaggi di fantasia. Il Mostro si basa sugli atti dei processi e sulle indagini che si sono realmente svolti e quindi, illustra un approfondimento di un fatto di cronaca nera italiano che ha segnato l’immaginario collettivo (si consiglia di fare delle ricerche, prima o dopo la visione). Non si tratta solo di capire l’operato del noto killer, ma offre anche una chiave di lettura sulla società italiana di quei tempi e su come sia cambiata da allora (o forse, su quanto sia rimasta la stessa perché qualche riferimento al presente c’è). I presupposti ci sono, ma a conti fatti, sarà riuscito Sollima a trovare il modus operandi giusto? Sì e no.
Un approccio che funziona… per metà
Gli episodi della miniserie sono quattro, e ognuno offre un punto di vista differente, cambiando così prospettiva e facendo rivivere gli eventi da diverse angolazioni, tra salti temporali e coesioni delle varie linee narrative. Questo ha permesso di incuriosire lo spettatore e di rimanere incollato davanti allo schermo, per poterne sapere di più.

L’approccio del regista di Adagio si è rivelato piuttosto innovativo e, a differenza di altri, non ha voluto esplorare la psiche del Mostro Di Firenze e cercare a tutti i costi la faccia del colpevole, ma ha voluto spostare la visione su un Paese che aveva questa necessità di trovarlo. O meglio, non un Paese che volesse cercare un colpevole, ma avere l’illusione di conoscerlo e di avere una certezza, basata sulle proprie credenze (ma cosa è cambiato da allora?). Una verità che di base non c’è, ma di cui Sollima ha voluto esplorare la ricerca.
Questo lo ha raccontato con un comparto tecnico piuttosto solido e coerente con lo stile di Sollima: fotografia cupa, regia asciutta e solida, tra inquadrature che vanno oltre quelle tipiche di una serie TV e che sembrano più “da cinema”, e un’accurata ricostruzione di scenografie che rispecchiano l’epoca in cui avvenivano quei fatti orribili, messi in scena in modo crudo e senza sfiorare lo splatter.
Però, si poteva osare di più, perché si percepisce un ritmo piuttosto lento e il montaggio spesso appare confusionario. La recitazione non è neanche stata il massimo e nessuno degli attori presenti rimane impresso nella mente, alla fine della visione.

Un obiettivo chiaro… ma che cade nel romanzato
Lo scopo di Sollima è abbastanza chiaro e si può definire in parte raggiunto. Sollima vuole mostrare come nasce e cresce un sospetto, analizzando varie piste che si moltiplicano, arrivando pure a Pacciani e ai suoi “amici di merenda”. Voleva anche mostrare come le voci si rincorrono e le paure si ingigantiscono, senza mostrare la verità assoluta e l’identità del colpevole (che non ci sono mai state). Anche se è ambientata alcuni anni prima, ci sono anche dei riferimenti al presente perché non ci sono tante differenze tra ieri e oggi. La miniserie mostra la provincia italiana bigotta, maschilista, violenta, superstiziosa (ma si può dire diversamente oggi?) e osserva il “male”, attraverso i giudizi, i silenzi e i gesti quotidiani.
Il problema è che molti spettatori non si informano e la miniserie ha romanzato “un po’ troppo” alcuni eventi presenti, facendoli passare erroneamente per “verità assoluta”. Un vero peccato, perché poteva essere un’occasione interessante e da sfruttare meglio, ma alla fine “Il Mostro” si è rivelata una miniserie dimenticabile, appena conclusa.
