Quando abbiamo strappato il sigillo alla confezione dell’OPPO A5 Pro 5G ero convinto di trovarmi davanti al solito smartphone “per tutti”, fascia bassa da battaglia e via. Il cartellino da circa 260€ però ci ha fatto drizzare le antenne: non è poco per l’A-series, tradizionalmente amica del portafogli. A rendere il conto più salato ci sono un modem 5G, una valanga di certificazioni di resistenza e qualche spruzzata di AI mutuata dai Reno. Il problema? Questo prezzo ti fa sedere al tavolo con gli smartphone mid-range che montano display AMOLED, chipset più frizzanti e camere più versatili. Di fronte a questa concorrenza il nuovo arrivato rischia di sembrare il classico “pesce fuor d’acqua”: robustissimo, certo, ma un pur sempre un pesce.
Scheda tecnica: il crocevia tra low-end e medio gamma
Andiamo però a guardare più da vicino il prodotto, elencando nel dettaglio tutte le sue caratteristiche tecniche. La line-up A di OPPO lo scorso anno si fermava all’IP54: qui facciamo un balzo triplo e atterriamo su tre certificazioni distinte, roba che solitamente si vede su smartphone che costano il doppio. E poi quel numero a quattro cifre sulla batteria – 5.800 mAh – che fa venire l’acquolina a chi vive con l’ansia da percentuale. Peccato che il motore sotto al cofano sia un quattro cilindri tranquillo, non il V6 che il prezzo farebbe immaginare.
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SoC: MediaTek Dimensity 6300
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RAM: 8 GB + fino a 8 GB virtuali
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Storage: 256 GB espandibile
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Display: 6,67″ IPS LCD HD+ (1.604×720) 120 Hz, 1.000 nit di picco
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Fotocamere: 50 MP principale + 2 MP mono / 8 MP selfie
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Batteria: 5.800 mAh con ricarica SUPERVOOC 45 W
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Resistenze: IP69 / IP68 / IP66 + MIL-STD-810H shock
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Extra: Dual SIM 5G, NFC, AI LinkBoost 2.0, 360° Surround Antenna, speaker stereo
Design fiori, idrorepellenza e un flash a ciambella
OPPO si diverte con le finiture: Bloom Pink è un rosa iridescente con micro-pattern floreale, Mocha Brown strizza l’occhio a chi ama i toni cioccolato. Il retro è idrofobico: l’acqua scivola via e, incredibilmente, quando evapora lascia il telefono più ruvido, quasi un grip naturale “post-doccia”.
La fotocamera principale è incastonata in un’isola lucida che cattura ditate manco fosse uno specchio da cosplayer. Il flash circolare aggiornato – un donut LED che sembra uscito da un episodio di Stranger Things – occupa quasi più spazio del sensore da 2 MP che gli fa compagnia. In mano il telefono è largo e spesso, e con la cover data in dotazione diventa praticamente un mattoncino LEGO. Non proprio la soluzione più ergonomica, ma coerente con la vocazione rugged: qui si cade dal tavolo e ci si rialza senza una scalfittura.
Di giorno il sensore da 50 MP scatta foto dignitose: colori naturali, dettaglio sufficiente per Instagram, range dinamico che non brucia i cieli. Se zoommi, però, rumore e micro-blur spuntano come funghi. L’app Galleria ha il nuovo AI Eraser: levare un turista indesiderato dal panorama è semplice, ma la toppa a volte pare dipinta ad acquerello. Di notte serve mano ferma o cavalletto: gli ISO salgono, la nitidezza scende. Il risultato è un chiaroscuro da film anni ’90, piacevole solo se cercate l’effetto VHS. La selfie-cam da 8 MP vira sul caldo: più che un filtro bellezza sembra un filtro febbre. Utilizzabile per videochiamate, meno per TikTok (a meno che non vogliate il look “allergia primaverile”).
La frequenza a 120 Hz fa scorrere le animazioni in modo liscio, però il pannello IPS LCD HD+ con 264 ppi non basta a mascherare i bordi seghettati di testi, icone e soprattutto videogiochi. Se guardi Netflix in HD ti accorgi che l’immagine è morbida, e tentare la riproduzione in 1080p su YouTube è come versare champagne in un bicchiere di carta. Il picco di 1.000 nit salva la leggibilità in esterna (bene) e il vetro Gorilla Glass 7i mette il casco alle cadute (benissimo). Peccato per le cornici: il mento è grosso quasi quanto quello di Thanos e, su un device del 2025, stona parecchio.
Prestazioni quotidiane: pazienza, tanta pazienza
Il Dimensity 6300 è un chip che fa il suo dovere per social, navigazione e streaming. Basta però lanciare Google Maps in navigazione e aprire due app in picture-in-picture perché le animazioni rallentino. Col sistema operativo (una ColorOS 15 “lite”) capita di pigiare un toggles e vedere la risposta dopo mezzo secondo, come se il telefono si prendesse un espresso prima di obbedire.
Sul fronte gaming le cose vanno meglio con titoli casual: Clash Royale gira liscio, Mobile Legends se la cava in grafica media. Ma provate a lanciare un Tripla A mobile e il framerate precipita più in fretta di un Buster Sword. Colpa dei 720p? No, della GPU modesta e del throttling termico che arriva presto. Gli speaker stereo sorprendentemente pompano un volume pulito – merito del marketing che promette “300 % volume”. La vibrazione è secca, un piccolo plus in una fascia dove spesso sembra di avere zanzare nello chassis.
Il sensore d’impronta laterale è rapido, il riconoscimento facciale fa il suo dovere. Manca il jack audio: se siete nostalgici dovrete rassegnarvi all’USB-C. Capitolo autonoma: 5.800 mAh fanno sperare in due giorni pieni; in realtà con uso misto e luminosità automatica arrivi a sera del secondo giorno col 10 %. Hype ridimensionato, ma resta un risultato sopra la media. La ricarica 45 W riporta al 100 % in circa 55 minuti: non è record, ma salva la gita fuori porta.
Il dilemma del prezzo
L’OPPO A5 Pro 5G è un paradosso ambulante. Ha la corazza di un top di gamma, la connettività di un midrange evoluto e il display di un entry level. Se il tuo lavoro ti porta a lanciarti in pozzanghere, a correre sotto la pioggia tropicale o a restare appeso a un’antenna 5G ballerina, questo telefono è un alleato fedele. Ma se cerchi qualità visiva, prestazioni da gaming o foto da poster, ci sono troppi compromessi. Il gemello 4G invece, anche dato il prezzo, ha molto più senso: stesso scudo corazzato, qualche giga in meno sotto il cofano, ma un listino che scende allineandosi ai veri budget phone.
A5 Pro 5G è come un guerriero potentissimo che impugna una spada di legno. Invincibile agli elementi, ma quando entra nell’arena con cavalieri più agili e affilati rischia di fare brutta figura. Se OPPO gli avesse dato un pannello Full HD o un chipset un filo più muscoloso, staremmo parlando di un best-buy. Così com’è resta un dispositivo di nicchia: perfetto per chi mette la resistenza davanti a tutto, meno per chi vuole potenza e display al top con lo stesso budget.


