La qualità si basa sugli standard: nonostante un qualcosa agli occhi della gente (critica o meno) possa suscitare un qualche sentimento, alla fine tutto è sempre comparabile. Dozzine di pellicole, libri o persino piatti culinari sono giudicabili secondo determinati criteri, ma tutto quello che verrà comunque analizzato sarà, involontariamente o meno, comparato a simili (o spesso anche a cose che c’entrano poco). Ghost of Tsushima non è da meno: il titolo Sucker Punch esclusiva di PlayStation 4 è l’ultimo gioco (esclusivo) ad approdare sulla console Sony prima dell’arrivo della nuova generazione, e ovviamente si porta addosso un fardello che, ahimé, è più grande delle sue spalle. Certamente il titolo ha indubbie qualità, ma è impossibile non scendere a paragoni, specialmente quando abbiamo fatto i conti un mese fa l’uscita di The Last of Us Parte II e, soprattutto, quando il gioco prodotto mescola un gran numero di feature che abbiamo ormai imparato ad apprezzare grazie ad altri giochi usciti nel corso degli anni.
C’era una volta il Giappone
Il protagonista indiscusso di Ghost of Tsushima rimane senza dubbio il Giappone: l’isola di Tsushima, teatro di un terribile scontro tra giapponesi e mongoli, risulta essere deliziosamente strutturata (almeno dal punto di vista artistico). Ogni singolo scorcio vi darà l’impressione di essere in una foto, e il profondo editor vi permetterà di fare degli scatti fantastici. La vera anima nipponica però risalta fuori dai dialoghi, dalle trame del gioco e dall’incredibile ricerca dei dettagli che è stata fatta. Come sappiamo dalla sinossi il gioco ci farà impersonare Jin Sakai, un valoroso Samurai che si troverà costretto a sfidare i mongoli per salvare il suo mondo: proprio lui, insieme a tanti altri personaggi, saranno i fari che illumineranno, attraverso interessanti dialoghi, tutte quelle usanze giapponesi che costellavano il 1200.
È quindi impossibile rimanere delusi dall’ambientazione: il gioco propone un mondo ricco di dettagli, di colori e di paesaggi che faranno sognare ogni amante del Giappone. Purtroppo lo stupore si ferma qui: se infatti le rifiniture riescono a farci davvero vivere un Giappone feudale fantastico, la trama e gli intrecci – anche quelli secondari – rimangono abbastanza banali e poco originali. Nel corso della storia Jin vivrà un’avventura ricca di colpi di scena, ognuno sapientemente impacchettato con inquadrature che richiamano ai film di genere, ma non riusciranno mai a farci appassionare così tanto verso questa storia che, nonostante non risulti clonata da qualche altra vicenda, scivola via senza molto interesse.
Tutto sommato non ci troviamo davanti nemmeno al peggiore dei racconti: alcune trame secondarie si riveleranno interessanti, talvolta più di quella principale, e alcune missioni legate a degli equipaggiamenti leggendari saranno quasi intriganti, soprattutto nello scoprire la storia dietro quelle vicende e come si è creato il mito. Anche le trame legate agli alleati si sono dimostrate molto intriganti da scoprire: ognuna di esse, sviluppata attraverso più missioni nel corso del gioco, permette di scoprire nel profondo questi personaggi aggiungendo caratteristiche utili per capirli meglio.
L’arte del combattimento
Se quindi l’ambientazione ci ha fatto innamorare e la trama non ci ha fatto urlare al capolavoro, la vera falla di questa barca è il gameplay: Ghost of Tsushima infatti “ruba” a mani piene dalle grandi produzioni per confezionare un gioco che, secondo gli obiettivi iniziali, risultasse incentrato sul combattimento nudo e crudo. D’altronde i Samurai erano militari giapponesi dediti al bushido, un codice d’onore che tradotto significa proprio “via del guerriero”: è interessante quindi scoprire questa duplicità nelle scelte d’approccio di Jin, che se da un lato potrà affrontare faccia a faccia i suoi nemici, dall’altra potrà correre la strada poco onorevole dei ladri. La cosa che fa davvero male però è vedere come Sucker Punch, che alle spalle porta il marchio di Infamous (capace di rendere davvero intrigante il sistema del karma) in questo Ghost of Tsushima sia riuscita a rendere tutto ciò un semplice insieme di dialoghi, flashback e nient’altro. Il poter passare tra i due stili in modo indolore rende vano il peso del bushido, e non altera in alcun modo il nostro cammino. A danneggiare ulteriormente queste dinamiche ci pensa l’obbligo, in alcune missioni, di combattere in un determinato modo, cancellando il piacere di poter vivere l’esperienza in modo personale.
