L’adolescenza è quella fase della vita nella quale tutto ti sembra sbagliato, a partire da te stesso. Chiunque abbia superato quest’età può capire bene di cosa stiamo parlando, e potrà sicuramente mettersi nei panni di Fraiser e Caitlin, i protagonisti della nostra storia. We Are Who We Are parla proprio di questo: di crescita e diversità, di tentativi per farsi accettare ma anche di necessità di accettare e comprendere se stessi. Per la prima volta alla regia di una serie tv, Luca Guadagnino riesce in modo impeccabile a farci entrare nel mondo di tutti i personaggi, nessuno escluso. Con l’aiuto di due fantastici sceneggiatori come Paolo Giordano e Francesca Manieri, sono riusciti ad entrare nel “cuore dell’adolescenza” (quello di cui non si parla mai) ovvero la scoperta di un mondo tutto nuovo.
Un piccolo pezzo di Stati Uniti in Italia
We Are Who We Are racconta la storia di Fraser, un quattordicenne di New York che con la madre si trasferisce in Veneto, in una base militare. Da subito, agli occhi del pubblico, risulta un ragazzino bizzarro e particolare. Interpretato a meraviglia da Jack Dylan Grazer, si tratta di un personaggio tanto fragile quanto complesso da comprendere. La madre Sarah (Chloë Sevigny), viene trasferita con la sua compagna Maggie (Alice Braga) a Chioggia, per prendere il comando della base americana. Anche questi due personaggi, per quanto possano apparire donne forti e di polso, con l’avanzare delle puntate sentiranno il peso delle responsabilità e delle difficoltà. Essere la madre di un ragazzo come Fraser non risulta facile, nonostante anche Sarah abbia fatto molti errori nel tempo. Spesso infatti vedremo discussioni più o meno animate fra i due, e non verranno a mancare schiaffi e parole molto forti da parte di entrambi. Dall’altra parte viene raccontata la storia di Caitlin (Jordan Kristine Seamón alla sua prima opera importante), anche lei figlia di un militare che da molti anni risiede a Chioggia. Al contrario di suo fratello maggiore Danny, Cait ha un forte rapporto col padre Richard (Scott Mescudi) che vedrà una profonda evoluzione nel corso degli episodi. Anche la madre Jenny, interpretata in maniera impeccabile da Faith Alabi, apparirà subito come un personaggio infelice e insoddisfatto, che riuscirà ad ottenere il giusto spazio all’interno del titolo.
Fraiser e Cait faranno amicizia. Un’amicizia strana, bizzarra, ma vera. Due ragazzi simili, confusi ed enigmatici riusciranno finalmente a comprendersi a vicenda, grazie sopratutto alla profonda empatia e fragilità del ragazzo. L’uno ha estremamente bisogno dell’altra e viceversa, anche se questo potrebbe andare contro tutto ciò che erano i loro ideali fino a quel momento. Non mancheranno scene divertenti, drammatiche, di odio e di amore. Per la prima volta verrà raccontata la vita degli abitanti di una base americana in Italia. Un piccolo specchietto di Stati Uniti immerso nel cielo e nelle campagne italiane. Una sorta di “navicella” utile per donare al titolo elasticità fuori e dentro. Verranno mostrate le differenti modalità di risposta da parte dei personaggi nei confronti di una società che non sempre li accetta. Da una parte la voglia di sentirsi parte di una comunità, dall’altra la durezza e la resistenza di una vita sotto le armi. Tra gli altri personaggi, troviamo la migliore amica di Cait, Britney (Francesca Scorzese), il ragazzo possessivo Sam (Ben Taylor) con suo fratello Craig (Corey Knight), e infine il giovane Jonathan, un ruolo particolare assegnato a Tom Mercier.
L’inconfondibile firma di Guadagnino
Da subito abbiamo potuto riconoscere una fotografia e delle musiche inconfondibili. Molte inquadrature che a un occhio acerbo potrebbero apparire “di troppo”, renderanno la pellicola profonda e toccante. L’esaltazione dei suoni della natura, musiche molto alte talvolta distorte e delle inquadrature particolari potrebbero risultare a tratti fastidiosi, ma saranno proprio queste a creare il “capolavoro”.
“Right here, right now”
Simili scelte di regia le abbiamo già viste in titoli come “Chiamami Col Tuo Nome“, uscito nel 2017. Ricordiamo che anche in questo caso era stato affrontato il tema della sessualità e dell’accettazione. Secondo quanto affermato dal regista, l’idea di creare We Are Who We Are gli è balenata non appena aveva terminato la sua pellicola precedente. Temi simili ma trattati in maniera diversa, per la prima volta Guadagnino ha tra le mani una serie tv e quindi ha la possibilità di dare spazio ad ogni personaggio. E lo fa magnificamente, riuscendo ad innamorarsi di ogni singolo attore e personaggio.
In conclusione, riprendendo le parole del regista, possiamo considerare We Are Who We Are un film lungo otto ore. Nonostante la separazione in episodi lo renda scorrevole e piacevole, i ritmi vengono scanditi dalle varie scoperte che ogni personaggio fa di se stesso. A tratti crudo e duro, ci troviamo davanti ad un titolo complesso ma necessario. Prodotto da Sky Studios e rilasciato per Sky Atlantic e HBO, è una serie teen diversa da tutte le altre, e perfetta per tutte le età. Puoi amarla, puoi odiarla, ma non riuscirai a non affezionarti ai vari personaggi. Credo che ad oggi, grandi o piccoli, italiani o americani, tutti abbiano bisogno di guardare questa serie per essere trasportati, con totale trasparenza, nella mente di tutti i giovani d’oggi.