Il media videoludico è pieno di prodotti dalle idee e strutture più variegate, legandosi non solo a una veloce evoluzione tecnologica ma anche alle menti dietro a ogni singolo progetto. Uno delle categorie attualmente più in voga del momento è sicuramente il rougelike, visto quel gusto del mistero che offre in ogni singola partita. In questa recensione andiamo proprio ad analizzare un esponente di quel sottogenere, ovvero quel Tower Princess che unisce quella tipica esperienza con un pizzico di platform 3D.
Un’ambientazione da fabia
La storia racconta di una serie di cavalieri che si avventurano all’interno di un misterioso castello, nel tentativo di salvare i principi e principesse rinchiusi da un possente drago e i suoi scagnozzi.
L’incipit appena raccontato è letteralmente tutta la narrativa presente nel gioco. I ragazzi di AweKteaM non hanno assolutamente puntato in qualche genere di complicazione o colpo di scena, ma sulla comicità dell’atmosfera e dei dialoghi. I diversi personaggi che popolano il mondo di gioco presentano caratterizzazioni estremamente basilari e superficiali ma, al tempo stesso, funzionali per le ambizioni del prodotto. Un difetto è legato però alla ripetitività e alla banalità dei discorsi, tanto che a un certo punto il giocatore non fa nemmeno più caso alle molteplici interazioni ripetute.
Con i test per la recensione di Tower Princess abbiamo constatato che il punto forte del prodotto sono proprio gli artwork. Il designer dietro a principi e principesse dimostra una propria inventiva, utilizzando elementi comuni della cultura pop per crearne una parodia semplice e diretta. Purtroppo, questa cura nei disegni non è riprodotta all’interno del gioco effettivo. I modelli sono fin troppo basilari, tanto da perdere quei dettagli che li rende così interessanti.
Lo stesso possiamo dire della colonna sonora, estremamente dimenticabile con tanto di effetti sonori tanto assordanti quanto mediocri. Una maggiore cura e ricerca artistica avrebbe sicuramente giovato all’intera produzione.
Déjà vu
In un rougelike che si rispetti, l’utente deve sentirsi appagato e incuriosito nel giocare ogni singola partita. In Tower Princess purtroppo gli sviluppatori non sono riusciti a compiere questa missione. Il gioco propone due aree esplorabili: quella del castello e quella del giardino, con una serie di stanze preimpostate posizionate in maniera casuale di volta in volta. In questo modo il giocatore inizia ben presto a sentire una sensazione di déjà vu, dove è facile riconoscere il layout di ogni singola stanza. Una scelta che in teoria invoglia un possibile spirito di speedrunning ma che, al tempo stesso, va ad intaccare il grado di rigiocabilità offerto dal sottogenere in questione.
Non aiuta poi come il game design sia estremamente piatto e poco ispirato, con poche dinamiche davvero interessanti. L’idea di base è molto semplice, ovvero dividere ogni sezione in compiti specifici da compiere: sconfiggere tutti i nemici, superare gli ostacoli per raggiungere la porta e così via. Il problema qui non è solo la ripetitività dell’intera struttura, quanto la prevedibilità nelle azioni da compiere. Un videogioco è bello quando riesce a sorprendere, nel bene o nel male, ma Tower Princess ha ben poco da offrire. In un certo senso, paradossalmente la brevissima longevità dell’esperienza è praticamente un punto a favore.
Un cavaliere imperfetto
In un action platform 3D come questo, il controllo del personaggio è una delle caratteristiche fondamentali per giudicare un prodotto, e Tower Princess non riesce nemmeno a creare un’esperienza ottimale nel gameplay. Il titolo presenta due specifici personaggi giocabili: uno che usa la spada e l’altro una specie di fucile. Entrambi si controllano nello stesso identico modo, attraverso comandi semplici come la schivata e il salto singolo. La grossa differenza sta nell’arma in dotazione, che influenza parecchio nella scelta visto il sistema di potenziamenti.
Compiendo determinate azioni, il gioco permette di potenziare specifiche caratteristiche del personaggio, come la vita o la potenza di attacco, oltre a sbloccare nuove tecniche opzionali. Il tutto deve essere fatto una volta raggiunto un determinato livello specifico per le diverse azioni, tipo la cartografia o quello della potenza.
Una soluzione che sulla carta sembra funzionare, ma nella realizzazione non fa altro che aumentare artificialmente la longevità del prodotto e la frustrazione nel giocatore. Inoltre, per ottenere certe migliorie saremo costretti a utilizzare un token, ottenibile attraverso il compimento delle solite e ripetute azioni da compiere di partita in partita.
La parte migliore del prodotto è comunque legata al suo stesso titolo, ovvero quelle importanti figure da salvare. Una volta incontrato un principe o una principessa, il cavaliere deve scegliere chi avrà il compito di accompagnare lo sfortunato eroe nella sua avventura. Il giocatore è così invogliato a scoprire tutti i personaggi da salvare, sia per il loro particolare design che per comprendere le loro abilità. Un vero peccato che il sistema dei regali, ottenibili nelle proprie partite, è così casuale da diventare praticamente inutile.
In generale, l’intero gioco sembra completamente randomico. Il giocatore ottiene degli oggetti come pozioni vitali, trappole, protezioni o armi speciali senza alcuna soluzione di continuità. Una situazione che aumenta ulteriormente il grado di frustrazione, visto che il compimento di determinate sezioni è facilitato o meno dalla fortuna. Le battaglie con i boss, infine, sono un’altra grande pecca della produzione. In totale sono presenti tre scontri e, purtroppo, tutti presentano pattern di attacco ben specifici e fin troppo prevedibili. Lo scontro finale è perfino quello meno intimidatorio e interessante da giocare.
Un cavaliere incastrato
Il primo lavoro dai ragazzi di AweKteaM è quindi imperfetto sotto diversi aspetti, ma con alcune idee e soluzioni interessanti. Purtroppo anche quei punti positivi sono totalmente oscurati da una messa in scena generale povera, attraverso animazioni poco comprensibili e una grafica cel-shading non al passo con i tempi. Il problema grosso deriva dall’ottimizzazione del gioco su PS4, la versione da noi testata, vista la presenza di alcuni freeze oltre a qualche bug e glitch.
Infine, segnaliamo che l’inglese è l’unica lingua disponibile. Questo non è un problema del prodotto in sé, viste anche le dimensioni del team di sviluppo e l’utilizzo di termini molto semplici, ma automaticamente va a diminuire una possibile accessibilità internazionale.