Hollow Knight: Silksong Recensione, abbiamo il metroidvania definitivo?

L'attesissimo sequel di Hollow Knight è finalmente disponibile: Team Cherry è riuscito a soddisfare le aspettative con Silksong? Ecco la recensione!

Sara Pandolfi
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Sara Pandolfi
Nata e cresciuta videoludicamente sotto il segno della triforza, grande appassionata di videogiochi a 360°, ma con un nostalgico occhio di riguardo alle creazioni della grande...
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Recensioni
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Silksong
9.5 Eccellente
Hollow Knight: Silksong

Tra il 14 febbraio 2019, giorno del lancio del primo trailer di Hollow Knight: Silksong, e il 4 settembre 2025, giorno di effettivo lancio del gioco, abbiamo una parentesi di 2394 giorni composta da speculazioni, meme, e un’attesa interminabile e spesso frustrante che ha coinvolto non solo la cerchia di fan del primo lavoro di Team Cherry, ma l’intera community dei videogiocatori.

Al termine di questo lungo lasso di tempo, frutto di uno sviluppo lunghissimo ma attento e “rilassato”, come hanno riferito i pochi addetti ai lavori, bisogna ora tirare le somme: Silksong è uno dei titoli che più si sono fatti attendere e desiderare dai fan, ma il risultato sarà valso, alla fine, il prezzo del sudato biglietto? Tuffiamoci nel mondo di Lungitela per raccontare l’epopea di Hornet, un viaggio leggendario ancor prima di iniziare, per certi versi: Team Cherry sarà riuscito a sfruttare il tempo insolitamente lungo a sua disposizione per dare vita ad un titolo all’altezza delle aspettative? Scoprilo continuando a leggere la nostra recensione di Hollow Knight: Silksong, nella versione per console PS5.

Dove eravamo rimasti?

Partiamo col dire che Hollow Knight: Silksong è un sequel che, dal punto di vista narrativo, si distacca dal suo predecessore in maniera netta. Hornet, protagonista assoluta dell’avventura, viene catapultata nel mondo di Lungitela, popolato da insetti che nella maggior parte dei casi sono pellegrini e discepoli di misteriose divinità, con l’arduo obbiettivo di raggiungere la Capitale, centro spirituale… e non solo, della desolata Lungitela.

Hornet si ritrova immersa nelle atmosfere cupe del mondo di gioco senza conoscere le motivazioni che hanno fatto sì che si trovasse proprio in quel posto, motivazioni che verranno a galla man mano che proseguiremo con l’avventura. Il mondo di Lungitela ci viene raccontato dalle assai ridotte cutscenes, ma soprattutto da dialoghi con gli NPC e documenti che potremo leggere in giro per l’immensa mappa.

La narrazione è, quindi, un elemento che non viene forzatamente inserito, ma si cela agli occhi più frettolosi per aprirsi completamente a chi ha la pazienza e la curiosità di esplorare e rallentare un po’. Lungitela è un’ambientazione perfetta per rivivere le sensazioni percepite a Nidosacro, ma con un retrogusto leggermente diverso: la rassegnazione nel mezzo della desolazione e la conseguente speranza di un intervento divino come unico spiraglio per un futuro migliore pervadono l’aria e attraversano le spoglie località, i villaggi, i negozi e gli accampamenti improvvisati di personaggi semplici, spesso semplicemente caricaturali, ma altre volte decisamente legati al sentimento precedentemente descritto.

Silksong, in tal senso, non si distacca dal suo predecessore: il grigiore che si staglia sull’intero mondo di gioco ci trascina in un abisso di vuoto apparente, fatto di suoni deboli, appigli celati, buio e inquietudine, per poi con leggiadria e imprevedibilità essere il megafono di quelle situazioni che sanno strapparci un sorriso che va oltre la speranza, ma passa per la risata o la commozione, facendo uso di personaggi dotati di una chiara identità, pur mantenendo costante il contatto con lo stile maturato da Team Cherry nel suo precedente progetto.