Parlando più strettamente del gameplay, nelle fasi di combattimento Jin potrà far uso di alcune abilità: queste skill, non troppo articolate né in termini di combo né tantomeno per quanto riguarda i risultati, faranno da contorno a degli oggetti utilizzabili in gioco (da sbloccare nel corso dell’avventura) e agli scontri di lama, ovvero le fasi in cui dovrete parare, schivare, contrattaccare e cercare di uccidere i nemici. Per farlo potrete utilizzare 4 differenti stili (da sbloccare nel corso del gioco), ognuno dedicato ad un certo tipo di nemico (ma che in fin dei conti rimangono solo delle stance che cambiano poco il combat system). Un grande demerito purtroppo va all’Intelligenza Artificiale dei nemici: se infatti lo scontro frontale risulterà divertente (anche se tenteranno di attaccare “a turno”, una dinamica che pensavo fosse ormai superata), nelle fasi stealth avranno la genialità di una nocciolina, puntando talvolta lo sguardo per interi minuti verso di noi senza vederci, magari solo perché coperti da 3 fiori bianchi leggermente alti. Questo tutto sommato non è l’unico problema della fase stealth: le uccisioni silenziose saranno molto semplici da fare, una skill vi permetterà di concatenarne fino a 3 e addirittura le animazioni saranno davvero un paio.
A concludere le caratteristiche base gameplay ci pensa l’esplorazione: nel gioco infatti potremo viaggiare per tutta l’isola di Tsushima alla scoperta di tantissime e interessanti attività: villaggi razziati, storie di personaggi secondari, leggende e quant’altro saranno sparse per tutta la mappa, e per arrivarci dovremo davvero calarci dentro questo mondo, che non ci dirà cosa fare e come farlo con dei semplici segni sull’HUD, ma sfrutterà vento, fauna e flora per indirizzarci verso l’obiettivo. Purtroppo per arrivarci talvolta sarà necessario attraversare queste mappe scalando pareti, o superando delle fasi esplorative davvero poco brillanti. Per fortuna, spesso uno scorcio alla fine del tragitto vi ripagherà del tedioso percorso.
Non esistono scontri facili
Purtroppo Ghost of Tsushima soffre di una grave problematica: la sua anima frammentata. Nel corso del gioco saremo sicuramente stupiti dall’ambientazione e spesso i combattimenti risulteranno interessanti da gestire. Il tutto però cadrà quando inizieremo a vedere come il titolo di Sucker Punch si ispiri a tanti altri titoli usciti nel corso degli ultimi anni, portando meccaniche che vengono solo abbozzate. Come abbiamo detto del combat system, la profondità sparisce dopo le prime ore e, anche se nel corso dell’avventura di Jin sbloccheremo tante skill (spendendo punti sui vari alberi delle abilità e aumentando la nostra fama sull’isola), alla fine useremo sempre le stesse nelle varie sfide. Fanno eccezione i duelli, veri e propri scontri uno contro uno che, soprattutto dopo la prima metà del gioco, diventeranno interessanti da affrontare.
Per il resto sembra molto un qualcosa di già visto, e solo l’ambientazione (curata nei minimi dettagli) riesce a spezzare questo sentimento verso il gioco. Ghost of Tsushima risente di qualcosa che non ha funzionato: l’idea dietro al gioco – forse percepita male a priori – proponeva un’esperienza dal gusto filosofico e profondo. Se la prima parte è stata rispettata, soprattutto grazie alla trama, ai vari Haiku che potremo comporre in alcune parti della mappa e all’ambientazione, la profondità risulta invece essere un semplice gioco di specchi, dove ognuno di essi è una dinamica di gameplay poco affine con l’altra.
Nonostante tutto, Ghost of Tsushima ad ora è uno dei pochi giochi che riesce a raccontare il Giappone: nonostante qualche frase fuori dalle righe, il resto è un tenero e appassionato omaggio al paese del Sol Levante, ai suoi usi e costumi, ma soprattutto a tutte quelle persone che, cresciute a pane e Kurosawa, vogliono vivere finalmente quel periodo con tutte le sue caratteristiche. Il gioco propone una longevità nella media (per il genere), dando molto spazio a missioni secondarie e attività extra, e dà la possibilità al giocatore di vivere l’esperienza come preferisce (sfruttando il doppiaggio giapponese, italiano, oppure addirittura vivendo Ghost of Tsushima totalmente in bianco e nero).