La longevità del titolo è assai variabile: si parte da un minimo sindacale di 8 ore circa per i più frettolosi (approccio che sconsigliamo, però) e fino alle 50 ore per i perfezionisti. In generale, come rivedremo nell’analisi dei trofei PlayStation del titolo, avremo la possibilità di muoverci al ritmo che preferiamo.

Hollow Knight Silksong

Una protagonista leggera e dinamica

Come dicevamo poc’anzi, Silksong intende scollegarsi da Hollow Knight sotto diversi punti di vista: ciò è evidente non solo nei nuovi interessi che muovo l’ambientazione, ma anche e soprattutto nel nuovo personaggio giocabile. Hornet è profondamente diversa dal Cavaliere: cambia la hitbox, le dimensioni, le abilità, ma anche le capacità di movimento e la resistenza.

Il personaggio risulta estremamente agile e rapido: tutto si muove più velocemente, sia nello schema di utilizzo della stessa Hornet, sia attorno ad essa. Ciò che concretizza in una maggiore debolezza del personaggio, che in moltissime situazioni in più rispetto al predecessore si ritroverà a perdere due punti vita (Maschere) dopo essere stata colpita, ma anche in una maggiore rapidità nel recuperare quelle stesse maschere perdute: ricaricando la sua seta colpendo i nemici con l’ago, Hornet può rigenerare fino a 3 punti vita alla volta.

Questo nuovo bilanciamento (che ci teniamo a dire che sempre un bilanciamento rimane: da una parte togli, dall’altra aggiungi) cambia profondamente tempi e strategia di gioco, in quanto anche i nemici si adatteranno a questa nuova velocità, risultando essi stessi sfuggevoli e precisi. Il risultato è, per nostra fortuna, una resa a livello di soddisfazione competitiva (ma anche estetica) di altissimo livello: Hornet danza assieme ai suoi avversari, dando luogo a dei veri e propri duelli leggiadri ma letali ove il centesimo di secondo e il pixel di spazio fanno la differenza sia a nostro favore, sia contro.

Concludendo il discorso sul moveset di Hornet, abbiamo a disposizione una grande varietà di build date dagli emblemi, ma anche potenziamenti che cambiano il modo di attaccare e di esplorare il mondo: nel corso dell’avventura sbloccheremo il salto a parete, lo scatto, la possibilità di fluttuare, aprendoci la strada volta per volta a delle vie del mondo di gioco prima apparentemente inaccessibili. Le abilità di Hornet non hanno però effetto unicamente sulle fasi di platforming, ma anche nel corso degli scontri contro i numerosissimi nemici presenti.

Intendiamoci: Silksong è un titolo che non regala niente, sotto nessun aspetto, ma siamo dell’idea che non possa essere in nessun caso definito “eccessivamente punitivo”. La differenza tra il lavoro di Team Cherry e un lavoro forzatamente severo sta nel fatto che, sfruttando al meglio tutte le risorse a nostra disposizione, la difficoltà cessa di essere un muro insormontabile. Dicendo ciò non ci riferiamo solamente ai combattimenti, ma anche alle sezioni di platforming: se una sezione appare impossibile, non è perché il gioco vuole rendercela impossibile, ma perché stiamo quasi sempre sbagliando approccio (o ci manca qualcosa).

Ogni istante di gioco diventa così un vero e proprio esercizio mentale: sperimentare è essenziale non solo per uscire vivi dalle situazioni più stressanti, ma anche per godersi veramente l’esperienza. Per creare le situazioni a noi vantaggiose, necessitiamo degli strumenti giusti per l’occasione, recuperabili esplorando con attenzione le aree di gioco che abbiamo sbloccato e che, magari per dimenticanza e fretta, dobbiamo ancora sbloccare. Ogni nuova abilità si ramifica in nuove possibilità, ogni nuova possibilità è un’ulteriore fetta dell’esperienza: Team Cherry, in poche parole, è riuscita a renderci dipendenti dall’essere curiosi, proprio perché il gioco stesso ci dimostra che la curiosità verrà ricompensata.

Silksong

Un combattimento contro i boss e noi stessi

Parliamo ora di boss, miniboss e arene di minions: tutti questi elementi sono largamente presenti nel corso dell’avventura e rappresentano una delle maggiori sfide per i giocatori (l’altra grande sfida è rappresentata dallo stesso platforming, del quale parleremo tra poco). I combattimenti, salvo alcuni specifici casi, non sono obbligatori ai fini del proseguimento dell’avventura, ma ogni boss e mini-boss regala una grande soddisfazione nel completamento della sfida che propone, in quanto i moveset serrati ma mai eccessivamente complessi, una volta compresi, diventano un gioco tra il giocatore e la propria capacità di sfruttare i mezzi a sua disposizione per affrontare la sfida regalando, alla sua conclusione, la consapevolezza di aver saputo giocare bene le proprie carte.

Non tutti i boss sono uguali: alcuni sono caratterizzati da un moveset più complesso, altri sono frutto di un’idea semplice che viene ripetuta tramite l’evocazione di minions che invadono lo schermo. Abbiamo apprezzato maggiormente i combattimenti con i boss della prima specie, in quanto hanno dimostrato, in maniera a nostro parere più brillante, l’inventiva del team e la ricerca di una ben più stimolante sfida 1 contro 1. In generale, ci reputiamo piuttosto soddisfatti della varietà di boss, sia a livello stilistico, con alcuni design decisamente memorabili, sia a livello tecnico, con moveset coerenti e soddisfacenti nell’apprendimento.

Arte in continuo movimento

Hollow Knight: Silksong ha richiesto circa 7 anni di sviluppo, un tempo lunghissimo che pochissimi studi indipendenti potrebbero permettersi di prendere. Queste tempistiche sono giustificate non solo dalla cura che gli sviluppatori hanno riposto nel gameplay, nel mondo di gioco e nella profondità del sistema di combattimento, ma anche e soprattutto nello stile artistico, con elementi a schermo interamente realizzati a mano e numerosissime tracce per la colonna sonora.

Silksong Lace

La cura posta da Team Cherry dietro animazioni, scenari ed elementi decorativi è, semplicemente, maniacale. Ogni design funziona benissimo nell’ecosistema visivo già ben noto della serie, ogni ambientazione riesce a a farsi ricordare senza essere mai fuori luogo rispetto alle sensazioni narrate.

Elementi da molti dati per scontati, come la funzione di vibrazione del DualSense o l’incastro delle diverse tracce audio proposte in contemporanea, sono studiati a tavolino, donando al giocatore la sensazione di trovarsi in un ambiente dove nulla è lasciato al caso. La colonna sonora, firmata dall’ormai memorabile Christopher Larkin, cattura le sensazioni percepite dai giocatori immersi in un determinato ambiente e le amplifica, dando prova di grande capacità di adattamento del proprio sound, sempre riconoscibile ed immediato.

Soffermandoci infine su una peculiarità della versione PlayStation del gioco, parliamo della questione dei Trofei: ottenere il Platino richiederà una conoscenza assai approfondita del gioco, ma la maggior parte dei trofei possono essere ottenuti senza percepire di stare facendo una corsa contro il tempo. Team Cherry ci sfida, e vuole che noi sfidiamo noi stessi, ma i giocatori hanno il pieno controllo del grado di profondità della sfida stessa, decidendo essi stessi quanto spingersi oltre i propri limiti.

Silksong
Hollow Knight: Silksong
Eccellente 9.5
Voto 9.5
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Nata e cresciuta videoludicamente sotto il segno della triforza, grande appassionata di videogiochi a 360°, ma con un nostalgico occhio di riguardo alle creazioni della grande N.